Per molti la 50/a edizione di VinItaly ha risposto alle attese. Grande affluenza di visitatori da ogni latitudine, branchi caciarosi ridotti al lumicino e buyer di ogni razza accolti con gran sorrisi da vignaioli reduci da un 2015 con i conti chiusi meglio del previsto. Logica conseguenza della crescita dei valori all’export e della migliorata domanda domestica: una combinazione che non si verificava da un bel po’ di tempo a questa parte.
Certo, non sono mancate zone d’ombra, ma a pesare di più in quanto a critiche e stato il sistema logistico di avvicinamento all’area espositivo, essenzialmente nelle ore di punta di apertura e chiusura. Un problema che è annoso e fa a pugni con una realtà come Veronafiere così fortemente proiettata verso il futuro. Che però rischia di pagare pegno fintanto che la rete viaria interessata resterà la stessa del secolo passato.
Tuttavia sarebbe ingeneroso non riconoscere che è bastato raddoppiare il numero delle corse dei mezzi pubblici e cambiare il percorso di alcuni Bus, com’è stato fatto quest’anno, per migliorare il collegamento “centro città-fiera” e viceversa. Una piccola cosa, che è sempre meglio di niente. Ma non sufficiente.
Nuovi orizzonti e competenze a portata di mano
Con questa cronaca però intendo occuparmi di altro. Raccontare, cioè, di nuovi postulati che con il Salone internazionale del vino, e a mio modesto parere, non solo ben si conciliano, ma ne ampliano le referenze. Mi riferisco alle opportunità che, nella fattispecie, VinItaly riesce ad alimentare allargando la sfera delle proprie competenza alla cultura del territorio. Facendolo peraltro con assoluta naturalità, come si è ben potuto vedere in questa edizione del cinquantenario.
Opportunità che qui riprendo, limitandomi a tre soli casi tra quelli dello stesso genere che mi sono parsi tra i più seguiti nelle giornate di VinItaly. Vale a dire la candidatura delle “Colline del Prosecco” a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco; la presentazione dell’App Via Emilia Wine& Food, una sorta di “dispensa” che esalta i luoghi dell’anima, dell’arte e del tempo libero abbinati alle prelibatezze della tavola regionale; la decisione dei consorzi Vini Doc Castel del Monte e Olio extravergine d’oliva Doc Terra di Bari di unire le proprie energie per dare vita a un “modello pilota di promozione” integrata del proprio territorio.
Tre iniziative una diversa dall’altra, ma sostenute con intento e spirito unitari. Vediamole, seppure sinteticamente, nella loro specificità.
Colline del Prosecco e Patrimonio dell’Umanità
Nell’annunciare la candidatura delle Colline del Prosecco a Patrimonio dell’Umanità, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, ha detto che “con la partita Unesco si compete al massimo livello mondiale …, (cosa che si fa) proponendo un sito unico che valorizzi non solo la sua straordinaria qualità produttiva vitivinicola, ma anche un ambiente di pregio trattato come tale dai viticoltori …, (di) quando agricoltori ‘eroici’ si spezzarono la schiena estirpando con l’uso di sole mani e zappe rovi e sterpaglie, piantandovi meravigliose vigne”.
La proposta, che è in procinto di essere inoltrata all’organismo internazionale e che ha l’avallo del ministero delle Politiche agricole e dello stesso Governo, arriva dopo 51 riconoscimenti Unesco che fanno dell’Italia il paese più titolato in assoluto di siti Patrimonio dell’Umanità, a cominciare dai Rupestri della Val Camonina, nel 1979, fino alle Colline di Langhe-Roero-Monferrato, nel 2014.
Il territorio oggetto di questa candidatura copre un’area che a grandi linee è compresa nel triangolo Valdobbiadene-Conegliano-Vittorio Veneto, in provincia di Treviso. Si tratta della stessa zona dove 3.300 viticoltori, 445 vinificatori, 180 aziende di spumante e 5.500 addetti sono impegnati a produrre il famoso Prosecco a denominazione di origine controllata e garantita (Docg). Un vino ottenuto da vigne di Glera che si arrampicano letteralmente sui fianchi delle colline, svolgendo così una funzione di salvaguardia del terreno che, se lasciato incolto, subirebbe il degrado dovuto a smottamenti e frane.
Il risultato di questo impegno sta nell’affermazione del Prosecco in Italia e su molti mercati internazionali. Un successo che è merito della bontà e delicatezza del prodotto stesso sia come spumante che vino appena mosso, ma anche della lungimiranza, e astuzia, di quanti anni fa, guidati dall’allora ministro dell’Agricoltura Zaia, hanno messo le basi per l’allargamento dell’area di coltivazione di Glera.
