“Ottimo questo rosso, mi pare di sentire la ciliegia marasca, la mora rossa e una sfumatura di tamarindo”, dice un tale al suo compagno di bevuta. Tamarindo? Due passi più in là… l’entusiasmo di un signore che definisce “stupendo questo bianco barricato alla vaniglia”, s’infrange contro la scelta della sua accompagnatrice che predilige vini “delicati, freschi dai sentori floreali…”
Fraseggio piuttosto comune tra amici nelle serate ai winebar, quanto scontato tra degustatori collaudati. In tutti i casi, modi di dire divenuti parte integrante di un costume in continua evoluzione lessicale, a volte banali come lo sono stati i commenti sulle “signore che bevono vino per darsi un tono” e sui “maschietti che lo fanno per far colpo”.
Opinioni effimere che, coniate in diretta tv in concomitanza del recente salone VinItaly di Verona hanno provocato una cascata di reazioni anche truculenti sui social, di cui si sente ancora la eco. Ma anche effetti collaterali in grado di distogliere l’attenzione di osservatori, cronisti, comunicatori da eventi sulla carta decisamente più meritevoli.
Il riferimento va a due momenti particolari della kermesse scaligera. Vale a dire la mise en place del padiglione museale dedicato al” Vino tra mito e cultura”, iniziativa lungimirante e tuttavia rimasta con le sale del sito semivuote. E poi Opera Wine, evento che precede l’apertura di VinItaly, la cui missione è promuovere relazioni, incentivare affari, comunicare al meglio il meglio del vino made in Italy. Buone intenzioni che, come si dirà più avanti, si perdono per strada, sopraffatte da incuria e disorganizzazione.
Il Museo di Arte e Vino e visitatori distratti
Del sito museale va indubbiamente elogiato lo spirito che ha mosso i promotori del sito museale – i ministeri dell’Agricoltura e della Cultura –, pensato per contenete sculture, pitture, video e scritti d’autore. Pochi e pregiati pezzi – “il Bacco” di Carracci, “le nozze di Cana” del Garofalo, “la Vendemmia, Allegoria dell’autunno” di Celebrano, “il Baccanale” di Picasso, “il Satiro” statua in marmo del I secolo a.C…-, provenienti da accademie pubbliche e scrigni privati, sufficienti a dimostrare il legame tra cultura e coltura di un bene materiale dalla forte connotazione territoriale, qual è il vino.
Ottima l’idea, sito collocato in posizione strategica, visibilità a 360 gradi, ma visitatori al lumicino: poche centinaia al giorno. Al che uno si chiede come sia possibile che rispetto a 100mila e passa persone tra espositori, buyer e visitatori giunti dai quattro angoli della terra, solo un manipolo di costoro abbia dedicato pochi minuti del suo tempo per ammirare opere, per le quali altrove si fanno ore di coda.
La risposta è stata casualmente immediata e diretta. “Può apparire banale, ma qui sono state commesse leggerezze: in materia di tecnica costruttiva, collocando dei gradini all’ingresso del sito che hanno scoraggiato l’accesso; e in tema di comunicazione, con messaggi rivelatisi inadeguati nel diffondere l’apertura del museo”, è stato il commento tra l’ironico e l’irritato di un qualificato dipendente di Veronafiere, conversando con il cronista e il consulente di un grande Consorzio di tutela vino.
E qui la domanda su quanti avrebbero dovuto controllare, intervenire e… Ma risposta non ci sarà, poiché l’interlocutore corre via a far numero nel gruppo al seguito delle autorità regionali in visita al salone.
Opera Wine, il ministro, gli accrediti e la conferenza che salta
Anche nel caso di OperaWine, evento ristretto a un gruppo di aziende selezionate dagli esperti della rivista americana Wine Spectator, il punto più critico si rivela essere ancora la comunicazione, che pure è considerato fattore di successo del vino italiano. Una ricchezza, per gli organizzatori, “che merita di essere comunicata e promossa in tutto il mondo”.
Il principio è assolutamente condivisibile, quindi un buon motivo per esserci. Non solo perché ci sono le imprese più rappresentative della migliore enologia nazionale. Ma anche per la presenza di ministri dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e delle Imprese, Adolfo Urso; viceministri, ambasciatori da 30 paesi esteri, autorità politiche e amministrative regionali, il sindaco di Verona Damiano Tommasi, delegazioni ad alto livello di Unione europea, Ice, Organizzazione internazionale della vite e del vino… Per finire con la conferenza stampa di Wine Spectator, che in Italia è cosa rara.
Insomma, una occasione imperdibile per chiunque si occupa di informazione e non “riservata esclusivamente a invitati e giornalisti accreditati, come pretendono i signori del marketing e stampa di OperaWine. Peraltro, autori di un’assurda lista di giornalisti esclusi a priori, pur avendo questi fatto per tempo l’opportuna richiesta di accredito.
Paura di domande sensibili? magari su fatti a dir poco scomodi? Sarà stato per questo che la conferenza stampa della testata americana è saltata? O per qualche altro e possibile contrasto, chiamiamolo “diplomatico”, sulla scelta di collocare sul palco delle autorità un grande fondale che riproduce un popolo con pugno chiuso che inneggia alla rivolta?
Le bocche di chi sa, sono cucite. Il cronista però non si perde d’animo, ed è proprio il disegno sul drappo a suggerire una libera ironia che si concretizza con una lettura fuori dagli schemi, come si può intuire nel fotomontaggio qui riprodotto. Dove, protagonista è il ministro dell’Agricoltura che, a tu per tu con il disegno, sembra prima sorpreso, salvo poi intuire che si può sempre essere il capo di un popolo che lotta per la democrazia.
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Le analisi di “TerraNostra”
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