Per fortuna che c’è l’America a fare da battistrada al vino italiano nel mondo. L’America yankee, dove più di una bottiglia su quattro importate è tricolore, ma anche grazie ai vignaioli coraggiosi di casa nostra che credono sempre di più al binomio vino-moda, salvo prendere atto che per essere alla pari con il settore fashion fortemente evocativo dell’eccellenza made in Italy, bisogna dare ancora molto per arrivare ad avere lo stesso status. Cominciando dal fare proposte soddisfacenti e all’altezza della situazione.
Ma prima di andare a vedere com’è andata la Vendemmia meneghina, anch’essa frastornata da sole, nuvole e piogge tutt’altro che novembrine, vale la pena prestare attenzione a quanto ci manda a dire da New York l’Iwfi di Lucio Caputo sull’import vinicolo Usa dei primi sette mesi dell’anno.
Il report racconta di un export italiano che consolida le posizioni di leadership su quel mercato sia in volumi (cresciute di un modesto +02% a 1,5 milioni di ettolitri), sia in valore (+6,1% a 748,6 milioni di dollari). Con questo ulteriore passo avanti, il vino made in Italy si porta sul totale import Usa a quota 26,7% in quantità e a 32.5% in valore, seguita a distanza dall’Australia con, rispettivamente, il 19 e l’11,6 per cento. E tanto basta a smorzare i cattivi pensieri diffusisi nella Penisola subito dopo la lettura del -4% nei volumi esportati complessivamente dall’Italia nei primi sei mesi di questo umido 2013. (foto, vendemmia in Trentino)
La Vendemmia di via Montenapoleone
E poiché la stagione dei consuntivi si avvicina, tanto vale tirare qualche filo sull’ormai consolidato fidanzamento vino-moda che nei giorni appena alle spalle ha visto scorrere tanto buon vino e buon umore nei celebri negozi, alberghi di lusso e salotti vari del “quadrilatero” milanese. Un appuntamento concluso con un brindisi degustazione di cento-e-uno vini d’Italia svoltosi tra un quadro e una scultura esposti al Padiglione di arte contemporanea (Pac) dei Giardini Venezia.
Certo, l’iniziativa “la Vendemmia di via Montenapoleone” di per sé fa parlare e cattura molta attenzione da parte di media e pubblico. Il fatto stesso che da quattro anni i più bei nomi dello star system della moda mettano a disposizione i propri spazi per brindare al successo del life style e del buon bere made in Italy è già un risultato ragguardevole. Tanto più che a ogni edizione si riesce a fare passi avanti nella funzionalità dell’evento stesso, catturando un numero incredibile di visitatori (pioggia permettendo) e sensibilizzando anche i vertici cittadini, provinciali e regionali, nonché coinvolgendo istituzioni economiche come Expo2015.
Non a caso il presidente dell’Associazione della medesima via, Guglielmo Miani, si dice convinto che “il punto di forza di questa manifestazione, che si perfeziona negli anni>, sia <il connubio vincente tra brand del lusso e aziende vinicole>. Aziende che la logica della festa locale (e non altri sentimenti illiberali e conservatori che siano) vorrebbe provenissero dal Paese dove si celebra la vendemmia, cioè l’Italia. Alla stessa stregua di quanto accade a Parigi, in occasione della ben più famosa e storica “Vendage de avenue Montaigne”, dove la partecipazione è preferibilmente riservata alle maison di vino francese. A Milano, invece, di chateaux se ne sono visti tanti. Sarà perché taluni gruppi d’Oltralpe ormai controllano molto dell’art de vivre. Ma questo non giustifica che si stravolga e monopolizzi anche lo spirito della festa che vuole raccontare l’eccellenza del territorio italiano. (foto, fattoria Paradiso di Bertinoro)
A capirlo non siamo solo noi, che comunque non coltiviamo sentimenti sciovinisti, ma anche maison come Hermés che, per l’occasione, ha correttamente interpretato lo spirito della Vendemmia italiana scegliendo vini e cibi italiani. Una scelta condivisa e applaudita dal pubblico presente alla simpatica vernice e che l’amministratore delegato della maison di via Sant’Andrea, Francesca di Carrobbio, ha spiegato essere conforme alla filosofia del gruppo di appartenenza che consiglia alle sedi periferiche di agire sposando usi e costumi locali in cui si opera: <Noi siamo e operiamo in Italia – ha osservato di Carrobbio -, la festa è italiana e dunque Hermès Italia ha scelto di offrire alla propria clientela e agli invitati i vini di Tasca d’Almerita e le specialità alimentari siciliane di “Natura-in-tasca”>.
La de
gustazione al Pac
Da questo punto di vista, la questione non si pone per il Comitato grandi cru d’Italia che, proprio in virtù di rappresentare un gruppo di grandi nomi del vino domestico, ha giustappunto riservato la partecipazione alla degustazione del Pac, che ha chiuso la tre giorni della Vendemmia meneghina, solo ed esclusivamente ad aziende italiane. L’evento, che ha visto la presenza di cento-e-uno aziende espositrici, ha calamitato un numero davvero incredibile di degustatori o semplici curiosi. Sarà stato perché tutto era free, ma sta di fatto che l’entusiasmo degli organizzatori era tale da spingere il compassato vice presidente del Comitato, Paolo Panerai, ad augurarsi che l’appuntamento abbia una cadenza annuale.
Su questo non possiamo che essere d’accordo con lui, e glielo auguriamo di cuore. A patto, però, che si accetti qualche consiglio volto a modificare alcuni aspetti che l’appuntamento del Pac ha dimostrato di non avere tenuto in debita considerazione. Il primo è la location molto rappresentativa ma con spazi tutt’altro che confacenti a ospitare una degustazione con cento-e-uno espositori ammassati all’inverosimile. Il secondo è che in previsione di Expo2015, e in attesa di conoscere i programmi a cui sta lavorando Veronafiere-VinItaly, le aziende che vorranno partecipare alle prossime degustazioni è presumibilmente destinato a lievitare. Ma se il Pac è già oggi insufficiente figuriamoci domani. Terzo e non ultimo, il servizio. Una degustazione professionale che vuole fare immagine al vino italiano deve garantire taluni servizi che sono assolutamente imprescindibili.(foto, tenuta Caprai di Montefalco)
L’altro ieri, la gente non sapeva come muoversi, i bicchieri scarseggiavano, i contenitori sputavino mancavano del tutto, c'era gente che beveva, beveva e l’espositore non sapeva chi fosse il degustatore al quale stava versando il proprio vino.
Prosit? Meglio aspettare l’anno prossimo.
c-riproduzione riservata