<Niente politica, siamo vignaioli>, direbbero i produttori di Asti spumante. Tuttavia una certa simpatia per le ”larghe intese” vale anche per loro. E sì, perché proprio in questo “terribile” 2013, tra i cultori del mitico vino spumante “naturalmente dolce”, il più consumato nel mondo, ha finalmente prevalso la linea della condivisione. Ovvero l’unitarietà che da molti anni mancava in seno al Consorzio di tutela dell’Asti spumante Docg.
A rompere per prima gli indugi, a inizio anno, è stata l’azienda Fontanafredda di Serralunga d’Alba di Oscar Farinetti, l’inventore di Eataly, che dopo sette anni di lontananza dal Consorzio, ha deciso che l’epoca dell’isolamento non ha più senso di essere. Ora è la volta di altri tre big del calibro di Martini & Rossi, Cantine Toso e Cooperativa di produttori La Torre di Castel Rocchero, che hanno deciso di rientrare sotto lo stesso tetto: un segno forte che smorza le polemiche e getta le basi per una maggiore intesa e condivisione delle scelte da fare tra produttori di uve Moscato e parte industriale. Scelte che debbono necessariamente tenere conto dello scenario sempre più globalizzato e globalizzante dei mercati internazionali, dove peraltro l’Asti Dcg esporta l’86% della produzione: 62 milioni di bottiglie su 72 milioni prodotte (cui vanno sommati altri 24 milioni di bottiglie di Moscato d’Asti).
Grazie a questo ricompattamento, annunciato quest’oggi con il dovuto entusiasmo dal presidente del Consorzio Giovanni Marzagalli, l’organismo consortile si trova ora a rappresentare il 92% dei produttori di Asti spumante Docg e il 76% di Asti Moscato (nella foto, vigneti di asti Docg). Un traguardo che ancora un anno fa sembrava inimmaginabile, ma che l’arrivo e il lavoro sotterraneo di Marzagalli e del direttore Giorgio Bosticco ha permesso di conseguire. Aprendo di fatto un dibattito più allargato al fine di individuare un nuovo trampolino per il rilancio della viticoltura piemontese. In particolare dell’Asti Docg, pianeta che di per sé significa oltre 4mila aziende agricole e vinificatrici coinvolte con più di 10mila ettari di vigneti, nonché una settantina di Case spumantiere.
Nell’annunciare l’importante traguardo, il presidente Marzagalli ha definito il Consorzio come la “casa di tutti”, <una casa di vetro con adeguata rappresentanza di tutte le categoria della filiera agro-industriale>, il ruolo centrale del Consorzio è <vitale per il coordinamento e il governo della denominazione> d’origine controllata e garantita. La Docg, appunto. Ma se oggi il Consrozio <è più forte> – ha aggiunto il presidente – <per assicurare pieno titolo alla funzione di Organismo interprofessionale riconosciutogli dal ministero dell’Agricoltura, occorrerà promuovere una maggiore adesione di viticoltori del Moscato per equilibrare e rafforzare la presenza e la titolarità della parte agricola>.
Un monito, il suo, che parte da una considerazione che non può essere taciuta. Vale a dire la cattiva congiuntura che da anni tiene sotto scacco il sistema economico nazionale e internazionale, con pesanti riflessi produttivi e di consumo. Compreso la domanda di Asti, i cui consumi peraltro rilevano una forte accentuazione nel periodo delle festività di fine anno. Alla luce di cià per Marzagalli <occorre un intervento congiunto e mirato con progetti specifici di promozione che tengano in considerazione le abitudini alimentari nei diversi paesi>. E dunque <inventarsi nuovi momenti di consumo, in casa e fuori casa, che non siano solo l’abbinamento con il dessert o le ricorrenze tradizionali>.
Di qui il riferimento alle molteplici iniziative che la struttura consortile ha già messo in atto nel corso dei mesi passati. Ecco allora il direttore Bosticco parlare della ricerca demoscopica che Gfk_Eurisko ha realizzato per il Consorzio in alcuni tra i più importanti mercati di sbocco dell’Asti, vale a dire Germania (da sola importa più di 11 milioni di bottiglie), Russia, Stati Uniti, Inghilterra e anche la stessa Italia: la ricerca ha permesso di “identificare” il profilo del consumatore dell’Asti (netta prevalenza femminile), abbinamenti (fine pasto e dessert) e momenti di consumi (eventi festivi, ricorrenze). Ma ha anche dato una spinta a cercare nuove opportunità e modelli di proposta dell’Asti non solo con piatti dolci, ma anche come “long drink” per ogni occasione, miscelato con prodotti a base di frutta.
Di pari passo, sono state messe in campo altre iniziative volte ad allargare i mercati di sbocco. Ecco allora il riferimento, inevitabile di questi tempi, alla Cina, un paese continente dove però l’Asti spumante è ancora sconosciuto (solo 200mila le bottiglie esportate quest’anno), ma proprio per il suo gusto aromatico ha ottime chance di successo. Solo che bisogna farlo conoscere. E questo può essere fatto solo unendo gli sforzi di tutti i produttori, piccoli o grandi che siano. Vale per la Cina, ma vale anche per tutto il resto del mondo.