Il Covid-19; la guerra in Ucraina, che sta facendo fare marcia indietro alla ripresa post pandemica dell’economia; il cambiamento climatico, con la siccità che mette rischio il naturale decorso delle colture agricole… Insomma, un periodaccio che peggio non lo si poteva immaginare per ogni tipo di attività.
Non dimeno per tutto ciò che concerne il vino, che per l’Italia costituisce la voce della filiera agricola più coinvolgente in termini di risorse umane e cospicua in valore. Basti dire del solo export che nel 2021 ha ripreso a cresce a due cifre, segnando un nuovo primato a 7,11 miliardi di euro: +12,4% su base annua (fonte Osservatorio Qualivita Wine).
Indicatori assolutamente positivi e certo incoraggianti, tanto che fino a qualche settimana fa lasciavano intravvedere un ulteriore allungo. E che ora sono tutti da ricalibrare, cominciando dal soppesare gli imput mercantili che potranno emergere dall’imminente VinItaly di Verona, la fiera del vino che domenica 10 riapre i battenti dopo due anni di chiusura forzata.
“Proprio un brutto momento. Difficile da interpretare, ma che non deve impedirci di andare avanti per la nostra strada”, commenta fiducioso Vincenzo Tassinari (foto), economista e presidente di Tenute del Cerro in capo al gruppo assicurativo Unipol-UnipolSai. Come dire di un pool di aziende che tra Umbria e Toscana vanta un patrimonio fondiario di quasi cinquemila ettari diversamente coltivati, di cui la vigna è solo una “nicchia” di 300 ettari. Da ultimo arricchitosi della nuova cantina e centro logistico Le Cerraie di Montepulciano, Siena.
Nei fatti, un doppio parallelepipedo senza soluzione di continuità di quattromila metri quadri, progettato dallo studio di architettura B-Sign di Firenze, realizzato con tecniche di costruzione che fa uso di cemento, acciaio e pasta di legno; dotato di pannelli fotovoltaici in grado di assicurare energia all’intero complesso di imbottigliamento e stoccaggio vini per almeno tre milioni di bottiglie. Praticamente il doppio di quanto oggi Tenute del Cerro produca nelle proprie aziende agricole tra Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino, Sagrantino di Montefalco e Vermentino bio di Monterufoli.
Quantità prodotta – 1,6 milioni di bottiglie – che il direttore generale delle Tenute, Antonio Donato, sa già di poter incrementare nei prossimi anni. Potendo contare sulle innovazioni suggerite dal consulente aziendale Riccardo Cotarella, enologo e fautore di metodiche viticole che “utilizzano ibridi selezionati non Ogm, ma resistenti a siccità e malattie funginee della vite”.
Applicazione che poi prosegue in cantina con il progetto Wrt che tende alla graduale eliminazione di solfiti aggiunti nel vino, mantenendo inalterate le caratteristiche qualitative di ciascun prodotto finale».
Pensata nel rispetto dei concetti di sostenibilità e compatibilità, la nuova struttura sorge proprio laddove vi erano antiche stalle e recinti per il bestiame. Origine che prima di edificare ha comportato una profonda bonifica e passaggi riqualificativi del sito, con una spesa complessiva indicata in dieci milioni di euro, attinti da risorse proprie, prestiti agevolati e contributi pubblici in conto capitale.
Investimenti sufficienti a testimoniare l’impegno finanziario e tecnologico che il cambiamento in atto nei processi produttivi richiede per dare futuro a un’agricoltura specializzata, capace di dare più qualità, contenere i costi e preservare ambiente e territorio.
Che alle Tente del Cerro le cose stiano marciando per il verso giusto, lo dice senza mezzi termini il presidente Tassinari nel discorso di benvenuto ai numerosi ospiti e autorità intervenuti all’inaugurazione. Un discorso fatto a braccio – essendo i fogli degli appunti sul leggio volati via in seguito a un inatteso colpo di vento – che ha fatto ricordare al numero uno dell’azienda di quando, appena insediatosi, aveva trovato un agglomerato agricolo composto da 900 dipendenti, per un fatturato di appena sei milioni di euro e debiti per 12 milioni.
Roba da far pentire all’istante l’acquirente, nella persona di Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol ancora per qualche settimane e prossimo a diventarne presidente. Il quale, messo al corrente della situazione e senza scomporsi più di tanto, rispose: “fate pulizia”.
“Ed è quel che abbiamo fatto”, ha concluso con un lieve sorriso sulle labbra Tassinari, anch’egli prossimo a passare la mano per raggiunti limiti di età. Senza dimenticare di puntualizzare come alle Tenute del Cerro, in meno di dieci anni, si è riusciti a riammodernare una buon parte dei vigneti, migliorare il livello qualitativo e l’immagine dei vini di tutte le aziende agricole, raddoppiare i ricavi a 11 milioni di euro nel 2021, azzerare i debiti e chiudere la gestione dell’anno alle spalle con ebitda del 15% sul fatturato. Il tutto con una squadra di appena un centinaio di addetti.
Non solo. Perché nel frattempo altre iniziative sono state messe a dimora, altre sono testate e altre ancora ben avviate e risultati promettenti.
Tra queste ha rilievo dire dell’attività agrituristica che non è per niente casuale, poiché ora la proprietà può contare su una settantina di posti letto. E già si progetta di poter fare molto di più, considerata la disponibilità di casali, coloniche e persino qualche borgo in disuso presenti nella proprietà. Ristriutturazione promettendo. Cosa che per il gruppo Unipol-UnipolSai non dovrebbe essere un problema fare.
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