Tutta un’altra storia da raccontare. La vendemmia 2015, ormai alle battute finali, è stata tutta un’altra storia, assai diversa da quella oltremodo problematica del 2014. E se l’anno passato le spine nel fianco per gran parte dei produttori, specie del centro-nord, sono state piogge, grandine e muffe, quest’anno tutto è filato liscio con rovesci nei mesi solitamente più umidi, seguiti dal graduale risveglio vegetativo di primavera, per finire con l’estate calda ma non siccitosa.
L’ideale per arrivare a un ottimo raccolto e fare una vendemmia perfetta, così come si intuisce sia stata dai commenti pieni di pathos rilasciati dai più diretti interessati. A cominciare da quelle di un compassato e attento osservatore qual è l’agronomo Christian Scrinzi, che per essere responsabile della produzione del Giv, il maggior gruppo vinicolo nazionale con cantine sparse lungo tutta la Penisola, Sicilia compresa, ha il vantaggio di tracciare un quadro d’insieme più eterogeneo e completo.
Lo fa subito dopo avere brindato all’assegnazione dei famosi “tre bicchieri” ad altrettanti vini del gruppo (Sfursat di Nino Negri, Serpero di Terre degli Svevi e Vigna del Cristo di Cavicchioli), raccontando di uve che dalla Sicilia alla Puglia, dal Lazio alla Toscana, dalle Marche al Veneto sono risultate <generalmente sane, dai contenuti zuccherini e acidità perfetti, senza problemi di natura fitosanitari e anche in quantità più generose rispetto a un anno fa>. Generosità che, va subito aggiunto, arriva dopo un 2014 da cura dimagrante.
In Italia, l’Osservatorio previsionale Ismea-Uiv dice di un’annata da 47 milioni circa di ettolitri, in aumento dell’11,6 per cento sull’anno prima, laddove l’Europa si conferma essere prima area con 167 milioni di ettolitri (+1,5%), ma con Francia e Spagna che flettono, rispettivamente, dell’1,5 e del 4,7% a 46,5 e 42 milioni di ettolitri. Indicatori di segno diversi che collocano il Belpaese al top del rank mondiale, dove l’Oiv da Parigi fa sapere che di vino quest’anno ne sono stati prodotti 248 milioni di ettolitri (+1,5%), nonostante il calo dell’Argentina (-12%) e degli Usa (-5). A cui, però, ha fatto da camera di compensazione l’incremento del 36% del Cile.
Resta il fatto che l’entusiasmo dei produttori per questa vendemmia di Bell’Italia si coglie a piene mani. Ecco allora che Pio Boffa della storica cantina albese Pio Cesare, maestri di Nebbioli, Barbere e Chardonnay, parla di <vendemmia da sogno, grazie a uve superbe e connotazioni adatte per fare vini longevi>. Un concetto che sta al “dieci e lode” che Bruna Giacosa, vignaiola di razza dell’omonima azienda di Neive, assegna ai mosti destinati a divenire fra quattro anni Barolo.
E se Arturo Ziliani (foto accanto) della Guido Berlucchi, gran produttore di Franciacorta, si spinge in alto nei cieli per dire di una vendemmia “figlia del sole”; Maurizio Zanella di Ca’ del Bosco, nonché presidente del Consorzio di tutela Franciacorta non esita a definire l’annata <tra le migliori degli ultimi vent’anni>. Possibile?
<Altroché se possibile>, è la replica di Graziella Pezzi della Fattoria Paradiso, in quel di Bertinoro, che addirittura allunga il periodo fino al doppio degli anni indicati da Zanella. <Bisogna andare indietro di quarant’anni – dice – per trovarne una vendemmia simile a quella appena conclusa>. Troppi? Manco per sogno. E la dimostrazione che la signora del Sangiovese di Romagna non esageri lo si intuisce interpretando la risposta circostanziata che un esuberante Jacopo Biondi Santi, tornato alla guida della tenuta di famiglia il Greppo di Montalcino, dà al sito “Winenews” definendo la vendemmia 2015 <stratosferica, simile a quella del 1983 e, ancora prima, a quella del 1964>.
Analisi più articolata per quelle aree che sommano vigneti di bassa collina e di altura come l’Abruzzo, dove l’enologo Riccardo Brighina definisce il 2015 <annata straordinariamente anomala per le temperature raggiunte sia di giorno che di notte e dove le differenze tra i diversi vini vanno colte considerando altitudine e tipo di allevamento dei vigneti. Anche se nel complesso il risultato finale è decisamente ottimale>.
Commenti da tecnici, quindi, ma sempre pieni di entusiasmo. Come quelli che assegna anche il marchese Lamberto de’ Frescobaldi (foto accanto) ai vini delle terre di Toscana, tra un elogio e una menzione d’onore per i vincitori del Premio Leonia Frescobaldi 2015 (Samantha Cristoforetti, Sandra Savaglio, Lapo Elkann, Fabio Zaffagnini, Lorenzo Cogo) per l’audacia delle proprie scelte e azioni. Commenti che valgono per mille e mille-e-uno altri ancora vignaioli d’Italia.
Quegli stessi protagonisti che sanno come promuovere il nettare di Bacco – per tutti valga l’azione collettiva che i vignaioli di Altagamma hanno iniziato a fare in concomitanza con Expo a favore del vino e dei paesaggi viticoli italiani -, vignaioli dicevo, a cui certo non sfugge la ferrea legge del mercato, che pure racconta un’altra storia ancora. Ovvero, quella di un consumo domestico fermo sui dati più bassi degli ultimi 30 anni; di un export nazionale che nei primi sette mesi dell’anno ha rallentato del 3% in quantità, a 11,6 milioni di ettolitri, ma è cresciuto del 6% in valore, a 3 miliardi di euro, grazie a una richiesta che premia l’offerta di fascia medio alta.
Indicatori che presi singolarmente fanno oltremodo piacere, se non fosse per quei 30-40 milioni di ettolitri di esubero che pesano come un macigno nelle transazioni mercantili internazionali. E che non bisogna mai sottovalutare quando arriva la stagione dei contratti.
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