Allarme prezzi sul fronte agricolo. Non è dato sapere se il maltempo sia ormai alle nostre spalle, certo è che il freddo e le piogge torrenziali degli ultimi giorni non solo hanno causato danni a molte colture agricole di stagione, ma hanno in alcuni casi già innescato la corsa all’approvvigionamento di taluni prodotti. E quindi al rialzo dei mercuriali.
Due esempi. La paglia secca consegnata alle stalle della Lombardia, in soli 15 giorni è rincarata tra il 50 e 60%, da 8-9 a 12-13 euro al quintale. Peggio ha fatto il foraggio, con i valori assoluti schizzati da 13-14 euro della prima decade di maggio a 22-23 euro al quintale. E i prodotti destinati all’alimentazione umana, tipo verdure e frutta di stagione? Per il momento il mercato non ha riservato grosse sorprese, grazie agli arrivi dal Sud della Penisola e alle importazioni. Ma su quanto potrebbe accadere nelle prossime settimane c’è tuttora un grosso punto interrogativo? Tutto dipende dal meteo.
Certo, l’eccezionalità del maltempo ha preso un po’ tutti di sorpresa, costringendo non pochi italiani a tirare dall’armadio i vestiti invernali. Ma l’effetto peggiore l’ha subito il comparto primario. Basti dire che solo in Lombardia, regione agricola più importante d’Italia con l’Emilia Romagna, in cinque mesi sono caduti 900 millimetri di acqua, tanto quanto ne cade nell’arco di un intero anno, causando danni che le organizzazioni agricole hanno stimato intorno a 6-700 milioni di euro. Ma si tratta di danni già documentabili. Vi sono poi quelli che arrivano a scoppio ritardato. E qui nonostante il discorso sia più enigmatico c’è chi, come il Centro studi Innovagri di Milano che si occupa di analisi per l’agricoltura, che non esclude a breve il verificarsi di rotture in fatto di disponibilità e di prezzi per numerose materie prime agricole.
Per il coordinatore del Centro, Mario Vigo, già presidente di Confagricoltura Lombardia,<la situazione che si è venuta a creare è piuttosto preoccupante per il comparto, soprattutto per quanto riguarda l'area dei cereali. In val padana l’accanimento climatico è giunto beffardamente proprio nel periodo più delicato per le semine, sicché in molti casi è stato impossibile usare mezzi meccanici per preparare i campi; in altri casi non si è potuto procedere a fare gli opportuni interventi di carattere fitosanitario sulle coltivazioni>. Una situazione difficile che, nel caso del mais, si è tradotto in mancate semine per quasi il 60% delle superfici della Lombardia. Regione che – sottolinea Vigo – con 360mila ettari disponibili incide per il 40% sul totale della produzione nazionale di granoturco. Ora, poiché 150mila di questi ettari servono per produrre mais destinato al bestiame, a finire nella forca sarà giocoforza l’approvvigionamento destinato al consumo umano. Un discorso che va esteso anche ai cereali “a paglia”, come grano, orzo e avena di cui si stima un calo produttivo vicino al 30 per cento.
Purtroppo non va meglio alle semine di riso, che pure cresce nell’abbondanza di acqua. Ebbene, in Lombardia su 100mila ettari di superfici coltivati, quest’anno ne sono stati messi a dimora soltanto il 40 per cento. Con l’aggravante che mentre nel caso del mais c’è sempre la possibilità di recuperare in corner con le semine tardive, per il riso questo recupero è di fatto impossibile.