Greco di Bianco, i palmenti sono la storia, Il mercato lo fanno i produttori ma se sono divisi ….

Più che il vino poté la storia, il territorio, il fare delle genti di Calabria di ieri e di oggi. Rimandi a cui dev’essersi ispirato il sindaco di Bianco Aldo Canturi, per parlare del vino e dei palmenti rupestri di cui la cittadina è candidata in pectore per diventare capitale mondiale (si veda articolo su TerraNostra del 20 giugno 2018).
vino-calabria-palmento-preistorico-by-ndbEcco allora il colto cittadino di questo paesello di quattromila anime sulla costa jonica che, nell’audizione pubblica intercomunale sul progetto di fare di Bianco la “capitale mondiale dei palmenti” – proposta che prende spunto da uno studio condotto dal professor Attilio Scienza dell’Università di Milano -, non ha esitato a chiamare in causa l’archeologia.
Già, l’archeologia, ovvero la scienza che studia culture e civiltà passate, quale “filo conduttore dello story-telling del vino” di Bianco e dintorni. Con i palmenti che “hanno favorito la diffusione della vitivinicoltura nel Mediterraneo” e, quindi, vanno interpretati anche come fattori di sviluppo sociale ed economico e che per la politica, nella persona del Capogruppo regionale Sebastiano Romeo (Pd), “possono rappresentare una grande opportunità di sviluppo dell’intero territorio”.
E allora “perché no?”, s’è chiesto Giacomo Giovinazzo, capo del dipartimento Agricoltura regionale, che non ha mancato di osservare come per “la Dop Bianco, nonostante sia stata una delle prime denominazioni d’origine di tutta la Calabria, finora è stato fatto poco o niente per sostenerla sul mercato”.
Mercato dove oggi è impensabile andare ancora divisi e strategie di comunicazione inesistenti. Al contrario, “bisogna essere determinati, uniti ed evitare di fare polemiche di campanile, che sono sterili e improduttive per tutta la comunità”, è stato l’ammonimento del presidente del Gal, Bruno Macrì.
Proponimenti che hanno trovato conforto tra i rappresentati degli altri comuni circostanti presenti all’audizione. Come pure c’è stato consenso sulle opportunità che il nascente Consorzio di tutela potrà dare in termini di progettualità delle iniziative da adottare e di accesso ai fondi Psr.
Il Greco di Bianco
Sono stati i Fenici a portare la vitivinicoltura in Calabria qualcosa come 2mila anni a.C. Sono stati però i greci a renderla fiorente, con i primi coloni giunti nell’VIII° secolo a.C. sulla costa di Punta Alici, nei pressi dell’attuale Cirò. Dove la vite già era presente e veniva allevata legata a dei paletti conficcati nel terreno. Da qui il nome di “Enotria”, dal greco “terre dei pali”.
Il vitigno Greco è una varietà le cui uve precoci si prestano alla preparazione di diversi tipi di vini (secco, dolce, base spumante …). Il vino Greco di Bianco è però un passito liquoroso (max 17°), ha riferimenti che rimandano alla Malvasia delle Lipari e a quella di Sardegna ma rispetto a questi è meno conosciuto, vuoi perché se ne produce davvero poco, vuoi perché quel poco che si fa non è mai stato oggetto di azione promozionale sul mercato.
La denominazione d’origine risale al 1980 e prevede l’uso di uva Greco bianco in purezza, con una tolleranza massima del 5% di altre uve aromatizzate prodotte in loco.
Modesta la produzione, modesto il numero dei produttori che si contano in alcune decine. Nonostante questo, spesso si sono trovati antagonisti nel promuovere o adottare iniziative unitarie. Forse anche per la mancanza di un Consorzio di tutela, che solo ultimamente ha posto le basi e che, purtroppo, non vede ancora la coralità dei produttori. E finchè si resta divisi, il conto economico e sociale presenta solo uscite.
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