L’Italia dell’extravergine d’oliva ha finalmente il primo accordo di filiera. Ci sono voluti più di dieci anni di discussioni, sbattimento di porte, riconciliazioni e ancora tira e molla, ma alla fine l’accordo è arrivato. A sottoscriverlo, due giorni fa, un po’ tutte le principali componenti sindacali della produzione, della trasformazione e del commercio di olio d’oliva.
Alla base di tutto, si legge in una nota, c’è l’impegno dei firmatari che quanto definito nel protocollo è volto a dare garanzia su provenienza delle olive, componenti organolettiche dell’olio, correttezza nelle transazioni commerciali, premio alle migliori qualità, rispetto dei tempi di pagamento, stabilità dei prezzi con la costituzione di uno stock “cuscinetto”, promozione all’estero. E molto altro ancora che non fosse già noto, eppure non del tutto rispettato, come si evince dalla recente scoperta in rete di extravergine taroccato.
Nell’accordo non si fa alcun riferimento a questo mendace commercio di olio vergine venduto come extravergine, con taluni produttori e noti marchi finiti sul tavolo degli imputati. A cui spetta l’onere della prova per una loro possibile discolpa.
Certo è che quanto venuto a galla ha provocato un notevole danno d’immagine al settore e smarrimento tra i consumatori, sicché non dovrebbe essere lontano dal vero l’ipotesi che quel modello truffaldino di fare mercato abbia fatto da acceleratore della procedura d’intesa. E quand’anche non sia stato così, valga il fatto che d’ora in poi, in presenza di parametri produttivi e principi metodologici certi, non dovrebbero esserci più scuse su cosa deve contenere una bottiglia di olio extravergine d’oliva.
Ecco, a pensarci bene, questo accordo è, sì, un passo importante volto a dare sicurezza al consumatore, ma potrebbe essere migliorato se, in presenza di sempre possibili truffe, si permettesse il ricorso a Class action contro gli esecutori di eventuali future mascalzonate.
A parte ciò, l’accordo ha sicuramente una valenza storica <che rompe con il passato>, per stare alla definizione di un esponente del mondo della produzione. Il quale, alla luce del nuovo strumento, ora si aspetta di vedere le diverse anime della professione agire unite nella definizione di politiche di rilancio dell’extravergine d’oliva.
Un prodotto, cioè, che è alla base della dieta mediterranea ed è sinonimo di made in Italy. Per non dire della capacità di esprimere valori reddituali stimati intorno a 1.4 miliardi di euro sul campo, e indici di accrescimento fino a 3 miliardi sul mercato finale. Valori espressi sulla base di una produzione stimata per il 2015-2016 in 350mila tonnellate di olio, in aumento del 60% rispetto a 220mila della campagna precedente.
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