VinItaly da record, ma disservizi logistici ed eventi maldestri minano la credibilità del fare impresa

 

È andata bene, oltre ogni previsione il Vinitaly 2013 di Verona, che ha chiuso i battenti dopo quattro giorni di salone (7-10 aprile). E tuttavia con il solito e annoso disservizio pubblico alla viabilità, nonché eventi fuori salone di consorzi privati che dovevano stupire ma che, causa grossolani errori organizzativi, si sono rivelati pericolosi alla bella immagine del vino italiano. Per fortuna che a sostenere gli umori ci ha pensato la seconda edizione di OperaWine, la degustazione dei 100 migliori vini della Penisola, secondo Wine Spectator, tenutasi nella bella cornice della Gran Guardia di piazza Bra, cuore pulsante della città scaligera.

I dati di consuntivo resi noti da VeronaFiere dicono che siano stati più di 150mila i visitatori, con un incremento del 6% sull’edizione precedente: di questi più di 50mila provenienti dall’estero (+10%). Numeri da record, come da record sono stati gli espositori (4.255 di 22 paesi che hanno occupato ogni angolo di superficie disponibile) che, già prima del consuntivo ufficiale, hanno pesato direttamente il notevole via vai di persone tra gli stand, presenti da mattina a sera. Gente magari semplicemente curiosa (in particolare il primo giorno di fiera) e vogliosa di partecipare a una kermesse che da sempre crea interesse e attira attenzione da ogni parallelo e latitudine.

Nei tre giorni successivi, però – e qui sta l’ottima scelta temporale fatta dai responsabili della fiera nel 2012 -, si percepiva a pelle un credito diffuso tra produttori, enologi, commercianti, ristoratori, enotecari, buyer provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo. E sì, perché la nota più positiva del 47° Salone internazionale del vino è stata proprio quella di trovarsi in mezzo a professionisti di ogni colore ed etnia, sommersi da un tourbillon di dialetti e idioma internazionali. Smentendo la tesi che vuole meno stranieri a Verona, nell’anno di VinExpo a Bordeaux.

Un VinItaly “come non se ne vedeva da anni”, è stato il commento che il cronista ha ascoltato con insistenza tra produttori ed espositori, reduci da incontri ravvicinati con acquirenti abituali e nuove promesse da coltivare. Un raggio di luce in fondo al tunnel della crisi? Se così è lo capiremo dai prossimi mesi. Governo permettendo.  

Ma saremmo parziali e faremmo un cattivo servizio se non raccontassimo l’altra faccia della medaglia, quella che riporta a episodi meno felici e che riguardano tanto la sfera privata quanto quella pubblica. Episodi per cui vale la pena impegnarsi al fine di evitare che abbiano a ripetersi.

Bastano due esempi: il maxi e costoso ricevimento organizzato dal consorzio all'export Grandi Cru nel luogo laico più sacro della città che doveva stupire, ma che condizioni meteo e gestione organizzativa tutt’altro che felice hanno impedito di godere della location (l’Arena non è un ristorante o un agriturismo dove fare picnic vestiti da pinguini), di gustare come avrebbero meritato le prelibatezze del grande cuoco (piatti freddi), per non dire dei grandi rossi serviti maldestramente a dieci gradi. E cosa pensare dell’incerto audio microfono e dei collegamenti con l’altra faccia del globo tutt’altro che in diretta, stante una una traduzione chiaramente registrata e un fondo immagine a pieno sole quando a Hong Kong erano le quattro di notte. Furbizie che non pagano, come non serve cercare ora la fonte di queste grossolanerie. Certo è stata una brutta caduta di stile. Eppure era tutto prevedibile.

L’altro episodio riguarda l’annosa questione della logistica assolutamente inadeguata per l’occasione, con strade ingolfate per ore, parcheggi al lumicino, taxi introvabili e autobus presi d’assalto nelle ore di punta. Morale: c’è un polo espositivo che dimostra di sapere cogliere al meglio le opportunità di fare impresa, che sa sfruttare e dimostra di interpretare al meglio l’emotività dell’evento, ma che poi rischia di pagare a caro prezzo colpe non sue, dovute all’improvvisazione e alla evidente carenza organizzativa dei servizi collaterali.

Signor sindaco Tosi, mandi qualcuno a vedere come funziona il sistema viabilistico di Bordeaux, di Colonia, di Dusseldorf. Verona, il VinItaly meritano molta più considerazione.

  • Andrea Gabbrielli |

    Il Vinitaly si accorciato ma chi programma le attività è rimasto ancora alla fiera di tre anni fa. Classico l’esempio dei convegni che durano tre ore e più e sono sovrapposti ad altri eventi, altrettanto interessanti ma sempre nello stesso orario, come se i giorni fossero gli stessi. Del traffico è inutile parlare e anche sul funzionamento dei cellulari, c’è molto da dire. Come in buona parte delle cose italiane, sembra sempre che manchi la regia. Quanto all’affluenza maggiore è certamente una buona cosa. La presenza di branchi di ragazzotti/e intollerabilmente sbronzi è sempre più fastidiosa: ho grossi dubbi che abbiano pagato il biglietto euro 50,00. Nonostante tutto però l’anno prossimo sarà il mio 35° Vinitaly sempre con la speranza di qualche miglioramento in più.
    Andrea Gabbrielli

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