La denominazione “olio extra vergine di oliva” compie 60 anni. Tanti ne sono passati dalla legge 1407 (G.U. 295) tutta italiana del 1960 che istituiva tale categoria merceologica, poi adottata da tutti i Paesi produttori di olio di oliva del mondo. Va da sé che “extra vergine” è un indicatore ben diverso dalla Denominazione di origine controllata (Doc o Dop) in capo ai regolamenti comunitari riferiti a una pluralità di prodotti alimentari.
L’olio extra vergine d’oliva, di cui l’Italia è paese leader (la Spagna è il maggior paese produttore di olio di oliva), si ottiene dalla molitura o schiacciamento con mezzi esclusivamente meccanici della drupe o polpa delle olive, con successiva centrifuga che separa l’acqua dalla parte grassa. L’olio che ne esce per essere tale deve avere un contenuto di acido oleico inferiore a 0,8% di peso totale ed è subito commestibile al 100 per cento.
L’olio extra vergine – sostiene Luigi Caricato, esperto oliandolo e curatore di Olio Officina Festival in calendario da domani all’8 febbraio alle Stelline di Milano – per tutta una serie di proprietà organolettiche, ricco di fenoli e altri preziosi componenti è considerato un ‘functional food’, un ‘nutraceutico”, e si potrebbe anche definire un olio fitoterapico, seppure non sia ancora in Farmacopea. Gli americani della Fda, Food and Drug Administration si sono addirittura spinti in avanti definendolo un vero e proprio farmaco”.
Oggi tutti parlano e bene di quest’olio, ma la strada per arrivare al suo riconoscimento è stata lunga. E non si può dire del tutto conclusa. Anzi, forse è giunto il momento di riconsiderare una serie di problematiche che il tempo e i nuovi costumi alimentari hanno reso necessario.
Nei decenni passati – spiega Caricato – molti sono stati gli interventi normativi, volti a definire sempre meglio il significato di ‘vergine’, in quanto alimento non trattato con procedimenti chimici o biochimici e non depauperato o, peggio ancora, corretto da un processo di rettificazione.
Un tempo, prima del 1960, per tutti era l’olio ‘sopraffino vergine’, poi divenne per tutti a livello globale olio extra vergine di oliva. La parola ‘vergine’ fu introdotta con apposito Regio decreto del 1936. Di strada quindi se n’è fatta, se consideriamo che nel medioevo era per tutti il ‘bono oglio di oliva’.
Dal 1 novembre 2003, inoltre, un nuovo regolamento ha reso più restrittivi i parametri di definizione delle caratteristiche compositive: l’acidità libera è passa dall’1% a 0,8%, e oggi, addirittura, si sente la necessità di perfezionare ulteriormente questa categoria merceologica.
Rispetto a 60 anni fa l’olio extravergine d’oliva è un nuovo prodotto, talché proprio a Olio Officina Festival esperti produttori, industriali, esponenti di associazioni sindacali ed esponenti di scienza ne parleranno, “consapevoli che forse è questo il momento – tiene a dire Caricato – di concepire una nuova classificazione merceologica in linea con la contemporaneità, nonché liberare dalle maglie della burocrazia un prodotto così ontologicamente ‘naturale’ e unico”.
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