La vendemmia è al culmine da Nord a Sud dello Stivale. Ma tra i vignaioli della Valpolicella serpeggia il malumore. E non per le bizze del meteo, che comunque sono nella norma stagionale, e men che meno per lo stato di salute delle uve, che, anzi, presentano condizioni fitosanitarie ottimali; premessa di un’annata di ottimo livello.
A rabbuiare i loro umori è stato un atto amministrativo dovuto della Regione Veneto, la cui Giunta al fine di “migliorare l’equilibrio di mercato dei vini di Amarone e Recioto” ha deciso di ridurre al 40% di 120 quintali/ha le rese delle uve da destinare alla produzione, annata 2016. Un taglio consistente rispetto al 65% consentito dal disciplinare.
Questo significa che i vignaioli della ‘terra delle mille cantine’ non potranno utilizzare più di 48 quintali: addirittura due in meno rispetto ai 50 della precedente vendemmia.
Il provvedimento ha indispettito quei produttori che si aspettavano una misura più elastica, considerato il buono stato delle uve in pianta e la buona domanda che persiste sui mercati, specie a livello internazionale. Lo scorso anno, infatti, l’export di Amarone ha superato per la prima volta il 60% di 12 milioni di bottiglie prodotte per un fatturato di 310 milioni di euro, con una crescita in valore del 6% sull’anno prima.
Alla luce di ciò, le aziende vinicole più organizzate già scalpitavano nell’organizzare e prendere contatti più impegnativi con le reti vendite. Cosa che ora diventa francamente più problematico portare a termine.
A prevalere in seno alla Giunta regionale, infatti, è stata la richiesta del Consorzio di tutela dei vini della Valpolicella, cui spetta l’onere di monitorare l’applicazione dei disciplinari e a cui tutte le aziende produttrici debbono attenersi. Comprese quelle non associate, come accade con ‘Le famiglie dell’Amarone’, network di nove aziende storiche della Valpolicella classica presieduta da Sabrina Tedeschi.
Chiamata a commentare l’andamento della vendemmia in Valpolicella, l’imprenditrice non esita a dire che la situazione “è delle migliori sotto tutti i punti di vista”. Tuttavia per un commento compiuto sullo stato dell’arte, suggerisce saggiamente di “aspettare che tutta l’uva sia in cantina”.
La questione che, invece, le sta più a cuore in questo frangente è il contenuto del decreto che impone la nuova riduzione delle rese produttive. A proposito del quale, Tedeschi dice: “Certo, personalmente e come ‘famiglie dell’Amarone’ non possiamo che prendere atto di quanto deciso dalla Giunta regionale. Non possiamo fare diversamente. Ma è bene sottolineare che non è questa la politica giusta da perseguire e permettere alle imprese di operare con lungimiranza sui mercati, domestico e internazionali.
“Il Consorzio – continua Tedeschi – non può occuparsi di politiche commerciali, eppure chiede la riduzione delle rese. Quel che è peggio è che lo fa pensando a interventi di tipo orizzontale che non si possono condividere. In questo modo si finisce per incentivare produzioni meno qualificate e si dà una mano ad aziende che non hanno nemmeno la struttura per vendere. A discapito di produzioni di qualità e di imprese rappresentative che, da tempo, investono tempo e capitali nel creare una propria rete commerciale degna di questo nome.
Piuttosto – conclude il presidente de ‘Le famiglie dell’Amarone’ – ci aspettiamo che il Consorzio provveda a presentare la modifica del disciplinare di produzione e avvii un dialogo costruttivo con tutte le parti interessate. Anche con chi, come noi, ha dimostrato di conoscere bene il mondo del vino e dell’Amarone. Con tutti i ritorni benefici per il territorio”.