Arriva Expo2015 e non ho ancora il vestito buono da mettermi. E anche se non mancano le voci contro, vale la pena farsene uno buono per ogni evenienza. Magari solo per sostenere l’azione di quanti nell’Esposizione universale ci hanno davvero creduto, ci lavorano o vi hanno messo la faccia in prima persona. Come ha fatto nello spot via etere il presidente emerito della Repubblica Napolitano. O anche solo per dare e darsi coraggio e credere nella ripresa dei consumi “a portata di mano”, come va ripetendo a destra e a manca il premier Matteo Renzi. Ma tant’è, meglio essere propositivi che “gufi”.
In un recente articolo postato su “TerraNostra”, ho raccontato quel che s’è potuto vedere dello stato dell’arte durante una visita al “cantiere” Expo che sta nascendo alle porte di Milano. A 80 giorni dal via della grande kermesse espositiva (1° maggio – 31 ottobre) c’è ancora parecchio da fare su quest’area di 1,2 milioni di metri quadrati sottratti alla superficie di quella che è la prima regione agricola per attività produttiva e affari della Penisola. E questo, proprio in nome e per conto di un evento mondiale che l’Italia ha voluto fosse dedicato all’agricoltura, al cibo, alla ricerca di un sano approccio all’alimentazione: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, recita il titolo.
Meno di tre mesi è un tempo che passa come un lampo. Ma si sa, l’Italia è il paese dei miracoli: chissà che il buon Dio non ne faccia uno anche in questa occasione. Anche se ci sarebbe tanto da recriminare sulle occasione lasciate perdere, se solo si pensa al tempo trascorso da quando, sei o sette anni fa, l’allora sindaco Moratti da Parigi esultava sulla chiamata di Milano a questa importante appuntamento.
Eppure il responsabile della macchina Giuseppe Sala non dispera e di ritardi non ne vuole proprio sapere, convinto com’è che tutto sarà al posto giusto per il taglio del nastro. Lo dice da tempo e lo ha ribadito anche sabato scorso, facendo gli onori di casa nel ricevere mezzo governo guidati dal presidente del Consiglio, in processione alla giornata de “Le idee di Expo” all’Hangar Bicocca di Milano.
Di vero, per ora, c’è che quell’iniziativa è servita a fare incontrare i 500 delegati chiamati a redigere la “Carta di Milano”: in pratica, una sorta di memorandum che condensi progetti e valori sulla cultura del cibo e le sue diverse problematiche che Expo intende porre all’attenzione e discussione della comunità internazionale. La “Carta”, infatti verrà consegnata al Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il giorno in cui egli verrà a visitare l’Esposizione.
Iniziativa utile anche sotto il profilo logistico, in quanto primo test di accoglienza per la giornata inaugurale, che però ha lasciato non poche domande in sospeso. Per esempio, sui nomi dei delegati, sulla metodologia adottata nella loro scelta, sulla loro provenienza professionale o anche sull’appartenenza al tale o tal’altro gruppo di pressione, associazione, sindacato, società civile. Una mancanza di risposte che hanno indispettito l’osservatore che, soffermandosi qua e là per la sala, non ha potuto non vedere che a uno stesso tavolo vi fossero validi esperti di alimentazione che enunciavano le questioni, mentre qualcuno prendeva diligentemente appunti, altri ascoltavano, altri ancora che preferivano i capannelli in sala. Lasciando così intendere di essere “professionisti” di non-so-che-cosa e/o lobbisti di professione a cui la materia dibattuta importava relativamente. Forse perché già a conoscenza del testo finale della “Carta”?
Dubito sia questo il modo di discutere “Le idee di Expo” voluto dal responsabile politico di #Expo2015, il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che, parafrasando il regista Ermanno Olmi (“l’onestà di chi produce viene prima del mercato”) e lo scienziato Umberto Veronesi (“nutrire non è solo alimentare”), si è fatto portavoce di una proposta di legge sul consumo del terreno agricolo, nonché sul diritto al cibo di ogni cittadino da inserire direttamente nel testo di riforma della Costituzione. Diritto al cibo che, nell’interpretazione di Renzi, è l’aspirazione di un popolo che pensa al proprio paese non in quanto “Patria di chi ce l’ha fatta, ma di chi ci prova”. E che per Papa Francesco è la “dignità” che va riconosciuta a ciascun essere, in quanto “testimone di carità e custode della terra che è madre di tutti”.
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