Una buona notizia da Bruxelles: l’Unione europea ha “stoppato” l’introduzione in Gran Bretagna della ”etichetta semaforo” per cibi e bevande. Trattasi di un indicatore dove rosso, verde e giallo rappresentano il corrispettivo grado di pericolosità del vero semaforo, applicato ai prodotti alimentari in base al loro contenuto di grassi, zucchero e sali.
Nei fatti una grave minaccia per il made in Italy, che è merce buona e di qualità e, grazie alla loro salubrità e tipicità, conquista nuovi orizzonti, nuovi mercati. Il che spinge tanti follower a copiare e, sempre più spesso, a falsificare le carte in tavola, mettendo in circolo prodotti apparentemente similari a prezzi stracciati. Una pratica che la crisi economica ha acuito, riverberandosi sulle scelte di spesa di famiglie e consumatori.
Davvero una grave minaccia per il made in Italy. Che invece dev’essere giustamente protetto e supportato a tutti i livelli, con iniziative che esaltino qualità, salubrità e tipicità dei prodotti stessi. Come d’altra parte è intenzione di fare del responsabile della politica agroalimentare italiana, il ministro Maurizio Martina che, oltre a caldeggiare azioni pro-export della tavola italiana nel mondo, ha alzato l’asticella di attenzione a tutela di cibi e bevande di casa nostra, nell’intricato budello di direttive e regolamenti comunitari.
Per stare al concreto, un primo risultato in questo senso (sia pure ancora parziale) è la <messa in mora, per presunta violazione del principio di libera circolazione delle merci> – come informa Coldiretti –, dell’<avvio della procedura di infrazione da parte Ue contro il “semaforo in etichetta”> proposto dal governo di Sua Maestà the Queen. Reo, è il caso di dire, di avere varato un nuovo sistema di etichettatura nutrizionale, con il quale si segnala la presenza di nutrienti critici per la salute e il cui grado di pericolosità è comparato, appunto, al colore del rosso,del giallo e del verde semaforico.
Questo sistema, insomma, da un lato dovrebbe servire per combattere il consumo di alimenti ad alto tasso di grassi, sali e zucchero; dall’altro invece costituisce un vero e proprio siluro per una lunga serie di prodotti (non solo made in Italy) come formaggi, olio d’oliva, salumi, prosciutti, dolci, vini e chi più ne ha più ne metta. Un sistema che nasce con buone intenzioni, ma che nei fatti si rivela generico e inefficace, <perché – commentano in Coldiretti – non tiene conto delle quantità effettivamente consumate di questi prodotti, ma solo della generica presenza di un certo tipo di sostanze. Il che, paradossalmente, esclude dalla buona dieta prodotti come l’olio extravergine d’oliva, mentre promuove le bevande gassate senza zucchero, fuorviando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale dei prodotti>.
Insomma un assurdo che stravolge non solo le produzioni tipiche, ma mette in pericolo la salubrità stessa dei consumatori.
Nel 2013 l’Italia ha esportato in Gran Bretagna cibi e bevande per 2,8 miliardi, in aumento del 6 per cento sull’anno prima.