Ottobre, tempo di vendemmia e di mosti che “per le vie del borgo/ dal ribollir de’ tini/ va l’aspro odor dei vini/ l’anime a rallegrar”, canta in “San Martino” il Carducci. Ma è anche tempo di “editoriali”, “speciali”, “classifiche” e “guide” che hanno già cominciato a impilarsi agli ingressi delle librerie. Segno che il tempo delle strenne natalizie è cominciato.
Comunque sia del vino, alimento che Madre Natura regala e l’uomo plasma, bisogna parlare, ascoltare, informare. Oltretutto è uno dei prodotti che fa tendenza e su cui si punta per #Expo2015, di scena fra una manciata di mesi a Milano: un appuntamento dedicato al cibo, “energia per la vita”, ma anche momento cruciale per comprendere se l’inversione di tendenza dell’economia è a portata di mano.
Nell’attesa, i degustatori seriali ci informano sul tale o tal’altro vino, assegnano punteggi, esprimono pareri e proclamano campioni. Tutto soggettivo, s’intende. Ma tant’è, le classifiche hanno sempre destato curiosità e suscitato contradditori. È la prassi e vanno prese e discusse così come sono.
Ha cominciato qualche settimana fa il numero uno nel mondo dei Sommelier 2010 Luca Gardini che nel “Best italian wine awards” giudica il “Valpolicella Monte Lodoletta 2008” il miglior vino d’Italia. Un nome solo al comando. C’è da credergli, data la notevole capacità olfattiva di cui è dotato.
A tutt’altri nomi approdano i degustatori della “Guida de l’Espresso” che collocano al top della graduatoria il “Barolo vigna Rionda di Massolino 2008” e il “Trebbiano d’Abruzzo di Valentini 2010”: un rosso e un bianco ex-aequo, che per il direttore della “Guida” Enzo Vizzari è di per sé un primato storico. Ma siamo solo all’inizio di un percorso che nelle prossime settimane vedrà ulteriori graduatorie, con punteggi finali che potranno divergere ancora e ancora. Quel che per una questione di tempo nessun cartiglio contiene è il punteggio di un eccellentissimo signor vino che il produttore ha tenuto nascosto per 50 lunghi anni. E, per quel che ne so, nessuna guida è riuscita a stanarlo finora.
Si tratta dell’”Amarone recioto della Valpolicella vendemmia 1964” (foto sopra) firmato dalla Bertani di Verona. La stessa azienda che nelle scorse settimane, per bocca del suo a.d. Emilio Pedron (foto sotto), ha fatto sapere che quest’anno non produrrà Amarone, a causa delle bizze del meteo che avrebbero inficiato lo stato vegetativo delle uve. Un’uscita che ha fatto rizzare i capelli anche ai concorrenti calvi, i quali ritengono invece di poterlo fare.
Per tutta risposta, Pedron si è difeso sostenendo che la scelta di Bertani risponde unicamente ai rigidi parametri che l’azienda s’è data sin dall’origine della propria attività, nel 1952. E dicendo questo, ha colto l’occasione per giocare ancora d’anticipo una seconda carta, questa volta davvero speciale. Lo ha fatto organizzando una “verticale” di Amarone della propria azienda, con totem finale la bottiglia della vendemmia 1964: una delle tremila che Bertani ha deciso di commercializzare dopo mezzo secolo di cantina, fissando il listino a 600 euro cadauna.
Sono stato educato a bere con moderazione e non mi picco di essere un bravo assaggiatore, né mi sono mai cimentato nell’assegnare voti e men che meno ho stilato classifiche per improbabili guide. Tuttavia, avendo vissuto la mia vita in mezzo a vigneti e cantine e scritto di cose che hanno a che fare con il nettare di Bacco, qualcosa ho imparato per poter dire se un tal vino ha stoffa e merita considerazione.
Ebbene, dopo averlo centellinato e condiviso ai tavoli dell’Enoluogo di Milano con un gruppetto di colleghi, l’Amarone Recioto della Valpolicella Vendemmia 1964” ha lasciato tutti, ma proprio tutti, senza parole. I bravi e valenti degustatori presenti hanno steso elogi ricorrendo al linguaggio dei fiori e dei frutti che è proprio del loro mestiere. L’amico e maestro di penna Cesare Pillon s’è lasciato scappare l’idea che forse sarebbe un bene dare al consumatore solo vini Amarone che abbiano almeno 50 anni. Faremmo la fila e non basterebbe.
Per quanto mi riguarda dico e sottoscrivo di avere bevuto qualcosa di semplicemente di-vino, straordinario, un vero e grande Capolavoro.
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