Amarone, Brunello …, i grandi vini d’Italia e le “stelle” della discordia

La stelle sono tante, ma quelle riservate ai grandi vini sono solo cinque. La prima e unica stella è per dire di un prodotto da scartare su due piedi. Con due, si dice di un’annata che è meglio declassare. Tre, equivale al minimo sindacale, mentre con quattro si sale al piano superiore, considerato l’anticamera dell’Olimpo.
E sì, perché, in un mondo di wines & strass solo cinque sono le “stelle” che brillano davvero, quelle che fanno parlare, danno notorietà e senso compiuto a chi il grande vino lo ha prodotto. Poi, se le stelle assegnate corrispondano o no al premio che natura ha creato, beh, è tutt’altra faccenda che sta più che altro all’interpretazione soggettiva del degustatore. E se capita che il degustatore risponde al Consorzio di tutela, alla faccia della terzietà e conflitto di interesse, è evidente che c’è qualcosa che non funziona e fa discutere anche qualificati “nasi” di Enotria. E vediamo il perché questo accade.

Uva Corvina di ValpolicellaSi prenda l’Anteprima Amarone 2012, evento celebrato di recente a Verona con decine e decine di campioni in assaggio, ma con esclusione delle “Famiglie dell’Amarone d’Arte” a cui non vengono riconosciuti i meriti di fare parlare l’Amarone nel mondo. Inspiegabile. (A fianco, grappolo di uva Corvina). Ebbene, in quella occasione la commissione giudicante se n’è uscita con un voto di “quattro” stelle, peraltro ufficializzato prima ancora che i “nasi” indipendenti giunti dai due emisferi concludessero le degustazioni alla cieca.

