Cultura, economia e politica agroalimentare a Expo Milano 2015. Dove uno degli ultimi eventi ha coinvolto due star, due grandi della danza classica del Novecento: Carla Fracci e Vladimir Vasiliev (nella foto). Solo che quella che è stata per lungo tempo l’étoile della Scala e il mito del balletto russo non calcavano in punta di piedi alcun palcoscenico, ma qualcosa di simile ricavato per l’occasione all’interno del Padiglione Russia.
Comodamente sprofondati in poltrona, i due artisti, peraltro legati da profonda amicizia, hanno conversato amabilmente, ripercorrendo immagini del loro glorioso passato. Ad ascoltarli, rapiti dai racconti dei protagonisti di una memorabile “Giselle” negli anni che furono, un folto pubblico di giovani, molti aspiranti ballerini giunti per l’occasione da diverse scuole di ballo italiane.
Agricoltura e cibo del futuro
Tutt’altra scena per contenuti e personaggi quella vissuta ventiquattro ore prima, quando nella stessa sala dello stesso sito espositivo, il direttore del Padiglione Sergey Bondarenko ha introdotto dirigenti del ministero dell’Agricoltura russa, della Fao, esponenti del mondo scientifico, ricercatori ed esperti di cibo e prodotti agricoli a una tavola rotonda dedicata al “Ruolo dell’innovazione nello sviluppo dell’agricoltura”.
Un tema certo consono al messaggio che ha significato l’Esposizione Universale 2015 e alla “Carta di Milano” appena consegnata al Segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon, ma anche di grande attualità per le implicazioni concernenti le future opportunità di produrre alimenti a sufficienza e sostenibili per le generazioni che verranno.
Dal contributo dei diversi relatori s’è capito chiaramente che in diverse parti del mondo si sta lavorando alacremente alla ricerca e alla preparazione di cibi a base di insetti. Inizialmente famiglie di coleotteri e invertebrati dovrebbero servire come materia prima da dare in pasto a bestiame e animali domestici. Successivamente, chissà, si potrà pensare anche per gli umani.
Ma se questo è il futuro prossimo, nell’immediato c’è che il Governo russo ha appena varato un maxi piano quinquennale 2016-2020 finalizzato allo sviluppo e al miglioramento della filiera agroalimentare della Federazione. Un piano da 2.126 miliardi di rubli, che non ho idea di quanti euro possano essere, anche se ho la sensazione che siano davvero tanti soldi.
Il relatore Maksin Markovich del Dipartimento per la Cooperazione internazionale del ministero dell’Agricoltura, che ne ha dato notizia, ha infatti detto che Mosca <presta grande attenzione alla modernizzazione dell’agricoltura>. Lo fa investendo nella ricerca e nell’innovazione di prodotto, ovvero sostenendo nuove metodiche di coltivazione, ammodernando strumenti tecnici e tecnologici in dotazione ai produttori, nonché incentivando processi di produzione capaci di migliorare in efficienza e competitività tutta l’offerta agroalimentare della Federazione Russia.
Che il programma sia davvero importante e impegnativo lo si intuisce dalla dotazione che il Governo ha messo a budget: appunto, 2.126 miliardi di rubli, di cui 237 miliardi già stanziati per il primo anno, il 2016.
Mentre ascoltavo ciò, mi chiedevo: dove sta l’Europa?
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