Le inchieste di“TerraNostra”: il Prosecco (3)
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Con questa terza puntata si conclude l’inchiesta sul vino Prosecco che ha preso spunto dal travolgente risultato delle esportazioni degli ultimi anni, confermato anche nel 2013. Successo arriso grazie anche alla tutela di una denominazione rivelatasi lungimirante sotto ogni profilo, al punto da spingere il Governatore del Veneto Luca Zaia, fautore della stessa denominazione, a parlare di “sorpasso” sullo Champagne. Un paragone che a mio parere risulta improponibile sotto diversi punti di vista, spiegandono i motivi più immediati nella prima puntata dell'inchiesta stessa. Di qui l’idea di dare la parola a cinque titolari o responsabili di aziende tra loro diversa per età, dimensione, formazione: nella seconda puntata ho postato la visione dell’azienda con più storia alle spalle (Carpené Malvolti) e di quella più giovane (Col Vetoraz). Oggi è la volta di Bisol, La Gioiosa-Villa Sandi e Valdo.
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Bisol: la nobiltà del Prosecco è figlia di una nuova generazione di vignaioli
Il vino Prosecco ha certamente una storia antica da raccontare, ma il suo successo con l’applausometro internazionale andato alle stelle è recente. Di questo ne è più che convinto Gianluca Bisol, titolare con il fratello Desiderio dell’omonima azienda di Valdobbiadene (3 milioni di bottiglie per il 70% esportate e 19 milioni di fatturato), secondo il quale <questo successo è frutto di variabili concomitanti che hanno interessato, da un lato, l’ambito produttivo e, dall’altro, il cambiamento dei costumi alimentari e stile di vita dei nuovi consumatori>.
Bisol, ennesima generazione di una famiglia che produce vino dal XVI° secolo, ricorda bene che ancora nei primi anni 90 gli imbottigliatori di Prosecco si contavano sulle dita delle mani, a fronte di centinaia di famiglie proprietarie di piccoli appezzamenti di vigneti. Oggi quella realtà agricola non è molto diversa da allora, <per contro è cambiato molto il tessuto a valle, con una presenza diffusa di cantine, imbottigliatori, aziende commerciali e di servizio che alimentano il successo in atto a livello mondiale>. E questo è avvenuto proprio perché nel frattempo si sono verificate le variabili accennate.
<Il primo di questi fattori – spiega l’imprenditore, che con il progetto Venissa sul recupero dei vitigni della laguna è stato tra i vincitori del premio Masi per la “Civiltà del vino” 2013 (foto) - è che il Prosecco da ingrediente base per altre bevande qual era considerato, è riuscito ad affermarsi con una propria personalità certificata. Il secondo elemento prende corpo con l’arrivo sul mercato di una nuova generazione di produttori che ha saputo interpretare, nel modo più opportuno, le attese dei consumatori>.
Il resto è venuto da sé, una volta scoperto che il Prosecco non è un vino secco e forte, come lascia intendere la denominazione; che ha peculiarità organolettiche tale da renderlo appetibile e di facile beva nei diversi momenti della giornata; che ha conquistato un’ampia platea di consumatori giovani e non; e non ultimo, che è parecchio preferito dall’altra metà del cielo. A questo si aggiunga la straordinaria intuizione di dare una tutela alla denominazione, legandola a uno specifico territorio. Una questione che per anni ha arrovellato gli animi degli addetti ai lavori, coinvolto le istituzioni con dibattiti vivaci e contrapposizioni anche molto forti. Ma con un finale (2009) saggio e vincente.
Ebbene, per Bisol l’insieme di questi accademinenti hanno aiutato a capire meglio il valore del Prosecco, favorendone l’affermarsi a livello nazionale e internazionale. Certo, <il confronto con lo Champagne può apparire improprio, ma non è questo il problema, mentre lo è la tutela a oltranza della denominazione, della qualità e dell’immagine del Prosecco Docg>. Che nella versione superiore di Cartizze raggiunge vertici di assoluta e impareggiabile finezza.
Un riferimento, il Cartizze, che l’imprenditore conosce alla perfezione, avendo la sua azienda la disponibilità di tre ettari dei 106 che comprende anche la mitica collina di Fol, da dove provengono le uve del primo spumante Prosecco superiore di Cartizze fermentato in bottiglia. Anche questa è una rivoluzione. Con etichetta Bisol.
