Nel 2016 gli italiani hanno speso per alimentarsi la bellezza di 227 miliardi di euro. Rispetto al 2013 vi è stata una crescita del 3,3 per cento. Che non è poco in anni di crisi economica e pesanti riflessi sui redditi della popolazione.
Se si vuole dare un senso alla teoria che vuole il settore alimentare muoversi in contro tendenza rispetto agli indici produttivi del Paese, eccone la prova. Tanto più che allargando lo spettro alla voce dell’export di cibo e bevande, pari a 31,3 miliardi di euro nel 2016, si evidenzia un incremento del 3,6% sul 2013 e, addirittura, un segno più del 41,5% rispetto al 2010.
Due dati sufficienti a spazzare definitivamente ogni ulteriore dubbio sulla centralità che l’agricoltura e l’agroalimentare in senso lato hanno nell’economia della Penisola. Dati estrapolati da una ricerca che il Censis ha presentato oggi a Milano al convegno “Futuro in Campo” e opportunità di investire nell’agricoltura.
Una ricerca da cui emergono riferimenti precisi su tre aspetti cruciali relativi a 1) centralità sociale del cibo nella vita degli italiani; 2) reputazione sociale e attrattività della agricoltura per i giovani; 3) il binomio vincente fatto di agricoltura e cibo di qualità.
Il senso prevalente dell’approccio è che gli italiani, dopo anni di cinghia stretta, tornano a spendere nel cibo. E lo fanno “con giudizio e sobrietà”, giacché l’86% degli intervistati, avendo qualche soldo da spendere in più, indica nel food la tipologia di consumi su cui punterebbe.
Di più, il 69,9% di loro non si lascerebbe influenzare dal fattore prezzo, ma da fattori diversi come trasparenza, impatto sulla salute e sicurezza. Un altro 27,1% terrebbe conto anche dei listini, mentre solo l’1,3% guarderebbe esclusivamente al prezzo.
Non meno certezze si hanno sul secondo punto, con l’agricoltura che beneficia di una opinione altamente positiva tra i cittadini: il 78,6% della popolazione intervistata dichiara di avere una buona opinione dell’imprenditore agricolo; che l’impresa agricola (19,8%) è al terzo posto della graduatoria dei soggetti in cui gli italiani hanno fiducia dopo le forze dell’ordine (48%) e il volontariato (42,5%).
In più, cresce il coinvolgimento dei giovani nel fare impresa agricola. Infatti, nel periodo 2014-2017 vi è stato un +15% di giovani, età fino a 29 anni, che ha avuto accesso a cariche imprenditoriali in agricoltura, grazie anche all’effetto sostituzione e cambio generazionale.
Quanto al binomio agricoltura cibo di qualità, fattore vincente per l’agricoltura nazionale, esso “trova riscontro anche sul mercato”, poiché il 78,2% degli italiani è pronto a pagare qualcosa in più per alimenti con ingredienti di produttori e/o fornitori locali nazionali.
In modo specifico, tra i fattori che più contano nella scelta di un vino, è prevalente l’origine italiana per il 91,2% degli intervistati. Questo perché “italiano è anche sinonimo di genuinità e qualità certificata dei prodotti”. Il 78,5% del campione si dichiara pronto a pagare qualcosa in più per prodotti confezionati, doc e certificati.