“Ci ha lasciato il Re del Blues, ma il #Blues non muore mai“, mi dice al telefono di prima mattina Joe Castellano, dandomi la triste notizia della morte di B.B.King.
Uomo di legge e, per passione, eccellente #bluesman, Joe è fondatore della SuperBand che porta il suo nome, nonché ispiratore del più longevo “Blues & Wine Festival” italiano, avendo cominciato a muovere i primi passi in #Sicilia quando il XX° secolo moriva e il terzo millennio si affacciava con tutti i suoi problemi di sconosciuto.
Conosco Joe da parecchi anni e, insieme, ci capita discutere di come fare (da parte sua) e ascoltare (da parte mia) della buona musica d’estate. Parlando di libri, buon cibo e innalzando calici di vini al cielo. Inevitabile la richiesta di un suo articolo per ricordare anche su “TerraNostra” il grande, il più grande bluesman della storia: B.B.King.
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di Joe Castellano
Oggi è veramente un giorno difficile per il Popolo del Blues e della Musica in generale. Ieri notte se n’è andato quello che era universalmente riconosciuto come l’unico grande Re del Blues, ossia il leggendario B.B.King (foto). Tutti noi, che siamo nati con questa Musica nel cuore e nell’anima, oggi viviamo una giornata di profonda tristezza e sentita riflessione.
Nei giorni scorsi, la scomparsa del Re era stata preceduta dalla sequenziale uscita di scena di alcuni grandissimi “Cavalieri” di questo genere musicale, che negli ultimi 100 anni ha rivoltato tutta la musica moderna. Da poco, infatti, avevamo salutato con altrettanta grande tristezza, artisti anch’essi favolosi, come Joe Cocker prima e Percy Sledge e Ben Earl King dopo.
Con la scomparsa di B.B. King, oltre che uno dei più celebrati e leggendari artisti della Musica mondiale, scompare uno dei più grandi testimonial di quelli che il Blues l’hanno creato e visto nascere nelle piantagioni di cotone e poi trasportato, modificato ed urbanizzato, allorquando si sono spostati a cercare fortuna nelle grandi città americane.
Erano gli anni in cui, in quelle città, nascevano le Radio e B.B.King (all’epoca solo il giovanissimo Riley B. King) si spostava dalla campagna, dove aveva lavorato sodo con tutta la sua famiglia, alla città. A Memphis frequenta la palestra del Gospel, formidabile fucina di tutti i più grandi nomi del Soul e del Blues, e poi con una chitarra che stacca solo poche note intrise di fiumi di sentimenti, riesce assieme ad altri grandi neri che venivano dalle piantagioni a dare voce a queste loro stupende melodie . Le stesse che mescolavano come per magia di uno provetto cuoco la gioia, la disperazione e la frustrazione dei milioni di quelli che, solo pochi anni prima, erano i neri fuggiti dalla madre terra d’Africa.
In una Radio di Memphis, il giovane Riley organizza il suo programma e adotta il nome d’arte di Beale Street Boy, prima e di Blues Boy King, dopo. Prima alcune migliaia, poi centinaia di migliaia, quindi milioni di ascoltatori restano letteralemente ipnotizzati dalle sue struggenti melodie. Era nato e si affermava definitivamente il Blues e la leggenda di B.B. King.
Dai primi anni ’50 fu un crescere continuo di successi, di dischi, di incisioni, di collaborazioni e di leggendari concerti. B.B. assieme ad altri epici personaggi, come Ray Charles, Wilson Pickett, Bobby Blue Bland o Aretha Franklin (solo per dirne alcuni…), impongono il Blues e il Soul come “ceppo base” da cui far partire tutta la musica moderna.
Innumerevoli gli aneddoti che hanno coltivato la sua leggenda. Uno che mi piace ricordare e quello che ha a che vedere con la sua inseparabile chitarra “Lucille”, salvata da un incendio scatenato da appassionati contendenti che se le davano di santa ragione, pur di accaparrarsi le grazie dell’”avvenente” Lucille, appunto. Per il resto, una vita di brani di sconfinata poesia e qualità artistica. Brani indimenticabili, entrati nel cuore e nell’anima di milioni e milioni di cittadini di tutto il mondo.
B.B.King, che non si è mai separato dalla sua fedele “Lucille”, ha continuato a suonaro fino all’altro ieri e gli bastavano, come sempre, poche note: sufficienti per arrivare al cuore degli ascoltatori. Egli non era un virtuoso e non voleva esserlo. Il Blues è un discorso diretto, sanguigno che non ha bisogno di fronzoli, di acrobazie sulle scale (musicali) o di barocchismi, come magari altri generi musicali. Il suo obiettivo era far arrivare il Blues in ogni angolo della terra, emozionando l’ascoltatore con le canzoni e l’inconfondibile e graffiante shouting, tipico della migliore tradizione nera del #Gospel.
I ricordi di alcuni suoi concerti, anche in Italia (a Orvieto e Torino), li conservo incancellabili e restano tra i più emozionanti della mia vita musicale. L’avere suonato poi con alcuni dei suoi storici musicisti, tra cui cito per tutti il suo grande e fedelissimo batterista Tony Coleman (ospite in due edizioni del Blues & Wine Soul Festival), rimane per me sempre motivo di grandissima soddisfazione e di spirituale vicinanza al Re del Blues. Nel mio secondo CD del 2003, gli dedicai la mia versione della sua splendida “The thrilling is gone”, cantata dal caro amico Roy Roberts.
Il Re oggi ha lasciato questa Terra, ma ha lasciato anche un’immensa eredità che bisogna saper curare e tenere viva, prima che il tempo inesorabile porti via anch’essa. Quest’eredità è il BLUES … ed è un’eredità sconfinata. Posso solo dire che la Joe Castellano SuperBand e il Blues & Wine Soul Festival, finchè ne avranno la forza, cercheranno di essere degni consegnatari di questa eredità e di trasmetterla alle nuove generazioni. Perché il Blues non ha tempo, perché il Blues non muore mai (nella foto accanto, Joe Castellano in concerto).
Con affetto per la figlia e amica Shirley King, per tutta la Famiglia King e per tutto il Popolo del Blues.
Dr. Joe Castellano