Braccio di ferro tra Milano e Roma sulla questione latte.
“Nei limiti delle disponibilità del bilancio regionale e in accordo con tutte le parti coinvolte nella filiera, mi riservo di proporre in una prossima seduta di giunta eventuali ulteriori misure che si ritenessero necessarie al fine di evitare situazioni drammatiche che potrebbero portare a conseguenze non preventivabili tanto sul mercato quanto per le imprese lombarde”.
Si conclude così l’informativa di Giunta illustrata oggi a Palazzo Lombardia al governatore Roberto Maroni, dall’assessore all’Agricoltura, Gianni Fava, che ha ripercorso tutte le tappe di una crisi causata da un aumento produttivo conseguente alla fine delle quote latte, con la materia prima che non ha saputo trovare adeguata collocazione sul mercato. Ad aggravare la situazione, anche l’embargo russo e la chiusura di un canale commerciale in grado di assorbire volumi ingenti in chiave comunitaria.
“Nel tentativo di arginare la caduta del prezzo e di regolamentare lo stesso – prosegue la nota dell’assessore Fava -, a fine 2015 il ministero delle Politiche agricole ha concluso un accordo della durata trimestrale con i produttori e il mondo della trasformazione, che garantiva un prezzo di 36 centesimi al litro all’acquisto, cui il ministero aggiungeva 1 centesimo al litro di risorsa pubblica. Come era facile prevedere, tale soluzione per certi aspetti ha incrementato la corsa all’aumento delle produzioni”.
Un atto che dal primo aprile e con il prezzo ‘libero’ rischia di aggravare la già difficile situazione del settore. In questo contesto, il responsabile della politica agricola lombarda, che oggi pomeriggio incontrerà una delegazione di allevatori, manda a dire al ministero delle Politiche agricole che quanto sta accadendo è segno che “la gestione del problema deve essere territoriale e non centralizzata a Roma.
Anche perché – conclude Fava – finora non mi pare che il ministro Martina abbia mosso un dito per risolvere una situazione molto grave sia sul fronte del prezzo al litro che dei possibili mancati ritiri di materia prima”.