Anche al tempo di #coronavirus le buone notizie non mancano. Non sono molte come vorremmo, ma ci si sforza nell’essere propositivi, cercandole tra le montagne di promo e news di tutt’altro sapore.
In questo senso, due buone ultime in ordine di tempo riguardano la filiera produttiva lattiero casearia e, in particolare, la linea dei formaggi a pasta dura #madeinItaly più famosi, più consumati e più esportati al mondo.
Per chi non l’avesse ancora capito, si tratta del #Parmigianoreggiano e del #Granapadano, vale a dire prodotti tipici e origine protetta (Dop) ben presenti sulle tavole degli italiani e assai apprezzati a livello internazionale, per i quali nel giro di poco tempo si sono succedute info mediatiche di tono decisamente positivo. Il che quantomeno incoraggia a guardare oltre la pandemia, che di problemi ne sta provocando a tutto andare.
Ma torniamo alle buone nuove, perché tale è il consuntivo 2019 da record assoluto approvato dall’ente di tutela del primo dei due formaggi citati, il cui #Consorzio peraltro è reduce da un contenzioso che l’ha visto contrapposto e vittorioso sulla multinazionale Campbell’s, rea di aver riportato in etichetta di un suo prodotto riferimenti ingannevoli del Parmigiano reggiano.
E tale è il riconoscimento che il World Intellectual proprierty organization (Wipo) ha conferito al Consorzio Grana padano, in quanto fautore del progetto LIFE dedicato al “miglioramento della #sostenibilità ambientale della filiera”. Che nel caso specifico coinvolge tutta la rete di 128 caseifici con 40mila addetti e una produzione di oltre 5,16 milioni di forme (da 25 a 40 kg), di cui quasi due milioni esportate.
Il progetto coordinato dal #Politecnico di Milano in collaborazione con l’Università Cattolica di Piacenza, impegna infatti i soci produttori a essere rispettosi del benessere dell’animale, oltre che fedeli interpreti del tradizionale processo di lavorazione del latte, proveniente dalle stalle della zona tipica di produzione.
Al ritiro del prestigioso riconoscimento avvenuto in occasione della Giornata mondiale della Proprietà intellettuale 2020 tenutasi in remoto a Roma sul tema Innovare per un futuro verde, il direttore generale del Consorzio Stefano Berni si è detto certo che “per dare un domani al nostro pianeta e alla gente che lo popola, la condizione preliminare sia quella di rispettare il suo equilibrio naturale”. Tutti consapevoli del fatto che “se il futuro non sarà green, il timore è che neppure si potrà avere un futuro”. L’emergenza sanitaria dell’oggi che miete vittime ovunque ne è un piccolo esempio.
Consuntivo record per il Parmigiano reggiano
Non meno attenzione suscita il fronte dei produttori di Parmigiano reggiano, cui va il plauso di essere, nel bel mezzo della tragedia da Covid-19, protagonisti di una campagna mediatica rassicurante, che vede lo stesso presidente del Consorzio di tutela Nicola Bertinelli metterci la faccia, impegnandosi con i consumatori sulla disponibilità del prodotto.
Un messaggio rassicurante peraltro supportato da un consuntivo 2019 record, che evidenzia lo stato di buona salute del Parmigiano reggiano. I cui dati lo collocano in posizione apicale tra i formaggi Dop in Italia, forte di 3,75 milioni di forme prodotte, con un giro d’affari di 1,56 miliardi di euro alla produzione e 2,6 al consumo, e un export in volume superiore al 41% (+4,3% sul 2018) del totale prodotto.
Riferimenti tutti preceduti dal segno più. E non solo nel 2019, ma da tre anni a questa parte, con i volumi cresciuti di un buon 8% e i listini all’ingrosso aumentati mediamente del 25% da 8,60 euro al chilo del 2017 a 10,70 nel 2019. E questo, nonostante la minaccia di Trump di inasprire i dazi all’import in Usa.
Ma se tale proposito è rimasto fortunatamente senza seguito, ora la minaccia per i mercati è ben più pesante, data l’emergenza sanitaria e il relativo confinamento sociale che mette a dura prova l’intero sistema economico, nazionale e internazionale. A tal punto che lo scenario che sta montando è decisamente cupo.
Basti dire che per quanto concerne il Parmigiano reggiano (ma il fenomeno è generalizzato), i primi quattro mesi di quest’anno hanno tracciato una impressionante discrasia mercuriale. Laddove la domanda ha continuato a farsi sempre più consistente tra gennaio e febbraio (+20%), salvo poi rallentare nei due mesi successivi. Il che ha impattato fortemente nella formazione dei listini, con i valori all’ingrosso in netta curva discendente, tanto da spazzare via l’intera crescita del triennio precedente.
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