Operazione che ha permesso di avere una più ampia disponibilità di superfici vitate a Glera, talché oggi è possibile produrre 300 e forse anche 400 milioni di bottiglie di Prosecco, tra Docg e Doc, di cui 100 milioni esportate in mezzo mondo.
Dunque, nessun dubbio sulla valenza della candidatura delle Colline a Patrimonio dell’Umanità, poiché in questo modo si andrebbe ad aggiunge prestigio a prestigio di quel territorio e mettere la denominazione Prosecco al riparo dalle innumerevoli imitazioni che si susseguono in giro per il mondo.
L’App della Via Emilia wine&food
Tutti sanno che la food valley non sta in America, come qualcuno vorrebbe che fosse. Sta invece lungo l’antico asse della Via Emilia (II° secolo a.C.) con epicentro Parma, da sempre terra di formaggi, carni e prosciutti, come pure di vini spumeggianti e rossi di gran corpo, nonché piatti prelibati di una cucina tipica e diversificata.
In realtà è tutta l’Emilia Romagna, da Piacenza a Rimini, dal mare ai contrafforti dell’Appennino confinante con la Toscana, a essere una tavola di eccellenze. Basti dire dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena, del Culatello di Zibello, dei Salumi piacentini, della Piadina che cambia di spessore a mano a mano che si sale o si scende lungo la costa romagnola; come pure dello Squacquerone, della Mortadella di Bologna, del Parmigiano reggiano, del Grana Padano …
Una lista incompleta di prodotti tipici fatta di 19 Dop, 24 Igp e 21vini tra Doc e Docg che compongono un paniere di beni materiali capace di sviluppare, insieme al turismo, affari stimati intorno a 75 miliardi di euro. Cifra di per sé elevata e soggetta a ulteriore crescita, merito anche delle nuove applicazioni web.
L’ultimo investimento a cui l’amministrazione locale ha dedicato risorse e tempo è stata l’elaborazione di un’App scaricabile gratuitamente da Ios e Google play denominata “Via Emilia wine&food”. Essa contiene in un unico documento ogni tipo di informazione sull’Emilia Romagna: la storia e quella dei suoi territori, ogni tipo di eventi e ricorrenze, descrizione di specialità culinarie e i siti dove è possibile acquistare prodotti tipici, le chiese, i monumenti, le balere, i siti museali e notizie di pubblica utilità.
Insomma, “un’offerta a 360 gradi che – a detta dell’assessore all’Agricoltura Simona Caselli – permette di scoprire i tanti punti di forza di una Regione straordinaria».
Il VinOlio di Castel del Monte
Per raggiungere il maggior numero di ascolti s’è scelto di presentare il progetto “VinOlio di Qualità” al VinItaly dei cinquant’anni. Una scelta che ha pagato, poiché in questo mondo il parterre di ascolto si è rivelato ampio e multilingue.
Artefici dell’iniziativa sono stati i consorzi di tutela Vini Doc Castel del Monte (15 cantine, 800 viticoltori e 1.300 ettari di vigna disponibile) e il suo vicino dell’Olio extravergine di oliva Dop Terra di Bari (2.100 associati tra olivicoltori con 15.830 ettari di uliveto, frantoiani e imbottigliatori) che, così facendo, puntano a valorizzare due delle eccellenze più rinomate del sistema agroalimentari del nord Barese.
È la prima volta che i due enti, le cui aree di influenza quasi si sovrappongono, decidono di integrare le proprie risorse dando il via a un “progetto pilota” per la promozione delle eccellenze agroalimentari dell’alta Murgia e nord Barese. Con l’auspicio che questo sia un esempio costruttivo anche per altre realtà territoriali pugliesi.
Gli obiettivi di “VinOlio” – ha spiegato Francesco Liantonio, imprenditore vitivinicolo e presidente del Consorzio vini – sono in primo luogo la promozione delle produzioni agricole di qualità, attraverso azioni di informazione dirette a operatori del settore e consumatori di quelli che sono i metodi di produzione, le caratteristiche nutrizionali dei prodotti, il rispetto dell’ambiente, le certificazioni, la tracciabilità e tutto quanto dia garanzia di salubrità del prodotto stresso.
Non di meno il progetto considera fondamentale, e non poteva essere diversamente, ampliare con una comunicazione ad hoc la conoscenza e la diffusione, in Italia e anche sui mercati esteri, sia dei vini Doc Castel del Monte – in particolare il Nero di Troia, rivelazione italiana di questi ultimi anni -, sia l’olio extravergine d’oliva, con le relative sottozone di Castel del Monte , Cima di Bitonto e Murgia dei Trulli.