Giovedì prossimo a Parigi l’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin (Oiv) farà il punto sulla vendemmia 2014. L’appuntamento, ancorché rituale, ha una valenza più importante del solito, poiché servirà a fare conoscere lo stato dell’arte a livello globale, dopo un’estate anomala e piovigginosa in molte parti dell’emisfero settentrionale. Un fenomeno che ha interessato buona parte della Penisola italiana, sferzata da piogge persistenti per diverse settimane di luglio e agosto, con conseguenze nefaste sullo stato vegetativo delle viti e, dunque, penalizzando rese produttive e valori qualitativi delle uve.
L’ultima rilevazione dell’Osservatorio Ismea-Uiv parla di una Italia con non più di 42 milioni di ettolitri di vino, in calo del 15% rispetto al 2013. Se questa stima venisse confermata, farebbe della vendemmia 2014 la più scarsa dal secondo dopoguerra a oggi. Bisognerebbe infatti tornare indietro di 66 anni per trovare un’annata quantitativamente più modesta di oggi: nel 1948 l’asticella sfiorò a malapena i 36 milioni di ettolitri. Solo che allora il consumo domestico di vino si attestava intorno a 130 litri pro-capite e l’export (pressoché tutto sfuso) arrancava sotto le due cifre, mentre oggi la domanda interna sta sotto i 40 litri e l’export vola oltre il 50% del totale vino prodotto.
Questo spiega l’attenzione con cui gli operatori attendono i dati dell’Oiv, che potrebbero riservare non poche sorprese. Una, per esempio, potrebbe riguardare la Spagna, la cui vendemmia è indicata in linea con i dati raggiunti nel 2013. Questo significa che con 44-46 milioni di ettolitri Madrid potrebbe puntare alla posizione di vertice dei maggiori paesi produttori, spodestando per la prima volta nella storia enologica mondiale, l’Italia e, forse, anche la Francia. Una rivoluzione a tutto tondo. Lo sapremo giovedì.
La vendemmia in Italia
Per l’Italia non è solo una questione di ettolitri e primati a rischio. A creare ambasce è l’incognita relativa alla qualità delle produzioni stesse. Un enigma che ha arrovellato i pensieri di tanti vignaioli per tutto il periodo estivo, quando piogge e grandine hanno avuto la meglio sul caldo, causando talvolta vere e proprie tragedie da Nord a Sud. Quello stesso Mezzogiorno che, insieme al Centro, ha però goduto di migliori opportunità meteo, mentre al Nord s’è dovuto fortunatamente attendere il bel tempo di settembre e ottobre, per portare in cantina uva ben cernita in vigna e in quantità più modeste del solito.
Pio Boffa, titolare della Pio Cesare di Alba, dichiara comunque di sentirsi <moderatamente soddisfatto> per come si è conclusa la sua vendemmia. <Parlare di estate umida è poco, ma non ci siamo lasciati sopraffare dallo sconforto>. E spiega perché: <Per fare buoni vini, è buona norma ridurre le rese in vigna. È una pratica che nella nostra azienda facciamo da sempre; quest’anno poi l’abbiamo fatta non una, ma due volte>. Si tratta ovviamente di interventi costosi ma che, in frangenti <così difficili come quelli che abbiamo vissuto, vanno fatti con convinzione e, soprattutto, con tempestività>. Una valutazione che trova il concorso di altri produttori di Langa, come Gianni Voerzio e Aldo Vajra.
A dirla tutta, la selezione delle uve in vigna è stato il mantra che ha accomunato un po’ tutti i vignaioli illuminati del Belpaese. A cominciare da casa Ferrari spumante, in Trentino (foto sopra: tipici vigneti a Pergola), il cui presidente Matteo Lunelli non ha remore nel definire la vendemmia appena terminata <la più difficile degli ultimi decenni, che ci ha indotto ad alzare il livello di attenzione sulle uve raccolte e avviate in cantina>. Che tipo di interventi siano stati fatti li ragguaglia l’enologo Christian Scrinzi, responsabile della produzione del Gruppo italiano vini (Giv) con interessi un po’ in tutta la Penisola. <Nel Collio – spiega Scrinzi – la forte criticità del meteo ha disturbato la maturazione dell’uva ma, allo stesso tempo, ne ha accentuato l’acidità. Questa combinazione ha penalizzato il grado alcolico, ma ha accentuato profumi e aroma del vino>. Della serie “non tutto vien per nuocere”.
Come non ha per nulla nuociuto il sole di settembre e di ottobre in Valtellina, in Oltrepo e, in particolare, in Valpolicella, dove i grandi nomi dei vini veronesi si sono divisi in due scuole di pensiero: quella di Bertani e Dal Forno, che ritengono sia <un azzardo> produrre Amarone 2014 e quella capeggiata da Allegrini, Masi, Zenato … che, invece, lo ritengono possibile. <È possibile in quanto – spiega Marilisa Allegrini, presidente delle “Famiglie storiche dell’Amarone” – a determinare in maniera decisiva l’andamento della vendemmia è l’ultimo mese, ritenuto risolutivo per ciò che riguarda la maturazione dell’uva priva di muffe da mettere sui graticci>.
