Le inchieste di “TerraNostra”
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Per secoli l’Italia è stato il principale produttore di olio di oliva del mondo. Poi negli anni 80-90 del secolo scorso lo scettro è scivolato nelle mani della Spagna, che ha saputo attuare un importante piano olivicolo, sfruttando al meglio le opportunità della politica agricola dell’Unione europea. L’Italia è però rimasta leader indiscusso nell’offerta di oli extravergini di pregio, motivo per cui capitali internazionali hanno cercato in tutti i modi di impossessarsi di marchi che hanno fatto la storia dell’olio made in Italy. Una strategia che negli anni si è affievolita, ma non del tutto bloccata, come ricorda il recente passaggio di Berio e Sagra a investitori cinesi.
Ma non è solo di acquisizioni e vendita di brand storici che qui voglio parlare, quanto dell’azione di riscossa che una singola realtà territoriale sta attuando per ridare lustro alla produzione di olio extravergine da olive Coratina, che trova nell’agro di Andria, in Puglia, la massima espressione quantitativa e qualitativa (foto in alto, tipico albero in contrada Madonna del Petto). Infatti, la città del federiciano Castello del Monte è – come racconto più sotto – la capitale dell’extravergine d’oliva, prodotto di punta tra le eccellenze della filiera agroalimentare nazionale.
Chi scrive è figlio di questa terra, ma non per questo vi aggiunge valore a un primato che è del tutto congenito alla coltura e cultura olivicola territoriale. Coltura che proprio in questa annata 2014-15, complessivamente avara e problematica a livello mondiale, è stata miracolosamente generosa per il Terra di Bari Dop e, in particolare, per quello della sottozona Castel del Monte (nella foto, l’Ottagono fatto costruire dall’imperatore Federico II di Svevia). Un primato universalmente riconosciuto – lo sanno troppo bene gli olivicoltori di quei territori sfortunatamente colpiti da attacchi da mosca olearia – ma non del tutto compreso da cuochi e consumatori, spesso ancora carenti nell’uso di un condimento che ben esalta la tavola made in Italy, nella formula tipica e innovativa.
E questo perché, come accade per molti altri prodotti, anche l’extravergine d’oliva non sfugge all’azione prevaricatrice dei luoghi comuni. Sicché basti dire “a” e subito uno pensa di potere associare il tale olio a qualcosa di medicamentoso e utile alla salute. Quando invece sarebbe il caso di spiegare che c’è olio e olio. Per cui se è vero che non si deve fare di tutta l’erba un fascio, e non è saggio confondere il grano con loglio, è altrettanto vero e giusto osservare che di extravergine ce n’è a sufficienza e non è il caso che ne vengano “inventati” altri in modo truffaldino.
Sì, ce n’è a sufficienza di oli e ognuno di essi ben si adatta a un certo tipo di pietanza. Il che costituisce un vantaggio reale, frutto della grande biodiversità territoriale e disponibilità di cultivar che la Penisola vanta in fatto di extravergini, stimati in oltre 450 a fronte di appena una decina della pur forte penisola Iberica.
Sì, c’è olio e olio, viene da dire. Lo dimostra ciò di cui è capace il prodotto ottenuto da olive della specie Coratina, altrimenti detto “fruttato di Andria” per l’accentuato gusto di erbaceo, misto a nobili note di amaro e sfumature di piccante funzionali nella preparazione delle pietanze (foto, Orecchiette, cime di rapa e vongole del ristorante Alice di Milano) . E che dire della presenza di veri e propri presidi medici come perossidi, antiossidanti e proprietà fenoliche benefiche alla salute, come ha osservato uno scienziato della materia, qual è Maurizio Servili, responsabile del Dipartimento Scienze Alimentari dell’Università di Perugia, intervenuto l’altro ieri a Milano alla presentazione di un programma di eventi che la città Andria ha pianificato a sostegno di “Sua Maestà la Coratina”. Si tratta del titolo di tre giornate di studio e appuntamenti gastronomici in calendario nella città pugliese tra oggi, domani e il 27 febbraio, volti a esaltare qualità, utilizzo e immagine del “fruttato di Andria” che l’oliandolo Luigi Caricato ha definito “un carattere distintivo di genuinità e autenticità”.
L’incontro milanese, a cui hanno partecipato il sindaco e l’assessore alle Attività produttive della città pugliese, rispettivamente Nicola Giorgino e Benedetto Miscioscia, si è rivelato un test di superba interpretazione di cibi realizzati dalla valente cuoca Viviana del ristorante stellato “Alice”, all’interno di Eataly Smeraldo, con la consulenza di Pietro Zito del ristorante “Antichi sapori” di Montegrosso di Andria, un tempio dove tipicità e tradizione culinaria pugliese trovano l’espressione massima. Cosa che ritengo verrà facilmente riprodotta nel corso delle tre giornate andriesi, nonché in occasione di “Qoco”, l’appuntamento che da tre lustri fa incontrare a Castel del Monte grandi nomi della cucina internazionale che si cimentano nella elaborazione di piatti innovativi, aventi tra gli ingredienti di base l’olio extravergine da olive Coratina.
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Andria, capitale dell’extravergine
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L’ultimo censimento agricolo ha contato in Puglia oltre 50 milioni di ulivi. Con una produzione media annuale di 180mila tonnellate, la Puglia da sola garantisce pressappoco il 40% dell’olio di oliva prodotto in Italia, con l’extravergine “fruttato di Andria” che da solo vale tanto quanto la produzione dell’intera Toscana.
Epicentro di questa realtà è appunto Andria, quarta città pugliese per popolazione (oltre 100mila), sedicesima per superficie a livello nazionale e, da una manciata di anni, sede della provincia Bat, crasi di Barletta-Andria-Trani, in sigla Bt. Politicamente la giunta in carica di centro-destra è guidata dal sindaco Nicola Giorgino.
L’economia Andriese è a prevalenza agricola e, oltre all’olio, vi è una fiorente coltura orticola, ma ben più famosi sono la “burrata di Andria”, per la quale è in corso la procedura per il riconoscimento dell’Igp, i confetti “tenerelli” a base di cioccolato, nonché i vini Castel del Monte Doc e “Nero di Troia”. Tra le altre attività, spiccano l’estrazione del “marmo di Trani” e materia prima per la lavorazione del “cemento di Barletta”. Molto diffusa è la lavorano di tessuti per camiceria e abbigliamento di intimo. Ma è l’olivo e l’olio a marcare la differenza.
Si calcola che Andria abbia 14.500 ettari di uliveti in produzione (+10% rispetto al 2000) suddivisi tra 6.400 aziende olivicole. Di queste poco meno della metà non arrivano a un ettaro, che salgono al 60% se si considerano le aziende fino a due ettari. All’opposto, troviamo una ventina di aziende con più di 100 ettari ciascuna, seguite da un altro centinaio di tenute tra 20 a 99 ettari e altre 250 con superfici olivetate tra 10 e 20 ettari. A queste vanno sommate 50 aziende specializzate nella produzione di olive da tavola del tipo “Sant’Agostino”, “lunga dolce” e “tonda nera”.
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