Le inchieste di “TerraNostra”: Expo2015
Pronti? Via. Ed è subito boom di pubblico per Expo Milano 2015. E non importa se il taglio del nastro in pochi, dei 200mila visitatori dei primo giorno di esposizione, lo hanno potuto osservare con i propri occhi.
Molto meglio s’è visto stando seduti in poltrona davanti alla Tv. Che ha pure offerto in tempo reale e mondovisione lo scempio arrecato alla città di Sant’Ambrogio, da quelli che il premier Renzi ha subito definito “teppistelli, figli di papà”. Troppo generìco e limitativo per giovani contestatori ben organizzati, che però sprecano energie seguendo non si sa quali progetti, ma assecondando modelli di vita senza ragionevole futuro. Se non quelli della violenza fine a sè stessa.
Ma restiamo a Expo. Per dire che una cosa è vedere via etere ciò che sta accadendo fuori dalle mura di casa, e altra cosa è essere all’interno del grande recinto espositivo, dove ingegnose costruzioni che mai diventeranno abitazioni contengono idee ed esprimono progetti dedicati a Cerere, al cibo, alla storia dell’alimentazione, ai costumi e agli #sprechidellatavola.
Sprechi che sempre più invadono le discariche di mezzo mondo e su cui il visitatore, volendo, ha modo di riflettere avventurandosi nel Padiglione Zero, una sorta di anticamera di Expo2015. Per cui attraverso un percorso dantesco, tra statue, mobilio scolpito e cassetti della memoria, ovvero tra anime bianche di quadrupedi, pesci volanti (foto) e vegetali virtuali mi par di essere nel mezzo della storia arcaica dell’umanità. Una storia che si evolve nel tempo e parla di agricoltura, industria e commerci, per finire tra montagne di rifiuti, salvo poi guadagnare l’uscita e, indenne, tornare a vedere ciò che “… move il sole e l’altre stelle”.
Un richiamo al sublime che si confà con due altri padiglioni posti nelle immediate vicinanza. Il primo è il sito a mo’ di tempio del martoriato Nepal, il cui completamente è affidato a mani di esperti operai italiani. Il successivo è quello della Veneranda Fabbrica del Duomo, che in cima a una lunga scalinata riproduce a grandezza naturale una copia della Madonnina (dono della Fonderia Nolana Del Giudice, di Nola, provincia di Napoli), poiché, quella vera, che dal 1774 protegge i milanesi, è inamovibile dall’alto dei 108,5 metri della guglia centrale del Duomo.
“Nutrire il pianeta, energia per la vita”, recita il messaggio di #Expo2015. Un messaggio nobile e di grande impatto, specie in questa epoca di grandi sconvolgimenti geopolitici, soprusi, genocidi e esodo forzato dai propri territori di popolazioni che cercano rifugio altrove.
Ora, non sarà l’Esposizione universale appena inaugurata ad assicurare materialmente un piatto di minestra a tutti, soprattutto a quanti, miliardi di individui, sono malnutriti o, peggio ancora, non hanno di che sfamarsi. Però qualcosa che vi si avvicini a questo obiettivo lo offre, eccome.
Expo2015 è, sì, un grande evento aperto al mondo intero che ha comportato investimenti impressionanti (e per questo stimolato appetiti grossi e truffaldini). Ma al di là della valenza espositiva, il cui primo impatto avviene con le suggestive costruzioni, vere e proprie opere d’arte che si affacciano sulle vie del Decumano (foto a sx) e del Cardo (a fine Esposizione verranno smontate e molte di esse trasferite nei paesi di appartenenza), l’evento lungo sei mesi va ben oltre il messaggio figurativo.
Infatti, ciascun dei paesi espositori (sono 54 quelli che hanno realizzato un proprio spazio espositivo, mentre gli altri 90 condividono i “cluster” a tema) racconta come rituene opportuno la storia del cibo, delle proprie tradizioni alimentari e, per di più, cerca di dare risposte al quesito che l’Italia ha virtualmente posto loro, invitandoli a suggerire idee e proporre modelli di agricoltura accessibile, giusta, sostenibile.
Vale a dire gli stessi principi condensati nella “Carta di Milano” presentata il 28 aprile a Milano (si veda “T erraNostra” della stessa data) che al di là della ridondanza dei buoni propositi, ha il merito di mettere nero su bianco la volontà propositiva dei firmatari e dei paesi sottoscrittori che dichiarano di volersi adoperare per un mondo più libero, più giusto e più sano.
Propositi e dichiarazioni che solitamente restano nel cassetto per tempi migliori, come insegna la ricca storia delle buone intenzioni. Ma come si fa a non dare credito alle speranze?
Per questo è mia intenzione continuare questa visita vlta a raccogliere ulteriori informazioni e raccontare cosa, come e quanto alcuni protagonisti di questo Expo2015 intendano davvero fare, o fanno, per un sistema di filiera agricolo e industriale più libero, più giusto, più sano.
(c-riproduzione riservata)
basile.nicola@libero.it