L’isola che non c’è non è solo una favola. Esiste, è in Italia e non ha niente che faccia pensare all’allegra comitiva dei folletti e Peter Pan.
Qualcosa di magico però vi accade su quest’isola. Tanto più che nelle sue viscere nasconde un vero tesoro che si rinnova ogni santo giorno dell’anno, mentre una linfa vitale sale e ramifica per diventare grappolo d’uva. Regalando un nettare che ha il colore del sole e il sapore del mare.
È il vino Gorgona, dal nome dell’isola che fronteggia a qualche decina di miglia marine la costa livornese. Lo producono un manipolo di vignaioli opportunamente formati dal team di agronomi ed enologi delle tenute Frescobaldi di Firenze, un nome che dal Medioevo incrocia un bel pezzo di storia del BelPaese. Per certo, un protagonista della moderna e qualificata vitivinicoltura italiana.
Proprio quella di cui aveva bisogno la bella e inaccessibile Gorgona, grande quanto può esserlo un fazzoletto di roccia vulcanica spunta milioni di anni fa dal profondo mare blu, con le scogliere che la rendono inavvicinabile ai più. Ad esclusione dei reclusi in regime di “custodia attenuata”, ospiti a fine pena del locale penitenziario, nonché ultimo nel suo genere ancora in attività su un’isola della Repubblica.
Con loro e per loro, anche un folto numero di agenti di sorveglianza. Con un’unica e civile eccezione: la deliziosa nonnina Luisa dai lunghi capelli bianchi, a un passo dal secolo, che su questo scoglio è nata e, con determinazione, tiene a far sapere di non avere la minima intenzione di trasferirsi altrove. “Né qui nessuno pensa di doverla convincere diversamente”, chiosa l’agente che ci accompagna in visita speciale all’isola penitenziario senza inferriate e lucchetti di sicurezza.
Gorgona è la più piccola delle sette isole dell’arcipelago Toscano, ed è merito di questo suo naturale e forzato isolamento se ancora oggi preserva un equilibrio ambientale esemplare, con i verdi pini marittimi scolpiti dal vento che la coprono per una buona parte, il profumo persistente della macchia mediterranea e le rocce a strapiombo che la rendono habitat ideale per i gabbiani che vi nidificano.
Un dono della natura rimasto tale anche per merito dei pochi esseri che in passato l’hanno abitata per scelta – gli eremiti benedettini, certosini, basiliani – o incentivati a farlo dai governanti toscani del tempo, interessati ad avere un avamposto strategico nel controllo dei traffici, quand’anche per tentare di avviare in loco attività agricole e zootecniche.
Che poi sono le stesse attività che impegnano quotidianamente i 92 ospiti di varie nazionalità della colonia penale agricola, che conta un centinaio di capi tra ovini, suini e mucche da latte; campi terrazzati coltivati a uliveti, ortaggi, piccoli frutti destinati alla mensa del carcere. E, appunto, i vigneti di cui si hanno tracce antiche, ma che solo più di recente hanno assunto la funzione produttiva di uve da vino.
Tutto nasce una manciata di anni fa con l’allora direttrice della Colonia penale, Maria Grazia Giampiccolo, che scrisse alla folta comunità dei vinattieri toscani invitandoli a prendere in considerazione l’idea di coltivare in modo professionale un piccolo appezzamento di vecchie e malmesse vigne.
L’idea prefiggeva lo scopo di dare un senso alla funzione stessa del carcere, in quanto luogo di recupero e preparazione al reinserimento nella società dei detenuti a fine pena. Esattamente ciò che hanno detto e scritto proprio in questi giorni il presidente Sergio Mattarella e Papa Francesco, che ha inviato una lettera ai detenuti di Gorgona che quest’anno compie esattamente 150 anni di attività di isola-carcere.
Un’idea che dev’essere apparsa stramba ai vinattieri contattati, visto che nessuno di loro ebbe la cortesia di rispondere alla missiva. Meno uno: Frescobaldi che, con non poco coraggio e visione d’insieme, mise a punto per l’occasione un progetto formativo di aiuto ai detenuti denominato “Frescobaldi per il sociale”.
Era il 2012 e quel progetto che partiva con un piccolo appezzamento, nel frattempo è cresciuto arrivando a 2,3 ettari. Soprattutto non ha più nulla delle vecchie piante spennacchiate, divenute rigogliose spalliere di Vermentino, Ansonica e una punta di Sangiovese affidate alla cura di Andrea, Asa e Hostrid, mentre altri loro colleghi si occupano della cantinetta completamente attrezzata per la vinificazione.
In tutto sono diciotto i detenuti che, a rotazione e a discrezione e scelta della direzione del carcere, lavorano per il progetto “Frescobaldi per il sociale”. Persone che la casa vinicola fiorentina provvede di volta in volta ad addestrare, formare e quindi assumere con regolare contratto civile di categoria. Contratto che, come tiene a dire il presidente Lamberto Frescobaldi, in alcuni casi è stato rinnovato in assunzione vera e propria e impiegato in aziende del gruppo, una volta che la persona ha scontato la pena.
Novemila in tutto le bottiglie di Gorgona 2018 con etichetta disegnata gratuitamente dallo Studio Doni di Firenze. Per buona parte sono già prenotate da grandi ristoranti nazionali ed esteri, a cominciare dall’Enoteca Pinchiorri nella cui ricchissima cantina non poteva mancare una primizia come questa di Gorgona.
Per Carlo Mazzerbo, direttore del penitenziario, “la collaborazione tra noi e Frescobaldi, ancorché essere una bella iniziativa e dare buoni frutti, come si può ben vedere gustando questo bianco di grande pesonalità, ci ha aiutati a cambiare modello di gestione della vita trascorsa su quest’isola. Qui si lavora per la formazione e la crescita delle persone, e di questo non possiamo che essere entusiasti”.
E allora, “se mi si chiede di questa nostra esperienza – risponde Lamberto Frescobaldi (foto, accanto mentre stappa la prima bottiglia e sopra con il direttore del penitenziario) all’interlocutore che ha appena apprezzato l’ottimo pranzo preparato dai detenuti -, dico che siamo noi a dovere essere grati all’Amministrazione penitenziaria, al direttore Mazzerbo con tutti i suoi collaboratori e ai detenuti per l’opportunità di lavorare con loro. E aggiungo anche, a tutte quelle altre aziende che non risposero all’invito della dottoressa Giampiccolo”.
D’altra parte si sa che non è da tutti riconoscere subito le opportunità che il fato ci riserva.
Le storie di “TerraNostra”: Gorgona e il suo vino firmato Frescobaldi;
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