Dei prodotti di “terra nostra” quale risorsa strategica del made in Italy se ne fa un gran parlare a destra e a manca. Quasi sempre oggetto di considerazioni sono cibi e bevande, grazie ai quali il gusto tipico del Belpaese spopola sulle tavole di mezzo mondo. C’è però un prodotto terrigeno come il marmo…
… che non ha nulla di commestibile, che fa parte del made in Italy più nobile, ma del quale il grande pubblico ignora molte cose, perché in genere se ne parla solo in occasione di eventi specifici,
dedicati alla materia, com’è il caso di Marmomacc. Ebbene sì, parliamo del
marmo; anzi, dei mille-e-uno marmi cavati dal sacro suolo d’Italia, scrigno di
tesori pregiati dai colori e striature più incredibili desiderati e spediti a
tutte le latitudini. Nel 2012 ne sono stati esportati quantitativi per un controvalore di
1,8 miliardi di euro, in crescita di quasi il 10 per cento sull’anno prima.
“L’export del marmo italiano tira come non mai”, fanno
sapere i responsabili di Veronafiere, l’ente fieristico che promuove Marmomacc, appuntamento internazionale dedicato ai prodotti lapidei e alle tecnologie
per la lavorazione della pietra naturale. All’edizione 2013, in calendario dal 25
al 28 settembre prossimi, sono attesi 1.500 espositori, in prevalenza esteri (60%) e oltre 60mila visitatori da una settantina di Paesi.
Se l’export di marmo migliora è segno che all’estero
l’edilizia sta ritrovando slancio. Questo fatto sembrerebbe scontato per quanto riguarda gli Stati
Uniti, che si confermano maggiori acquirenti di marmo made in Italy in valori
assoluti (280 milioni di euro: +28%). Ma il palmarès della crescita spetta
all’Arabia Saudita che, con un balzo del 70%, si è portata a ridosso della
Svizzera, anch’essa in ripresaa 104 milioni di euro (+9%). In effetti a
performare positivamente sono state un po’ tutte le grandi aree geografiche del
globo: dalle Americhe ai paesi dell’Africa settentrionale, dal Medio oriente ai
paesi del Far East, con la Cina
che ha totalizzato acquisti per 25 milioni di euro (+20%).
Stabile l’Europa che, con 632 milioni di euro, resta
la principale area di sbocco per i produttori e trasformatori italiani. Buone
notizie, invece, dal mercato russo, in netto recupero, con importazioni dall’Italia
salite a 47 milioni di euro (+8,5%). Tuttavia non mancano i segni negativi, anche
se nei casi in cui è accaduto si tratta di perdite considerate fisiologiche, com’è accaduto
a mercati di nuova acquisizione come il Sud Africa e l’Australia, in calo del 5
per cento. A impensierire resta comunque la piazza domestica, condizionata
com’è dalla crisi che da anni colpisce il settore delle costruzioni edili. E che, purtroppo, non vede
ancora nessuna luce in fondo al tunnel.