È sempre più frequente sentir dire frasi o parole che fanno riferimento alla tutela dell’ambiente e del territorio, alla lotta allo spreco, al diritto di tutti al cibo, alla sostenibilità, alla condivisione, alla trasparenza … . Frasi e parole che esprimono concetti collaudati dal tempo. Che però, oggigiorno, si sono caricati di significati più ampi e insidiosi. Nel senso che abbracciano cifre che richiamano il sociale, la politica, la cultura, l’economia e molto altro ancora. Al punto che Expo 2015, l’Esposizione tenutasi giusto un anno fa a Milano, ne ha fatto un messaggio bandiera rivolto al mondo intero.
Ma come gongola una vecchia nenia popolare, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Per cui, quand’anche talune iniziative hanno una coda nell’attualità, non è poi così scontato che si giunga alla risoluzione dei problemi sul tavolo. Soprattutto se nel frattempo viene a mancare il pungolo della corretta informazione, vale a dire il collante culturale che avvicina l’istituzione al cittadino. E viceversa.
Si prenda il caso della raccolta differenziata dei rifiuti, forse tra gli esempi di più grande impatto sociale e politico in materia di salvaguardia ambientale. Ebbene, finché i proclami annunciati già a partire dalla metà degli anni Settanta (la prima Direttiva Cee 442 risale al 1975) sono rimasti sulla carta, di “differenziata” s’è fatto quasi niente. E quel poco è stato fatto in modo approssimativo e con grandi scarti di interesse tra aree geografiche e persino tra amministrazioni comunali di una stessa area.
Quando, invece, ci si è resi conto che non era più compatibile convivere con discariche a cielo aperto fin sotto casa, le amministrazioni locali con bilanci più solidi hanno avviato piani di investimento appropriati per realizzare termovalorizzatori, impianti di compostaggio e altre innovazioni tecnologiche funzionali all’uopo. E, grazie a campagne di acculturamento sulla separazione della raccolta e il coinvolgimento dell’utenza finale, ci si è resi conto che i rifiuti costituiscono una risorsa economicamente importante e persino sfruttabile.
Ecco allora che viene spontaneo domandarsi su chi sia questa utenza finale?, se non il cittadino, la comunità, la famiglia e – trattandosi di ambiente – allargare il giro a quanti popolano le unità abitative. Cioè, i condomìni, con tutte le interrelazioni che ivi fermentano e vanno necessariamente regolate e gestite. In che modo? Con l’informazione, ovvero il collante cui si accennava pocanzi e che, laddove se n’è fatto un saggio utilizzo, ha prodotto risultati oltremodo positivi alla collettività.
Per tutti basti citare l’esempio di Milano, dove la “differenziata” è scresciuta a dismisura, passando da un discreto 30% nel 2010 a quasi il 90% del totale raccolta rifiuti di oggi, con risparmi sulla spesa comunale di alcuni miliardi di euro. Il che colloca il capoluogo lombardo al vertice (insieme a Vienna e Los Angeles) delle città più virtuose e pulite a livello mondiale.
Ora, se questo è avvenuto e avviene tutti i santi giorni, il merito è certo delle amministrazioni che hanno guidato Palazzo Marino negli ultimi lustri. Ma lo è anche dei milanesi, per l’approccio appunto virtuoso che essi manifestano verso la propria città. E lo è anche della rete condominiale cittadina, per l’apporto funzionale che essa esercita nell’applicare all’interno di ogni condominio quelle che sono le regole che Milano nel tempo s’è data. Dunque, amministrazione, cittadini e condomini: tutti consapevoli che un territorio pulito rende la vita più vivibile e ne accresce il ruolo di guida e polo attrattivo del Paese.
Resta però da scoprire come ci si arriva a questa unitarietà di ragioni e interessi . Qui la parola non può che passare alle organizzazioni sindacali per amministratori di condomìni, impegnate come sono nel portare avanti azioni divulgatrici di un codice etico di comportamento a cui i professionisti associati sono obbligatoriamente chiamati a osservare, innanzi tutto frequentando i cosiddetti “Corsi di formazione”, ma anche attuando una gestione che sia rispettosa del Regolamento e delle norme comuni di equità e civile convivenza condominiale.
Ma anche per questo l’esperienza ci rammenta che è più facile a dirsi che a fare. Tant’è che il più delle ”lezioni” calendarizzate nei Corsi di formazione di Anaci Milano, aderente alla più importante associazione di amministratori di condominio a livello nazionale, hanno per oggetto riferimenti a questioni di gestione e vita pratica in condominio.
Chi scrive, in quanto cronista curioso di fatti e misfatti della vita, ha partecipato di recente a una di queste lezioni dedicata al tema specifico de “Il condominio e l’ambiente”. Un tema sensibile, appunto, che ha visto l’intervento di maestri del diritto, di professori e tecnici esperti della materia, di magistrati che hanno sciorinato teorie e norme applicabili a siffatte questioni. Una messe di notizie e informazioni che, se fossero da tutti conosciute, non solo tra gli amministratori, renderebbe la vita di condominio più digeribile di quanto non lo sia in condizione di crassa “ignoranza”.