Le inchieste di “TerraNostra”: A due anni dal terremoto/1
<Siamo vivi grazie a Dio. Per tutto il resto, grazie agli italiani e a quanti non ci hanno lasciati soli con il nostro dolore>. Un dolore di morte (17 le vittime), centinaia di feriti, case devastate, migliaia di sfollati, imprese sventrate, cassintegrati, investimenti andati in fumo. Tutto in una manciata di secondi: tanti quanto sono durate le scosse di terremoto che il 20 e il 29 maggio del 2012 ha colpito una parte vitale dell’Emilia Romagna.
Una tragedia con danni materiali valutati grosso modo sui 500 milioni di euro che, però, non ha piegato la forte tempra degli emiliani. I quali, di fronte alla sventura, si sono rimboccati le maniche e senza tanti indugi si sono messi di buona lena a ricostruire abitazioni e stabilimenti come e meglio di prima. Lo hanno fatto i tanti allevatori e casari colpiti nelle cose più intime, i produttori di parmigiano reggiano, gli stagionatori di prosciutto crudo di Parma, i custodi di antiche acetaie di salsa balsamica di Modena e di molti altri prodotti della tavola tipica made in Italy.
E lo hanno fatto anche i fratelli Palmieri dell’omonimo salumificio di San Prospero di Modena, azienda familiare da venti milioni di euro, che in una manciata di secondi hanno visto buona parte del loro stabilimento da 15mila metri quadrati sgretolarsi come pan di spagna. Salvo ricostruirlo in capo a un anno, grazie all’impegno della proprietà, dei dipendenti e agli aiuti istituzionali che non sono mancati. Alla stessa stregua di quanto è avvenuto alle contigue Cantine Cavicchioli, espressione della migliore produzione di Lambrusco di Sorbara, rilevate solo l’anno prima dal Gruppo italiano vini delle Riunite, realtà cooperativa da oltre mezzo miliardo di fatturato. Che nella ricostruzione non s’è limitata alla messa in sicurezza dell’impianto storico, ma ha aggiunto nuove aree in un’ottica di ampliamento e ammodernamento tecnologico della struttura tuttora in via di realizzazione.
Palmieri e Cavicchioli, dunque. Ma potrei aggiungerne altre cento-e-uno di aziende del Modenese devastate da quel maledetto sisma che ha segnato per sempre, ma non distrutto, il cuore della gente e della terra comunque generosa.
Era un giorno di festa, domenica 20 maggio, quando la terrà tremò per la prima volta, con il campanile dell’orologio di Finale Emilia che, rimasto in piedi con la testa mozzata, gridava al mondo l’accaduto. Poi momenti di tregua con scosse di assestamento. Ma era un’illusione. Il mostro, tutt’altro che appagato, si ripeté più crudele che mai alle 9,01 di martedì 29, con la terra di mezzo tra i fiumi Panaro e Secchia, a Nord di Modena, che tornò a ballare per 18 interminabili secondi come non s’era mai visto da quelle parti. Vomitando morte e disperazione tra la popolazione ancora in casa e altri che avevano già ripreso possesso dei loro posti di lavoro: 17 le vittime rimaste intrappolate sotto calcinacci, lastre di pietre e travi di cemento di abitazioni, chiese e capannoni. Mentre il campanile di Finale si accartocciava definitivamente su se stesso.
A quasi due anni da quella tragedia, “TerraNostra” è andata a vedere cosa ne è di quell’angolo di mondo, dove in una manciata di chilometri quadrati ci si imbatte con veloce successione in stabilimenti biomedicali e farmaceutici, industrie di abbigliamento, impianti di meccanica fine, tecnologie di precisione e, terminale della ben nota food valley italiana che da Piacenza scende fino al Reno, fattorie agricole modello con frutteti e vigneti rigogliosi, cantine e allevamenti di bestiame con macelli, prosciuttifici, impianti di mungitura, industrie casearie e molto, molto altro ancora. Un distretto nel distretto che da sempre produce tipicità agroalimentari e sviluppa redditi stimati in oltre 25 miliardi di euro: più o meno l’1,5% del Pil nazionale.
È così che lasciata l’A22 Modena-Brennero al casello di Carpi, il primo incontro che non ti aspetti è con il mito di Dorando Pietri, il podista maratoneta che alle Olimpiadi di Londra, nel ’1908 (come mi correggono in seconda battuta Mario e Filippo, due attenti lettori di "TerraNostra"), primo per tutta la gara, in vista del traguardo tracollò a pochi metri dal filo di lana: aiutato da mani amiche, fu squalificato dalla giuria. Un gesto di eroica tenacia che la sua città ha voluto ricordare dedicandogli una statua e tributandogli onore a futura memoria. Un atto che svela molto del carattere appassionato e solidale degli emiliani.
Quello stesso sentimento che si appalesa fisicamente arrivando in quello che è stato l’epicentro del sisma da Finale a Mirandola, da Medolla a Bomporto …, avvertendo forte il fervore che aleggia in ogni angolo di strada, con il più delle abitazioni apparentemente recuperate alla loro funzione, e opifici di artigiani e grandi industrie rimessi a nuovo, tornati a produrre, appunto, come e più di prima.
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