Una ricchezza di 575 miliardi di euro. A tanto ammonterebbe, secondo un recente studio di Coldiretti, il valore della produzione dell’intera filiera agroalimentare italiana nel 2021, aumentata del 7% in rapporto all’anno prima.
Numeri di tutto rispetto e prossimi alla barriera psicologica di un quarto del Pil nazionale, quelli snocciolati dalla confederazione sindacale agricola al Salone alimentare Cibus di Parma. Numeri che tengono conto di un complesso di attività ta loro fortemente interdipendenti che, dal campo alla tavola, coinvolge 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, 330mila unità di ristorazione, 230mila punti vendita al dettaglio. Per una forza lavoro complessiva di oltre 4 milioni di addetti.
Una realtà produttiva straordinaria, dunque, che negli ultimi due anni ha saputo affrontare e superare le angherie causate dalla pandemia sanitaria da Covid-19, ma che ora si trova a dover fare i conti con il male terribile della guerra: quella non dichiarata della Russia che dal 24 febbraio sorso sta mettendo a ferro e a fuoco la Repubblica sovrana di Ucraina.
Gli effetti tragici per le popolazioni coinvolte e devastanti nei rapporti economici e sociali per l’Europa sono sotto gli occhi di tutti. A cominciare dall’Italia, che di suo sconta problematiche dovute alle ben note carenze di materie prime energetiche e, strano a dirsi, anche di particolari forniture agricole.
Ed è proprio in tema di agricoltura che la confederazione presieduta da Ettore Prandini (nella foto) ha lanciato l’allarme sui costi di produzione aumentati a dismisura e che rischiano di mettere fuori mercato non poche aziende agricole. Almeno una su dieci (l’11% di esse) rischia di chiudere definitivamente, mentre un altro terzo opera già in condizioni di reddito negativo.
A sostegno di ciò, Coldiretti porta a esempio alcune voci di prodotti che annoverano prezzi in aumento del 90% (i mangimi), del 129% (il gasolio) e persino del 170 per cento per quanto riguarda i concimi. Per non parlare di tutta la lunga serie di rincari che hanno fatto lievitare i costi correnti medi per singola impresa di oltre 15.700 euro e punte di 47mila euro per stalle da latte e 99mila euro nel caso di allevamenti di pollame.
Di qui la proposta di Prandini di un patto di “responsabilità” che coinvolga l’intera filiera alimentare “con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione volti a garantire una più equa ripartizione del valore prodotto, anche combattendo le pratiche sleali”. E, va da sé, arginando gli accaparramenti e le speculazioni che in questi frangenti sono all’ordine del giorno.
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