C’è vigore nella la forza della natura, che come ogni primavera torna a rigenerarsi. C’è vigore negli animi umani, ansiosi di liberarsi definitivamente del guscio protettivo dalla micidiale pandemia sanitaria. C’è vigore nei tralci di vite che ci dona il nettare di Bacco, prezioso antidoto alle fantasiose teorie di eurocrati ignoranti.
Ed è proprio il Vigore l’aggettivo che meglio identifica il carattere dell’Ornellaia nella versione “Vendemmia d’Artista 2019”: progetto di puro mecenatismo che combina vino e arte giunto alla 14° edizione, presentato in videoconferenza mondiale dal presidente dell’azienda vitivinicola toscana Ferdinando Frescobaldi e dal ceo Giovanni Geddes.
La Vendemmia d’Artista, dunque. L’evento divenuto un appuntamento fisso, che coinvolge artisti chiamati a interpretare con opere plastiche il carattere del vino della tenuta e prossimo alla commercializzazione. Appunto l’Ornellaia 2019 che, per dirla con il direttore enologo della casa, Axel Heinz, “è vino potente, misterioso, intrigante che al primo assaggio non svela tutte le sue sfaccettature…”, ma è preludio di “ulteriori e intense sfumature”.
Quelle stesse sfumature vigorose che si ritrovano nell’insieme dell’opera artistica pensata e resa tale dalla coppia svedese Nathalie Djurberg e Hans Berg, di per sé interpreti della ciclicità della natura e del rapporto tra uomo e terra. Che per Vendemmia d’Artista hanno attinto e impastato a piene mani la terra ferrosa di Bolgheri per farne manufatti destinati a essere esposti a rotazione nei tre grandi musei Guggenheim di Venezia, Bilbao e New York, quindi battuti in autunno nella sede americana della Casa d’Aste Sotheby’s.
Come sempre un evento benefico che riesce a calamitare l’interesse di appassionati e intenditori di arte e di vino, con il ricavato che per anni è andato a sostegno di enti museali di gran nome e prestigio nel mondo. E che dal 2019 premia il programma “Mind’s Eye”, l’occhio della mente, promosso dalla Fondazione Solomon Guggenheim per non vedenti o ipovedenti nello sperimentare l’arte attraverso l’utilizzo dei cinque sensi.
Inevitabile il parallelismo per chiunque prova a degustare un calice di gran vino alla cieca: atto non fine a sé stesso, ma rito che coinvolge la complessià sensoriale dell’individuo. Nei fatti, una pratica tanto semplice quanto utile per scoprire le virtù del vino che non è causa di morte. Ma, come cantava Mario Soldati, è Poesia di nostra madre terra.
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