Meno di tre giorni a VinItaly, la kermesse veronese punto d’incontro obbligato per quanti vogliono presentare o conoscere in diretta l’offerta enologica della vendemmia 2016. La 51° edizione (9-12 aprile) si preannuncia con superfici espositive al massimo delle potenzialità e dati partecipativi in crescendo, talché gli espositori sono stimati in 4.700 presenze, comprendendo i partecipanti all’area Sol e la folta rappresentanza estera proveniente da decine di paesi.
Ricco il calendario delle iniziative dentro e fuori Salone, con la città e d’intorni di Verona che si preparano ad accogliere alcune centinaia di migliaia di visitatori, tra buyer, professionisti del bere, turisti e semplici estimatori del nettare bacchico.
Un appuntamento di festa, dunque. Ma anche palcoscenico d’arte e rivelatore di tendenze del buon bere. Anche se il segreto più intimno di VinItaly resta quel suo essere disvelatore di umori dei protagonisti di un settore che fa parlare molto di sé. E che crea reddito. Per questo si sentirà dire subito che la congiuntura italiana avverte dei risvegli (davvero timidi) e che l’export vinicolo continua a essere tonico: 4,6 miliardi di euro nel 2016, che è da record. Grazie anche all’effetto Prosecco.
Bene, quindi. Anzi, no, male.
Con Trump che minaccia muri e ritorsioni doganali anche su prodotti della filiera alimentare, c’è poco da stare tranquilli. Persino nell’Unione europea, sulla scia di Brexit, si avvertono folate involutive. Che Bruxelles cerca con la forza dei singoli paesi di tamponare.
Come c’è da credere farà il responsabile della Politica agricola nazionale, il ministro Maurizio Martina, quando probabilmente ribadirà un suo concetto già espresso sulla centralità di VinItaly, quale “capitale della nuova Politica agricola comunitaria”.
A Verona sentiremo la replica del Commissario per l’Agricoltura Ue, l’irlandese Phil Hogan.