Le capsule (ora anche bio) fanno crescere a doppia cifra il business di Caffè Vergnano

A inizio anno il nuovo stabilimento per capsule espresso: 6mila metri quadrati di tecnologie computerizzate di nuova generazione che hanno di fatto raddoppiato produzione e superficie della sede di Caffè Vergano 1882 di Santéna, cittadina della cintura torinese, nota anche come capitale dell’asparago verde.

Subito dopo è stata la volta della “caffetteria” che copre larga parte del piano terra della Mole Antonelliana, simbolo di Torino, dove da una manciata di mesi è operativo un centro commerciale con insegna Eataly. E ora arriva l’apertura del “Coffe Shop 1882” nel cuore storico di Chieri, ancora in joint con la catena di Oscar Farinetti, con cui i fratelli Carlo e Franco Vergnano consolidano un sodalizio che li vede partner nelle sedi di Roma, Milano, Torino, New York, Istambul, Chicago e Tokyo.

Vergnano Pietro, Carlo e Carolina, Franco, EnricoCe n’è abbastanza per rendere fieri i protagonisti della storia.  Ma quella della torrefazione piemontese “Caffè Vergnano 1882”, azienda che a dispetto della data di fondazione deve il proprio successo all’estro dei due fratelli, va ben oltre. Con un 2014 che, contrariamente all’andazzo dell’economia in generale, si sta chiudendo con un dinamismo che meraviglia i diretti interessati. Appunti, i fratelli Carlo (70 anni, a sx nella foto) con il figlio Pietro, e Franco (67) con i figli Carolina ed Enrico: tutti impegnati in azienda.

Un anno più dinamico del solito, dunque. Non solo per gli investimenti strutturali realizzati che Franco Vergano, amministratore delegato della società (Carlo è presidente), quantifica in una decina di milioni di euro, ma anche per le innovazioni tecnologiche apportate nel processo produttivo. Una per tutti è il lancio della prima capsula espresso “bio” sul mercato nazionale, nonché la pianificazione di un ambizioso traguardo da conseguire a breve che riguarda l’eliminazione delle parti in alluminio dei contenitori del caffè. L’obiettivo è abbattere il più possibile l’impatto ambientale che accompagna l’intera filiera della torrefazione.

Questo stesso dinamismo trova riscontro anche nei risultati gestionali dell’impresa, con la produzione di caffè tostato che per la prima volta ha toccato i 7 milioni di chilogrammi, con l’export atteso quest’anno vicino al 15% del fatturato, a sua volta stimato sui 70 milioni, in crescita rispetto ai 67,7 di un anno fa. Ma la ciliegia che inorgoglisce più di ogni cosa la famiglia Vergnano, sono i dati riferiti alla disponibilità di capsule che, per effetto del nuovo sito produttivo, a fine ottobre viaggiavano con una crescita a doppia cifra intorno a 80 milioni di pezzi, ben oltre i 59 milioni dell’intero 2013.

Insomma ce n’è di che essere contenti. E infatti l’a.d. non fa mistero di quanto sta accadendo giorno dopo giorno, riferendo in esclusiva a “TerraNostra” che l’attività di vendita dell’azienda nel segmento bar <mantiene egregiamente> le posizioni acquisite nel 2013 (21 milioni di euro), restando saldamente alle spalle del canale della Gdo. Un canale, questo, che è al centro di una importante riconsiderazione delle strategie commerciali, stante il forte sviluppo della domanda di capsule, che non può prescindere da un nuovo e più equilibrato apporto delle altre proposte.

Non meno importante è la voce relativa ai mercati esteri, dove fino a ieri Caffè Vergnano era presente solo nel canale horeca, mentre da alcuni mesi è iniziata una campagna di espansione che ha portato all’apertura di filiali in Germania, Spagna e Francia e l’avvicinamento alle grandi catene commerciali internazionali, anche loro interessate a cavalcare il business delle capsule espresso firmate dall’azienda italiana.

Non poteva essere diversamente, considerati gli investimenti fatti e programmati in questo campo da Caffè Vergnano, nonché per il positivo ritorno di immagine che sta premiando il marchio italiano dopo l’esito del braccio di ferro con Nespresso: questi, com’è noto, aveva accusato Caffè Vergnano di avere in qualche modo clonato la tecnologia del proprio brevetto. La vicenda però si è chiusa saggiamente prima dei tempi giudiziali, con il gigante Golia che ha patteggiato e ritirato la denuncia contro il piccolo Davide del caffè espresso made in Italy.