“Hitler contro Picasso”, uno squarcio che fende il buio del nazismo sull’Arte

di Giulia Maria Basile
Quante cose ancora non sappiamo di Hitler e di ciò che è stato il rapporto dell’ideologia nazista con l’Arte? Quella con la A maiuscola, come dire di sculture di Michelangelo e dipinti firmati da Tiziano, Veermer, Rubens, Van Gogh, Matisse, Klee, Chagall, Picasso. E molti, davvero molti altri.
hitler-vs-picasso-locCe lo racconta “Hitler contro Picasso e gli altri”, il documentario diretto da Claudio Poli, con voce narrante di Toni Servillo (foto sotto) e magiche note al piano del maestro Remo Anzovino. Prodotto da 3D produzioni, Nexo Digital e Sky Arte, sarà nelle sale italiane il 13 e 14 marzo, prima di un lungo tour tra Stati Uniti, Australia, Cina e Giappone.
È dunque il cinema a farsi veicolo di conoscenza e far luce su uno degli aspetti più contraddittori e meno conosciuti del Terzo Reich. Con l’arte che nelle mani naziste è trasformata in strumento offensivo, diretto a colpire in particolare i galleristi e i collezionisti ebrei. L’Europa è messa a ferro e fuoco e molti di loro, pur di salvare sé stessi e i propri cari, sono costretti a svendere le proprie collezioni private per pochi denari. A volte anche per un foglio di via valido per l’espatrio dalla Germania intollerante, che poi però non arriva.
ll documentario narra le storie di alcuni di loro. Tra cui quelle del gallerista olandese Jacques Gouldstikker, del mercante d’arte Paul Rosemberg e del banchiere Fritz Gutmann. Ne ricostruisce i particolari mai prima d’ora noti al grande pubblico, e descrive l’immane lavoro di ritrovamento di alcune opere depredate e la conseguente restituzione agli eredi dei legittimi proprietari. O ai musei cui furono confiscate.
Istruttiva l’operazione di recupero che porta avanti l’avvocato italoamericano Christopher Marinello, che con lo studio Art Recovery International ha seguito alcuni casi che hanno fatto scalpore. Un lavoro meticoloso il suo, peraltro testimoniato in video e dalla presenza in sala all’anteprima di Milano, dove ha osservato come “l’ossessione dei nazisti per l’arte è stata innanzitutto un’arma utilizzata per depredare i patrimoni degli ebrei. Ma anche per privarli della loro cultura e della loro identità di popolo”.
Migliaia di opere, tele e sculture di grandi artisti di ogni epoca e di inestimabile valore, transate con i soldi del regime e per lo più andate ad arricchire i patrimoni personali dei capi partito. Per primi quelli dello stesso dittatore e del suo braccio destro Hermann Göring, grazie ai loro accoliti assistenti ed esperti d’arte.
toni-servilloUno squarcio di luce nel buio pesto della storia lo provoca l’inchiesta pubblicata nel 2013 dalla rivista Focus sul dossier Gürlitt, figlio di uno dei mercanti d’arte più vicini a Hitler. Nelle sue abitazioni sono state scoperte per puro caso oltre 1.500 tele di artisti a cavallo tra Ottocento e Novecento, tra cui spiccano nomi del calibro di Cézanne, Gauguin, Monet, Renoir. Ovvero l’arte considerata “degenerata” dal regime, ma sempre utile in quanto “merce di scambio” per fare cassa da destinare ad altre iniziative considerate degne dall’ideologia nazista.
Una storia tremenda raccontata con tatto e delicatezza, quella descritta in “Hitler contro Picasso”. L’autrice del soggetto, Didi Gnocchi, ha preso spunto da una coincidenza capitatale nell’autunno del 2017. Stava leggendo le memorie di Anne Sinclair sul nonno materno Paul Rosenberg, la cui galleria dell’epoca fu letteralmente spogliata delle sue innumerevoli opere, quando si rese conto che in quello stesso periodo in alcune città e capitali d’Europa – Berna, Bonn, Denventer in Olanda e Parigi – erano state allestite mostre dedicate alle opere trafugate dai nazisti.
Una casualità? Può darsi, ma capace di alimentare la sensibile curiosità (e, perché no, anche il sospetto) dell’autrice, spingendola ad approfondire la questione. Tanto più che la maggior parte delle opere razziate – in tutta Europa si parla di cinque milioni di pezzi tra sculture, dipinti e manufatti preziosi – risulta tuttora dispersa.
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