Sempre di più sono le aziende agricole vestite al femminile: il Sud vince sul Nord ma Milano è leader nazionale

Uliveto.con.due.raccoglitori.di.olive.(1889)Sempre più aziende agricole vestono al femminile, inteso sia come proprietà, sia come guida gestionale. Sorprende il fatto che queste imprese siano più diffuse nelle regioni del Mezzogiorno, piuttosto che nel Centro Nord.
Dunque, la disparità di genere in agricoltura va a finire? Non del tutto, giacché la prevalenza è tuttora al maschile. Ma la tesi che la donna mal sopporta di calzare scarpe grosse rimane la favola che è sempre stata. Tanto più che molte sono le imprenditrici che hanno una formazione specifica, con titolo di diploma o laurea in materie agricole.
D’altra parte è vero che se solo si fa mente locale a certi paesaggi bucolici del passato, non è difficile imbattersi in scene in cui le donne sono protagoniste sul campo. Con la differenza che in quelle scene le signore zappano la terra, o sono mondine, o falciatrici di grano. Mentre ora e non di rado occupano anche posizioni di vertice.
Un report dell’Aic, l’Associazione italiana coltivatori, registra in Italia a fine 2015 più di un milione 153 mila aziende agricole a guida femminile con una crescita del 2,1 per cento sull’anno prima.
La media per regione – dichiara il presidente Aic Giuseppe Santoianni – sfiora il 35 per cento, con punte del 40% in Campania e Sicilia, mentre la Lombardia da sola ne conta poco più del 10% a 154mila unità. Viceversa, la provincia italiana dove maggiore è la presenza del fiocco rosa è Milano, con 51.404 aziende attive, pari al 17,5 per cento.
Il focus, inoltre, rivela che mentre al Nord la motivazione per cui le donne si dedicano all’agricoltura costituisce “una risposta alla mancanza di soluzioni occupazionali”, al Sud per lo più “si tratta di proseguire un’attività che fa parte della tradizione familiare”.
Infine, sotto il profilo della natura giuridica’ dell’attività operativa, le donne agricole si orientano in maggioranza per la ditta individuale (52%). Ma non meno importanza spetta alle forme societarie (45,2%), in particolare quelle di capitale, che rappresentano quasi un terzo del totale. E sono proprio queste ultime quelle che registrano il tasso di crescita più alto (4,1%).