Il vino è convivialità, libertà e ricchezza ma si cresce solo con regole valide per tutti

Caprai - Tenuta di MontefalcoGustare il vino è un po’ sognare; e il sogno è libero, fantasioso e ti porta ovunque. A costo zero. Cosa diversa è se lo tracanni: è come farsi del male da soli, buttare al vento un patrimonio di cui non si conosce il valore. Un patrimonio che attiene alla storia di un popolo, alla salute e al sapere degli individui e, perché no, anche alla politica intesa come regolatore di desideri e sviluppo futuro. Insomma, il vino non è solo bevanda e alimento: è anche collante sociale e culturale fatto di mille-e-uno fattori che presi singolarmente dicono già tanto, ma combinati tra loro riescono a dare e dire molto ma molto di più.
I francesi che, al pari degli italiani, sono maestri di vino questo patrimonio lo chiamano terroir , unico termine che sintetizza magistralmente un insieme di elementi che stanno alla terra, all’aria, al clima, all’ingegno e al saper fare dell’uomo. E poiché il vino crea altresì ricchezza materiale, ecco che è doveroso tutelarne la gestione con regole e leggi condivise, applicabili e controllabili dall’insieme della comunità. Quando questa unitarietà manca o viene meno, i dissidi alimentano le “bolle”. Destinate prima o poi a deflagrare.
Dunque, il vino in quanto prodotto la cui origine si interfaccia con l’ambiente, il costume, il mercato, il diritto: direttrici dotate di propria autonomia, dove però le une procedono di pari passo e grazie al sostegno delle altre. Di questo credo siano in tanti a esserne consapevoli. Certo lo è il Comitato scientifico del padiglione vino di Expo 2015 voluto dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina (foto accanto) che, nell’ambito delle iniziative tese a diffondere il sapere del vino, ha deciso di scandagliare in profondità su questi aspetti della materia. Lo ha fatto chiamando scienziati del diritto ed esperti della professione a parlarne, cosa insolita, a un pubblico convegno organizzato all’Esposizione universale.
Maurizio Martina ministro Politiche agricoleDa non crederci. Il risultato più immediato e palpabile è stato che un tema come il diritto e il mercato la cui valenza tecnico-scientifica solitamente rimane all’interno delle pareti istituzionali, non solo ha calamitato l’attenzione del pubblico cosiddetto “competente”, ma ha pure intrigato l’ascoltatore comune. Al punto da spingere alcuni di essi a interloquire con gli stessi relatori. Segno inequivocabile del bisogno di sapere e di una più elevata maturità del nuovo consumatore a cui non basta più esibire una certa familiarità con i nomi dei vitigni, in quanto passe-partout utile a socializzare.
Il nuovo consumatore, al pari del produttore, chiede più sicurezza, rispetto dell’ecosistema, pretende sostenibilità, conoscere i processi produttivi ed essere informato sulle norme che regolano il mercato del vino. Tutti punti che il convegno ha passato in rassegna, sicché per una lettura completa delle relazioni e del dibattito che ne è seguito rimando al sito di Veronafiere, ente coordinatore del padiglione vino di Expo o ai fogli della professione.
Da parte mia mi limito a osservare la passione con cui il presidente del Comitato scientifico e numero uno di Assoenologi Riccardo Cotarella (in camicia al centro della foto, con i relatori del convegno) ha definito il vino e la vite “formidabili viaggiatori, le cui vicende da oriente a occidente, dal Mediterraneo all’Europa e poi alle Americhe …, hanno fatto la storia e … portato ovunque nel mondo la cultura della vite e del vino”. Cultura che nella società virtuale dell’oggi vola in una battuta di ciglia da un capo all’altro del globo, con “il rischio che questo processo anziché assumere le proporzioni di un fenomeno culturale, diventi un modesto modello imitativo”, offrendo “terreno fertile a contraffazioni e sofisticazioni”.
IMG_0218Da qui l’importanza delle regole e quindi “la necessità – ha proseguito Cotarella – di predisporre strumenti legislativi che favoriscano intese e trattati commerciali tra paesi, al fine di tutelare proprietà intellettuali, denominazioni e menzioni geografiche tipiche e protette del vino che la nostra civiltà ha costruito con fatica nel corso dei secoli”. Gli stessi secoli che sono stati presi a prestito dagli studiosi del diritto come Eugenio Pomarici dell’Università di Padova e presidente emerito della Commissione di Diritto dell’Oiv, e dal direttore di Exécutif d’OriGin Massimo Vittori, per tracciare ognuno nel proprio quadro di competenza scientifica, una sintesi del cammino che l’Europa ha fatto in materia di riconoscimento e tutela delle denominazioni di origine.
E se da un lato il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro, pur definendo le denominazioni di origine “una grande ricchezza per il paese”, non ha esitato a esprimere perplessità sul fatto che “una parte non marginale delle 553” menzioni protette “sono in grave difficoltà nell’assolvere al loro ruolo istituzionale”; dall’altro, un esperto degustatore di vini come Daniele Cernilli, ben noto come Doctor wine, ha posto l’accento sulla forte contrapposizione in atto tra paesi che esaltano ruolo e significato dell’origine (i paesi produttori della Ue) e altri (Usa, Australia, Gran Bretagna, Cina) che, invece, tendono a svicolare da questo regime esaltando invece un processo produttivo meno condizionato da paletti.
Regole che per il segretario generale dell’Unione italiana vini Paolo Castelletti non solo vanno tutelate, ma anche riformate. È il caso proprio delle Dop e Igp che “necessitano di essere sfoltite, giacché ve ne sono diverse che non vengono utilizzate e dunque non ha senso tenerle in vita, trovando però un sistema di gestione dei costi accettabile per quei vini appartenenti a piccole denominazioni ma che sono vere e proprie eccellenze”.
Temi caldi e delicati, dunque, che non possono restare ancora a lungo nel limbo, ma necessitano priorità di approfondimento. Soprattutto alla luce di un mercato come quello del vino sempre più affollato di produttori, con le inevitabili contrapposizioni di interessi tra quanti protagonisti lo sono, e altri che protagonisti vogliono esserlo.
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