Vino – Il palloncino di Gianni Mura, “Per il Paradiso quanti bicchieri vostro onore?”

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Era il 1990, l’ultimo del decennio ’80 per chi conta gli anni dall’uno allo zero, o il primo del decennio successivo, cominciando dallo 0. L’Italia era tutta un cantiere edile a cielo aperto: ovunque da Nord a Sud si ultimavano le ristrutturazioni o le costruzioni di nuovi stadi, alberghi e si pianificavano eventi e servizi finalizzati all’imminente edizione della Coppa del mondo di calcio.
L’occasione era ghiotta per quanti avevano a cuore il completo rilancio dell’immagine del vino italiano, faticosamente ricostruita dopo i fattacci del metanolo dell’86. Di qui l’idea di organizzazioni sindacali e associazioni di vignaioli di essere tra gli sponsor di quell’edizione passata alla storia come Italia ’90: opportunità ritenuta imperdibile, e tuttavia naufragata con perdite ancor prima di partire.
Il Palazzo, infatti, nel mentre da un lato assicurava risorse pubbliche (da unire a quelle private) per fare promozione, dall’altro proibiva il consumo di alcolici negli stadi e la mescita di vino nei locali pubblici della Penisola. Un provvedimento cui seguì l’introduzione della famosa prova palloncino per gli automobilisti.
A Gianni Mura, giornalista massimo e scrittura pungente in fatto di sport e buona cucina per “la Repubblica”, quel provvedimento andò di traverso, proprio a lui che il vino, rosso, non se lo faceva mai mancare a tavola. Di qui provocazioni (come il bere vino durante un collegamento televisivo) e articoli contro l’iniquo disposto.
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Due giorni fa, a 74 anni, Gianni Mura se n’è andato in punta di piedi per una questione di cuore, ma la notizia ha fatto molto rumore, com’è normale che sia quando scompare una persona giusta, generosa e professionista dalla penna veloce e tutt’altro che incline al buonismo.
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Non conoscendolo personalmente, ma attratto dalla sua scrittura e condividendone l’assurdità del palloncino, lo cercai telefonicamente per chiedergli un suo pezzo dedicato al tema da inserire nel libro che nel frattempo stavo chiudendo per i tipi del mio editore, Il Sole24Ore. Nel quale oltre alle tante e differenti storie aziendali, davo spazio a opinioni e critiche firmate da personaggi noti: c’era il regista, il politico, l’eurocrate, il ristoratore l’ambientalista, lo stilista, il direttore di quotidiano, la direttrice astemia del magazine, il produttore di caffè …
Non feci alcun nome e Mura non me ne chiese conto. Mi disse invece: “Sono fuori per tutta la settimana”, aggiungendo: “Hai già una bozza di titolo?” Certo che sì:’Il vino in Italia’, risposi. Al che non mi parve vero sentirmi dire: “Ma è lo stesso titolo dell’altro che hai già pubblicato?”. Già, ma lo si riprendere aggiungendo un sottotitolo, in modo da dare continuità al precedente. E lui: “Quanto tempo ho a disposizione”.
“Due settimane, se ti riesce”, risposi, cominciando a metabolizzare l’idea che da sconosciuti qual eravamo, stavamo già parlando la stessa lingua. Ma ancor più raggiante fui quando, appena due giorni dopo, mi ritrovai con in mano il suo pregiatissimo pezzo. Che ora, caro Mura, ripesco dal libro e lo giro in rete con lo stesso titolo e un grande grande grazie di cuore, che a volte fa le bizze e ti fa volare in cielo. (ndb)
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“Per il Paradiso quanti bicchieri vostro onore?”
di Gianni Mura
E palloncino sia, dunque. Pare che così l’Italia si adegui ai paesi più civili, ma da cittadino italiano non me la sento di battere le mani. Avrei preferito un adeguamento su terreni più consistenti, la salute, la giustizia fiscale e no, la tutela del verde, i trasporti, la scuola…
Ho 45 anni, da 40 bevo vino e da 25 ho la patente. Mai un incidente, nemmeno un tamponamentino al parcheggio. È solo fortuna? Tendo a credere che vi sia, nel bevitore di vino, una profonda saggezza che, in primo luogo gli impedisce di ubriacarsi. Ritengo vi sia più tolleranza nel bevitore di vino che nel bevitore di bevande gassate e di liquori e dichiaro ufficialmente che esiste più “cultura” nel vino che in ogni altra bevanda. E la cultura, anche in tempi calamitosi e ambigui come gli attuali, è un buon antidoto sia all’arroganza sia all’incoscienza.
Detto questo, è chiaro che l’arrivo del palloncino non mi rende felice e continuerò a considerare più pericoloso un astemio, giovane e imbecille, alla guida di una macchina di grossa cilindrata che non un colto e civile adulto bevitore di vino che si mette al volante dopo aver cenato e bevuto qualche bicchiere di buon rosso.
1990-il-vino-in-italia-passato-e-futuroQuanti bicchieri, Eccellenze, Vostri Onori e Dottori Colendissimi? Due o tre, siamo lì… Ho studiato la faccenda sforzandomi di andare oltre il personale, che pure crea qualche difficoltà. Intanto le mie buone abitudini sono diventate cattive abitudini, ma mi consolo pensando al raduno nazionale degli alpini, alle feste di compleanno, alle baraccate nel ristorante fuori porta… Non ho amici astemi e mi sembra meschino cercarli ora, e poi cos’avremmo da dirci, io e un astemio, seduti allo stesso tavolo?
… Sul vino, che non ha lobbies, da un po’ di tempo infuria una disinformazione terroristica che dà spazio alle voci scientifiche più apocalittiche. Ho smesso di crederci, allenato a leggere, per cicli, che il pane fa male alla salute, no sono i grissini che fanno più male. E l’olio d’oliva? Via, maledetto. Scusate, ma l’olio di semi forse è peggio. Si potrebbe continuare, il campo è largo, dal maiale alle mele, e lo Stato, anche in queste vicende, si conferma sempre più il participio passato del verbo essere. Il palloncino rientra sotto il titolo: sempre meglio reprimere che educare. E allora guardiamolo entrare nella nostra vita, dominata dalla civiltà della plastica. Preservativi, cinture, palloncini: alla salute.
Addio cene romantiche o di seduzione. Un’altra coppa di champagne, cara? Ecco, per te, perché io devo guidare. Oppure a vedere l’alba sul mare ci andiamo in taxi, non è il massimo della privacy, ma sempre meglio che andare in galera o farsi ritirare la patente. Non è sotto tiro solo il bere: occhio alle penne alla vodka (anche se chi le prepara e chi le ordina meritano il peggio), occhio al brasato al Barolo, e non insisterei sulle crèpes flambées, niente niente facessero scattare la percentuale d’alcol.
A questo punto, pacatamente e in attesa di organizzare una rivolta articolata, chiedo anche l’introduzione di altri strumenti di controllo. Il pastasciuttometro, perché l’abbiocco da rigatoni può allentare i riflessi. Il mokometro, perché mancano studi sulla guida di chi ha bevuto 22 caffè. Il sessuometro, perché può essere pericoloso chi si mette al volante post coitum a notte fonda e magari lei non era nemmeno la moglie.
Insomma, chi vivrà vedrà. Se questa è vita.

  • fernando Santucci |

    simpatico ,epidermicamente piacevole,scritto da un uomo vivace di intelletto ma spumeggiante di gusto…….. saluti

  • Marilena Mele |

    Che vuoto, come faremo senza la sua intelligenza, la sua sensibilità, la sua ironia, la sua poesia..

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