Dal Nord al Centro il passo è breve, ma anche una breve distanza territoriale fa la differenza. Nel senso che è bastato essere fuori anche di poco dalle zone colpite dalle anomalie del meteo, per salvare un’annata che poteva anche andare peggio. Di questo avviso si dice la romagnola verace Gabriella Pezzi di Fattoria Paradiso di Bertinoro (foto accanto), che commenta: <Le piogge estive ci hanno preoccupato e dato non poco filo da torcere: s’è dovuto ricorrere a trattamenti specifici contro l’umidità e a defogliazione per migliorare la ventilazione in vigna. È grazie a questi interventi che siamo riusciti a prevenire il diffondersi di muffe, e avere in cantina mosti che ci rincuorano per la loro buona levatura qualitativa>.
Una vendemmia anomala, dunque. E anche “nordica”, come la definisce elegantemente Niccolò D’Afflitto, enologo del gruppo fiorentino Marchesi de’ Frescobaldi (nella foto il presidente del gruppo, Lamberto Frescobaldi). Anomala, perché <la vendemmia 2014 verrà ricordata come una delle più difficili di sempre>; nordica, perché <siamo di fronte a vini riccamente profumati e dotati di grande equilibrio, come spesso avviene nei vini nordici>. Un refrain che si avverte anche nel commento di Donatella Cinelli Colombini della Fattoria del Colle di Trequanda, che si fa testimone di un fatto (<Quest’anno non faremo riserva>) e, al tempo, vaticina un <vino meno potente del solito, ma di gran lunga più elegante e fine>.
Le “riserve” invece le faranno a Lamole di Lamole, in Chianti classico. Di questo è certo Andrea Daldin, enologo dell’azienda di proprietà del gruppo veneto Santa Margherita. Una sicurezza la sua che ha radici nel buon esito della vendemmia <favorita dal posizionamento e dall’altitudine dei vigneti di Lamole, tra i 250 e i 600 metri, che hanno evitato il rischio di umidità e favorito un normale processo vegetativo dell’uva>.
Anche il marchigiano Massimo Bernetti della Umani Ronchi si colloca tra i soddisfatti per il risultato ottenuto, tanto da definire <più che buona la qualità del Verdicchio 2014>. Grado di giudizio che sentiamo ripetere da Marco Caprai dell’omonima azienda umbra, a proposito dei vini di Montefalco e che, ancora l’enologo Scrinzi del Giv, estende all’Orvieto e ai Merlot di casa Bigi, in Umbria. Non la stessa cosa si può dire del Frascati, il classico vino dei Castelli romani, <che ha accusato problemi di origine fitosanitari più accentuati>. Si tratta di una enclave all’interno di un Centro-Sud dove, come già detto, ha prevalso un livello qualitativo collocabile nella fascia medio alta.
Di questo ne sono più che convinti i pugliesi Francesco Liantonio di Tenuta Torrevento, Onofrio Spagnoletti Zeuli e Carlo de Corato di Tenuta Rivera, tutti in area Castel del Monte Doc, i cui pareri collimano nel definire “superbi” il Bombino e il Nero di Troia 2014. Non meno elogio va al Primitivo vendemmiato prima delle piogge, che pure ci sono state in Puglia. Alla stessa stregua di quanto accaduto all’Aglianico e al Fiano della vicina Basilicata e della Campania, per i quali prevalgono commenti tutto sommato positivi.
E valori di eccellenza vengono assegnati ai vini della ventosa Sardegna, dove l’azione di Eolo ha prevalso sulla forza distruttrice della pioggia, e della Sicilia, dove il meteo ha regalato un’estate non caldissima, ma nemmeno tanto umida. Per questo Giuseppe Tasca della vitivinicola Tasca d’Almerita dichiara di sentirsi “soddisfatto e di buon umore”, per avere prodotto vini <straordinari per qualità>, seppure quantitativamente <ci siamo dovuti accontentare di un 15-20% in meno rispetto all’anno passato>.
Considerazioni qualitative condivise da Antonio Rallo (foto accanto) di Donnafugata, la cui vendemmia ancorché durata una cinquantina di giorni (dal 10 agosto, con il tradizionale taglio in “notturna” delle uve Chardonnay, a fine settembre) ha dato <uve generalmente eccellenti, con i bianchi ricchi di profumi e i rossi ben strutturati, interessanti per lunghi affinamenti>.
Profumi e richiami ai sapori della terra che i bravi vignaioli sanno esaltare. Come quelli che Claudia Ferraresi (nella foto con Lucio Caputo, a sx, e il bluesman Joe Castellano, questa estate in Sicilia) ha sempre messo nelle bottiglie dei suoi vini di Langa prodotti da Rocche di Costamagna, in quel di La Morra, e che ha impresso sulla tela che lei tanto amava. Profumi e sapori che Claudia ha fatto in tempo ad assaporare anche quest’anno, prima di volgere lo sguardo altrove … Dove, son certo, il vino c’è ed è buono e profumato.
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