Stelle e tempistica che hanno sorpreso non poco i presenti, tanto che il coordinatore della “Guida Veronelli” Gigi Brozzoni, invitato dal cronista a commentare il verdetto ufficiale, se n’è uscito con un lapidario <non ci siamo!>. E perché mai? <Perché se ben ricordo – risponde – le uve della vendemmia 2012 portate in cantina, per la messa a dimora sui graticci, avevano uno stato di salute non ottimale>.Difetti che l’appassimento, la vinificazione e il lungo affinamento del vino in botte non hanno attenuato, se alla prova palato i vini in rassegna <sono risultati mediamente modesti e, in alcuni casi, persino banali>. E le quattro stelle date dalla giuria? <Beh, a voler essere generoso, mi sarei fermato a tre>, conclude il fine assaggiatore della “Guida Veronelli”. Il quale non è l’unico a pensarla così.
Infatti, anche il direttore della “Guida dell’Espresso”, Enzo Vizzari, rammenta di quell’annata un andamento climatico <fin troppo caldo per la Valpolicella, con i tecnici di cantina che hanno dovuto fare un gran lavoro di cernita dei grappoli e minuziosi dosaggi per poter arrivare ai risultati decenti ma non da enfatizzare di oggi. Tanto più che non ho mai visto un padrone di casa fare autocritica delle proprie scelte, rivelatesi al momento opportuno non corrispondenti alle attese>. Ma logica vuole che anche tra i degustatori indipendenti ci sono diversità di veduta. E non può che essere così. (foto sotto, vigneti a terrazza in Valpolicella)
Valpolicella i terrazzamentiAlessandro Scorsone, sommelier degustatore per la guida “Vini buoni d’Italia” del Tci e volto televisivo a “La prova del cuoco”, dice in proposito: <L’Anteprima Amarone di quest’anno mi ha sorpreso: ho trovato sia vini “storditi”, probabilmente a causa di un imbottigliamento recente, sia di buona fattura e di pronta bevibilità, a conferma di un processo enologico in evoluzione in tutta la Valpolicella. L’esperienza mi dice che l’Amarone “di muscolo” di una volta va scomparendo, sostituito da vini sempre più eleganti e dalle diverse sfumature>.
Un processo evolutivo su cui concorda anche Luca Maroni, anima e gestore dell’“Annuario dei migliori vini italiani”, che però tiene a dire di avere degustato Amarone 2012 di <altissimo livello qualitativo>.Non per questo egli concorda sul modello utilizzato nell’assegnazione delle stelle, considerandolo in linea di principio <un esercizio utile, ma non del tutto trasparente e significativo>. Vale a dire? <Beh, come in tutte le cose – risponde -, anche in questo caso ci vuole chiarezza. Per esempio, vorrei che chi ha il dovere di farlo dicesse senza fraintendimenti se le stelle assegnate certificano la qualità agronomica del frutto e del processo di appassimento o la qualità dei vini imbottigliati. So no infatti convinto che una splendida uva può non automaticamente trasformarsi in un grande vino, mentre una vinificazione integra può esaltare le doti di un frutto di una difficile annata>.
Mastrojanni (Illy) MontalcinoOpinioni, scampoli di discussioni a distanza, pareri più o meno tecnici che comunque raccontano l’affascinante e tutt’altro che univoco universo di Bacco. Una realtà, cioè, fatta di modelli produttivi, sudori e successi, contraddizioni tematiche, cadute e risalite. Come le “stelle” peraltro, che brillano si moltiplicano si spengono e tornano a risplendere, merito anche di chi vendemmia dopo vendemmia punta l’obiettivo sempre più in alto. Accade dappertutto. (foto accanto, paesaggio ilcinese)
Accade anche a Montalcino, il colle più citato d’Italia dalle pendici verdi di vigna e lecci che scendono verso le magiche crete della Val D’Orcia, dove oggi approda la carovana itinerante di degustatori ospiti di Benvenuto Brunello 2016: un evento che chiude la “settimana santa” delle Anteprime Toscane dedicate al Chianti, alla Vernaccia, al Nobile e, appunto, al Brunello.
L’appuntamento è nell’ex seminario rimesso a nuovo di Sant’Agostino, lo stesso luogo di un anno fa quando le stelle ufficiali assegnate all’annata 2014 furono solo tre. Ma potevano essere anche meno, secondo degustatori e persino vignaioli ilcinesi. Per esempio Jacopo Biondi Santi, un nome una storia a Montalcino, il quale non ebbe remore nel declassare la propria produzione. Per non dire dei tanti e qualificati produttori che non mancarono di reclamare una revisione dei tempi e di metodo di assegnare le stelle (si veda articolo del 28 febbraio 2015: “Troppe stelle a Montalcino…”) .
Uva Sangiovese 2No, quest’anno a Benvenuto Brunello si respira tutta un’altra aria, a cominciare dalla duplice presentazione delle annate “cinquestellate” 2010 riserva e 2011. (foto accanto, grappoli di Sangiovese grosso). E poiché nei momenti buoni non ci si può negare nulla, ecco che la commissione d’assaggio di nomina consortile non ha avuto tentennamenti nell’assegnare il massimo punteggio anche all’annata 2015. Il cui vino nessuno si sogna di chiamare ancora Brunello, ma non per questo si rinuncia a farne prevendita come tale. Al che Daniele Cernilli, alias Doctor Wine, fatica a nascondere la propria contrarietà alla pratica di <affidare a una commissione tecnica interna il compito di assegnare voti a un vino che, oltretutto, è “atto a divenire …”>. Come a dire: se non è ancora Brunello, perché promuoverlo con così largo anticipo?
Qualcuno forse dirà, “ma noi le stelle le diamo all’annata, non al vino”. <E no, non giochiamo sui riferimenti – taglia corto Cernilli -. È vero che nella classificazione si parla di voto all’annata, però la pratica realtà ci dice che è al vino che ci si riferisce. Per cui se quel vino ancora in fasce e “atto a divenire … riceve cinque stelle, puoi immaginare i prezzi come si muoveranno. Ma cosa succede quando quel vino, ormai prossimo al consumo, non è all’altezza delle aspettative e v iene declassato? È accaduto anche al Brunello qualcosa di simile. Nessuno ne parla, ma è accaduto di vendemmia definita strepitosa, di prevendite alla grande e di vino che all’assaggio finale è risultato tutt’altro che strepitoso>.
Com’è finita? Ma risposta non c‘è, se non una eloquente alzata di spalle.
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