L’Italia non è solo il paese con il maggior numero (54) al mondo di siti archeologici, territori e beni riconosciuti Patrimoni dell’umanità dell’Unesco; è anche quello con il maggior numero di nuove candidature: 40 a fine 2018. A cui nel corso d’anno potrebbero sommarsi altre proposte tuttora al vaglio degli organismi locali proponenti.
In questo contesto che parla di arte, cultura, territori, bellezze rare e prestigiose, uno dei settori deputati al titolo di Patrimonio Unesco è quello che ha a che vedere con l’enogastronomia: ambito che dal 2015 ha in Parma, notoriamente la capitale della food valley italiana, il titolo di Città Creativa Unesco per la gastronomia. Appunto.
Ed è proprio alla bella ed elegante città ducale emiliana, guidata dal sindaco Federico Pizzarotti, che l’Unesco ha affidato il ruolo di coordinatore della Conference creative cities network, in calendario dal 10 al 15 giugno prossimi a Fabriano, nelle Marche. Una kermesse che vedrà la partecipazione di delegati di 180 città di tutto il mondo della rete Unesco, impegnati a definire strategie e valori condivisibili tali da permettere il superamento di ogni tipo di steccati e confini.
Per l’Italia, oltre a Parma e Fabriano (insieme lanceranno una call conference internazionale tra cuochi delle 26 Città gastronomiche Unesco), parteciperanno delegazioni ufficiali ciascuna con una propria competenza settoriale: Bologna e Pesaro per la musica, Torino per il design, Roma per il cinema, Milano per la letteratura, Fabriano e Carrara per l’artigianato. Parma e Alba per la gastronomia.
Dell’evento s’è parlato nei giorni della Bit a Milano, occasione che è servita al Consorzio Parma Alimentare, partecipata da enti pubblici e privati locali, per illustrare un fitto calendario in programma nei prossimi mesi – dal Cibus Off in aprile al “settembre gastronomico” che si aprirà con la “Cena dei Mille”, tradizionale e scenografica tavolata all’aperto che si snoda lungo il corso principale della città. Protagonista ai fornelli il supercuoco tristellato Norbert Niederkofler -, prima di approdare al 2020, con Parma Capitale italiana della cultura.
Turismo enogastronomico driver di viaggio in gran spolvero
Che questo sia anche il tempo per recuperare, dopo anni di magra, i valori della festa, magari discutendo e gustando del buon cibo non lo dicono solo i persistenti programmi radio televisivi dedicati alla cucina. O il dinamismo di blogger e il proliferare di influencer o presunti tali.
Lo certifica il “Rapporto sul turismo enogastronomico” curato dalla brillante analista e prof Roberta Garibaldi, sotto la supervisione del World food travel association e Università degli studi di Bergamo. Studio che parla di paesaggio enogastronomico per definire l’insieme di culture, persone, ambienti, attività e prodotti tipici che i turisti valutano con sempre e maggiore attenzione, quando devono scegliere la meta del prossimo viaggio, o delle sospirate vacanze.
Una scelta che fa dell’enogastronomia “un importante driver di viaggio”. Come dire di un fattore che stimola la partenza per andare a scoprire e gustare il buon cibo tipico del tale o talaltro territorio. Che può sembrare un modo di dire fin troppo abusato, ma che nel 2018 si è tradotto in domanda cresciuta del 48% sull’anno prima.
Offerta tutto sommato scoperta nelle ultime decadi, il turismo enogastronomico sta interessando in modo trasversale un po’ tutte le fasce generazionali, senza divisioni di censo e con la preponderanza di giovani sposati e non: turisti che scelgono come destinazione il Belpaese per il 92% e il restante 8% diretti all’estero, in particolare Spagna e Francia.
Quanto all’Italia, le regioni più visitate sono Sicilia, Toscana, Emilia Romagna, Puglia e Campania, e come città Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Palermo e Bari.
Un ponte tra Sicilia e Magreb nel nome del Cous cous
E a proposito di Sicilia e patrimoni dell’umanità Unesco, carica di propositi è la decisione della Giunta di San Vito Lo Capo, 4.700 anime in provincia di Trapani, di farsi sostenitrice del progetto che assegni il riconoscimento Unesco al Cous cous, piatto tipico originario delle popolazioni nordafricane che molto successo riscuote anche in tutti gli altri paesi rivieraschi il Mediterraneo.
La particolarità dell’iniziativa non vede l’Italia nella veste di promotrice, ma di sostenitrice della proposta che i Paesi del Magreb (Algeria, Marocco e Tunisia) da tempo discutono di fare. Ma che potrebbero fare subito, una volta superate le pur comprensibili spigolature nazionali, che nei fatti hanno finora intralciato la condivisione della designazione.
La decisione mediatrice della cittadina siciliana è stata ufficializzata con una lettera che il sindaco Giuseppe Peraino ha consegnato al direttore generale dell’Ente Turismo tunisino Souheil Chaabani, in occasione della Bit a Milano. Azione che si spiega con il fatto che San Vito Lo Capo promuove dal 1980, con la società Feedback di Palermo, il Cous cous Fest, il festival culinario internazionale più importante dedicato a questo piatto tipico magrebino.
Un evento, il Cous cous Fest che nelle ultime due settimane di settembre di ogni anno riesce a calamitare un numero impressionante di visitatori e turisti (240mila nel 2018), attratti dalle bellezze del territorio incuneato sulla costa tra le falde della splendida Erice e i monti Cofano e Monaco, nonché dalle innumerevoli gare gastronomiche che vedono fianco a fianco grandi nomi della cucina nazionale e mondiale e giovani cuochi: tutti a “incocciare” con le proprie mani la loro ricetta segreta a base di cous cous.
Una specialità che, come sostiene il Sindaco Peraino, oltre ad essere di una semplicità estrema nella preparazione è anche simbolo di integrazione tra culture diverse.