Il mondo intero ha celebrato oggi la 43° Giornata di salvaguardia della terra, la Earth day, voluta nel 1970 dall’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite. L’Italia lo ha fatto, giustamente, con numerosi convegni, dibattiti e scritti promossi con ogni mezzo un po’ ovunque lungo la Penisola. Oggi peraltro impegnata nel seguire l’eccezionale rinomina a Presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano…
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A ben interpretare gli eventi, i messaggi e i commenti relativi
a questa celebrazione mondiale, si direbbe che l’attenzione è stata rivolta principalmente
all’agricoltura e ai suoi modelli produttivi. Attenzione che nei fatti si è perlopiù
tradotta in atto di accusa di modelli che puntano al massimo sfruttamento dei
processi produttivi, volti alla massificazione dei raccolti. Il che avviene con un utilizzo esasperato di composti di sintesi che non portano qualità e, a lungo andare, sono causa di depauperamento
dei terreni. Anticamera della desertificazione dei suoli dietro casa.
Tutto troppo scontato e, purtroppo, tutto
vero. Al punto che l’Italia negli ultimi venti
anni – ce lo ricorda la Coldiretti – ha perso
per strada il 15% della terra coltivata – 288 ettari al giorno,
pari a 400 campi di calcio -, con l’espulsione di 1,2 milioni di imprese
agricole. E tutto questo per effetto della cementificazione che, da un lato,
non ha portato benessere duraturo e, dall’altro, ha reso debole e indifendibile
da frane e smottamenti il 9,8% dell’intero territorio nazionale. Un
disastro ecologico immane, nonostante il grido di allarme della società si ripeta
puntualmente ogni anno, da43 anni, in occasione dell’Earth day.
Forse è il
caso di ripensare questo tipo di celebrazioni, magari dando meno peso alle parole che accompagnano le feste e più
valore al lavoro e alla terra.