L’agromafia non conosce povertà. Più il sistema Paese paga i costi della crisi economica e più il malaffare nella filiera agroalimentare ci sguazza, mettendo fuori mercato i prodotti di piccole, medie e grandi imprese che operano alla luce del sole.
Il volume d’affari di questa attività illegale in due soli anni, tra il 2011 e il 2013, è cresciuto nella sola Italia del 12%, toccando i 14 miliardi di euro. Una cifra di per sé da record che va a sommarsi ai 60-65 miliardi generati dai falsi prodotti alimentari made in Italy immessi nel circuito dei mercati internazionali (nella foto alcuni vini falsi). È davvero impressionante il quadro che emerge dal rapporto sui “crimini agroalimentari” di Eurispes presentato al “forum” di Coldiretti che chiude oggi a Cernobbio e che ha visto la partecipazione del magistrato Donato Ceglie e dei responsabili dei corpi speciali delle forze dell’ordine impegnate a combattere tale delitto: Arturo De Felice della Dia, Tullio Del Sette dell’Arma dei Carabinieri, Fausto Martinelli del Corpo Forestale e Giorgio Foschi della Guardia di Finanza.
L’agricoltura e l’alimentare – è stato detto – sono considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone in termini economici e salutistici. In questa opera di infiltrazione, le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale. <Per questo le mafie – sottolineano Coldiretti/Eurispes – hanno già imposto il proprio controllo sulla produzione e la distribuzione di molti generi alimentari di base, contando su una facile disponibilità di capitali e la possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni e ai controlli. E con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente>
Secondo stime di Coldiretti/Eurispes si ritiene che nella Penisola <siano almeno 5mila i locali bar, pizzerie e ristoranti controllati dalla criminalità organizzata e intestati a prestanome. Questi esercizi non garantiscono solo profitti diretti, ma vengono utilizzati anche come copertura per riciclare denaro sporco>. Una realtà davvero preoccupante, poiché il fatturato realizzato dalle attività agricole illecite vale, secondo la Dia, il 15% del totale sistema, mentre l’Osservatorio Flai Cgil denuncia che su 1.558 aziende confiscate alle mafie oltre 90 siano attive in ambito agricolo e dei 10.563 beni confiscati, 2.500 sono terreni con destinazione agricola.