Il valore delle esportazioni di vino italiano nel 2017 ha sfiorato i 6 miliardi di euro. L’incremento sull’anno prima è stato del 6,2 per cento. Il dato di fonte Istat, ancorché spingere l’asticella alla conquista di un nuovo record, non è privo di sfaccettature opache a cui è quantomeno opportuno dedicare una qualche attenzione in più.
Il riferimento non va certo al mancato sfondamento della soglia dei 6 miliardi, che pur sempre procura ottimismo confermando il vino prodotto trainante della bilancia agroalimentare italiana. O il non essere riusciti a tenere lo stesso passo di accelerazione attuato dai paesi diretti competitori dell’Italia, che è importante ma che può coincidere con particolari congiunture proprie di ciascun paese.
Ciò che deve preoccupare di più è la logica perseguita dall’Italia nel concentrare i flussi all’export verso un numero ristretto di paesi. Una logica, purtroppo cristallizzata, che ci fa essere leader in pochi mercati, poco presenti in altri e persino assenti in altri ancora. Per questo tremendamente esposti a colpi di vento o imposizioni di dazi improvvisi, come pure a cambi di umori altrui.
La questione, ancorché di vecchia data, è stata rispolverata dal d.g. di Veronafiere Giovanni Mantovani (foto), parlando di “un’Italia superpotenza enologica che non rende giustizia alla grande qualità delle nostre produzioni, poiché a una crescita reale in vigna e in cantina, non corrisponde una crescita di pari livello in valore”.
«Il nostro export vinicolo – ha aggiunto Mantovani, annunciando per il prossimo VinItaly (15-18 aprile) uno studio realizzato con Nomisma Wine Monitor sui trend a 5 anni dei top buyer mondiali di vino – rimane pericolosamente ancorato sui primi tre Paesi di sbocco.
Vale a dire: Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna, dove si registra un indice di concentrazione delle vendite di vino italiano del 53,4%, molto più di quanto fanno Francia e Spagna che si fermano, rispettivamente, al 38,5% e al 35,2 per cento».
Super esposizione che vale anche all’interno dell’Unione europea, dove l’Italia fattura oltre il 50% del totale vino esportato nel mondo. Una incidenza assai più robusta rispetto alla Francia che si ferma al 41 per cento.