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La Gioiosa-Villa Sandi: il successo è figlio di qualità, marketing e tanta passione
<Il successo che finora ha premiato il Prosecco su tutti i mercati non è casuale e, mi creda, la competizione Prosecco-Champagne è un esercizio che non mi appassiona. Se proprio lo vuole sapere, preferisco dire che ho piena fiducia sul futuro del nostro spumante, per ambedue le denominazioni Docg e Doc. E sa perché? Perché mi rendo conto che noi produttori di Prosecco, nonostante il gran botto su tutti i mercati, non abbiamo affatto saturato la domanda. Voglio credere, e credo, che ci sia ancora tanto spazio a disposizione>.
Giancarlo Moretti Polegato, presidente del gruppo La Gioiosa-Villa Sandi di Crocetta del
Montello, marchio top della casistica Prosecco, è al solito (per quanti lo conoscono) molto diretto nel discutere e nell’adottare soluzioni su una qualsivoglia questione. Se poi il tema riguarda il vino italiano più in del momento, è come invitarlo a giocare una partita sul terreno di casa. Che evidentemente egli conosce benissimo, grazie a una rete di aziende di proprietà che comprende anche Opere Trevigiane, Locanda Sandi, Botteghe del vino – che movimentano oltre 15 milioni di bottiglie e sviluppano affari per 58 milioni di euro, per il 60% estero mercato. Un network che interpreta al meglio le espressioni produttive territoriali, aperta al mercato globale e dunque allenata alle leve del marketing.
<Il successo di un vino – dice l’imprenditore – è nell’eccellenza qualitativa del vino stesso; il successo di una marca è il frutto di politiche di marketing che l’azienda costruisce intorno al suo prodotto. A questi si aggiunga l’impegno e la passione dei produttori di Prosecco nel lottare per arrivare ad avere la denominazione, nelle variabili Docg e Doc. In questo modo, oltre a garantire l’origine del prodotto, si è tutela l’immagine su tutti i mercati>.
Dio solo sa quanto ce n’è bisogno di dare tutela alle produzioni di eccellenza del made in Italy. Produzioni, cioè, come il Prosecco superiore di Cartizze, che con il marchio La Rivetta vede Villa Sandi tra i pochi vignaioli a disporre un vigneto (appena un ettaro e mezzo) abbarbicato sul lato Sud-Ovest della mitica collina che dà frutti ricchi di profumi e gusti eterei come pochi altri.
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Valdo: il “sorpasso” è un fatto e non sta solo nei numeri
<È indubbio che il Prosecco sia in procinto di diventare il vino spumante di uno specifico territorio più gettonato a livello mondiale. Il 2013 è stato un altro anno molto positivo in termini di vendite, sicché tutto lascia credere che il 2014 sarà l’anno del sorpasso sullo Champagne>.
Il presidente e titolare di Valdo Spumanti Pierluigi Bolla (foto) non è l’unico produttore di Prosecco a pensarla così. Solo che lui non è uno dei mille piccoli vignaioli della Marca trevigiana, le cui analisi a volte possono peccare di campanilismo. Infatti Bolla, ancorché di origine veronese e discendente dell’omonima azienda che porta il suo nome, da tempo patrimonio di Giv, è uno dei maggiori produttori di Prosecco con oltre 11 milioni di bottiglie e un fatturato 2013 stimato sui 45 milioni di euro: metà del giro d’affari matura sui mercati esteri. Ma soprattutto il marchio Valdo, con 6,3 milioni di bottiglie di Prosecco Docg , vanta quasi il 9% del totale prodotto della denominazione superiore di Valdobbiadene e Conegliano. E tanto basta per capire che il sorpasso cui allude l’imprenditore non è solo un modo di dire.
<Il successo del Prosecco – dice Bolla, che tra l’altro per diversi anni è stato anche presidente di Veronafiere – non sta solo nei numeri che arrivano dal mercato, quanto dalle elevate peculiarità qualitative che i consumatori di tutto il mondo gli riconoscono. Bere o pasteggiare con il Prosecco fa parte di uno stile di vita che si evolve di pari passo al cambiamento dei costumi della società. Questo mi fa pensare che siamo solo all’inizio di un processo destinato ad alimentare ulteriore sviluppo. Proprio per questo ritengo che, ora più che mai, è necessario tenere alta la sensibilità di quanti hanno a cuore il futuro del Prosecco, suggerendo un maggiore coordinamento tra produttori, distributori e istituzioni al fine di stroncare a livello internazionale la concorrenza sleale fatta con prodotti falsi e, a livello domestico, evitare politiche di prodotto e di prezzi che sviliscano l’immagine stessa del Prosecco>.
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3) Fine (le precedenti puntate sono state postate l’1 e 2 febbraio)
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