Per esser l’Italia del vino leader di mercato in Usa, in quantità e valore, lo è come sempre. Cioè, da almeno vent’anni a questa parte. Ma il gap rispetto agli inseguitori si fa di mese in mese più corto. E la proiezione dei dati per fine anno lascia intuire che almeno una variabile, quella del valore, è seriamente in pericolo. Pronta, cioè, per essere rifagocitata dai vignaioli francesi.
TerraNostra questo trend lo ha segnalato più volte negli ultimi mesi, sottolineando la marcia in più della promozione a disposizione dei competitori. Solo che se fino a giugno scorso l’export italiano cresceva, anche se meno degli altri, a luglio è invece arrivato il crollo. A tal punto da azzerare del tutto il segno +.
Infatti, come rivelano i dati che riceviamo in anteprima dall’Iw&fi di New York, nei primi sette mesi 2017 l’export italiano si è fermato a un passo da 1,5 milioni di ettolitri (esattamente 1,497 mln, rispetto a 1,501 dell’anno prima). Per converso anche i valori hanno segnato il passo, chiudendo la partita a 779 milioni di dollari, in calo di poche migliaia di dollari.
‘Una brusca frenata’, l’ha definita il presidente dell’Istituto Lucio Caputo. Soprattutto alla luce del fatto che negli stessi mesi l’import vinicolo statunitense è avanzato del 9,3% in quantità (5,6 milioni di ettolitri) e del 6,8% in valore (2,45 miliardi di dollari).
Una frenata che ha riguardato prevalentemente il vino made in Italy. Stante il fatto quasi tutti gli altri competitori hanno continuato a macinare cifre utili. Primi tra tutti i vignaioli d’Oltralpe, in progresso del 20 e oltre per cento in quantità (750mila ettolitri) e valore (644 milioni di dollari).
La causa dello stop? Per Caputo si è di fronte a una ‘carente attività promozionale da parte degli organi pubblici, oltre che da lungaggini burocratiche che bloccano le iniziative peraltro previste. Solo che quando verranno autorizzate sarà sempre troppo tardi’.
Per aggirare lo stallo, le case vinicole italiane associate all’Iw&fi si sono fatte promotrici di eventi straordinari che certo danno lustro al made in Italy. L’ultimo è stato quello di avere promosso, in occasione della presidenza italiana del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (iniziata mercoledì 1 novembre), una speciale confezione di vini rossi di grandi annate consegnate dal Rappresentante permanente italiano alle Nazioni Unite, ambasciatore Sebastiano Cardi, ai membri dello stesso Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Giappone, Regno Unito, Russia e Stati Uniti).
Iniziativa eccellente, certo. Che però non può sostituire l’impegno propositivo che dovrebbe avere la firma delle istituzioni pubbliche.
Esattamente come lascia intendere il presidente dell’Uiv e dell’Osservatorio del Vino Ernesto Abbona che, a proposito del mercato nordamericano, commenta: ‘Gli Usa? Un caso emblematico. Siamo leader da tempo, la domanda (di quel paese) cresce nel complesso di oltre il 10% e noi ci fermiamo sotto il 3%, con la Francia che segna, invece, aumenti del 21% in quantità e del 23% in valore, tallonando il nostro storico primato.
‘Prendiamo atto di essere leader – continua Abbona -, ma non cediamo a facili trionfalismi. È invece urgente tornare a investire come ”sistema Paese”, affinché l’Italia possa mantenere il primato faticosamente ottenuto, che oggi rischiamo di perdere’.
E questo, proprio a causa ‘delle incertezze del quadro normativo nazionale e della mancata disponibilità di fondi per le imprese che, nonostante il loro impegno, rischiano di perdere importanti quote di mercato’.