Quando mi alzo la mattina e apro le finestre e sento il cinguettio delle prime rondini che svolazzano nel cielo, azzurro o coperto che sia, mi rendo conto di quanto fortunato sono di essere nato e abitare in questo benedetto Paese Italia.
Penso alla bellezza e varietà di paesaggi che la compongono. Penso all’estro ingegnoso che da sempre pervade gli animi delle sue genti. Penso all’incalcolabile patrimonio artistico diffuso lungo la Penisola, all’ammirevole bellezza e solidità di monumenti che gli avi ci hanno lasciato in eredità. Va da sé che sono fiero di essere figlio di questa nostra terra.
La amo in tutti i sensi e non potrei farne a meno. Eppure ci sono momenti in cui accadono fatti che lasciano senza parole. Episodi apparentemente imprevedibili, come può essere il crollo di un ponte, finiscono per essere frustranti quando ti rendi conto che l’episodio casuale non è, ma solo l’ultimo di una serie.
Lo sconforto ti assale, per cui manderesti tutto … a quel paese. Soprattutto se anche chi è chiamato a dare una risposta, spiegazione certa non ha. Come non l’ha avuta il ministro della Repubblica, persona garbata e seria qual è il responsabile della politica dei Trasporti Graziano Delrio che, di fronte all’ennesimo episodio di due giorni fa, dichiari (intervistato a “Cartabianca” da Bianca Berlinguer) che il crollo non può essere dovuto a vetustà della struttura, ma a difetto di costruzione.
Non sono un tecnico e quindi mi è difficile distinguere quale sia la differenza. So però che quel ponte è crollato e sotto ci sono rimaste delle auto, per fortuna senza causare danni alle persone. Come invece accaduto in episodi precedenti.
Ma so anche di opere come il Ponte Tiberio sul fiume Marecchia, a Rimini, che da più di duemila anni continua a svolgere il proprio compito di ponte.
L’antico ponte romano voluto da Augusto, che diede inizio ai lavori nel 13 d.C. e completato da Tiberio nel 21 d.C., si sviluppa su cinque arcate e poggia su piloni tutto in pietra d’Istria ed è ancora oggi punto di partenza e incrocio della Via Emilia (collega Rimini a Piacenza) e della Via Popilia (Rimini-Ravenna-Aquileia).
La storia racconta di un ponte sopravvissuto a tanti episodi che hanno rischiato o cercato di proposito di distruggerlo: terremoti, fiume in piena, usura e guerre: si rammentano l’attacco inferto nel 551 da Narsete, durante la guerra fra Goti e Bizantini e il tentativo, nel ’43, di minarlo da parte dei tedeschi in ritirata.
A dispetto di tutto è ancora lì a ricordarci come si costruisce un vero ponte.