Diego Planeta è morto. Aveva 80 anni. Si sono svolti oggi nella Chiesa Madre di Menfi i funerali del vignaiolo illuminato, di quelli che con le loro idee e azioni private o pubbliche che fossero, hanno cambiato in meglio la vitivinicoltura siciliana. E quindi anche italiana.
I primi a tributargli gli onori dovuti sono state personalità come l’assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana, Edy Bandiera: “Da presidente dell’Istituto regionale Vite e Vino il cavaliere Planeta ebbe l’intuizione di avvalersi della professionalità di Giacomo Tachis e, insieme, creare le condizioni per rinnovare la viticoltura siciliana, dandogli un respiro internazionale”.
E il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, per il quale “Diego Planeta ha rappresentato quel pezzo di imprenditoria siciliana che ha fatto del rispetto delle proprie radici, coniugato con una grande capacità innovativa, il motore di uno sviluppo economico legato al meglio della nostra terra”.
Se ben ricordo, era la primavera del 1987 quando lo incontrai per la prima volta, in occasione di un evento tra viticoltori siciliani tenutosi a Regaleali, la grande tenuta agricola dei Tasca d’Almerita.
L’anno prima tutta l’Italia era finita nel cul-de-sac dello scandalo al metanolo, che causò morte e crollo nei consumi di vino. Ma ancor più provocò per mesi il blocco delle esportazioni, per larga parte sfuso a prezzi modestissimi e in quantità rilevanti verso la Francia.
Allora maggior esportatori erano Puglia e, appunto, Sicilia, da dove settimanalmente partivano navi cariche di vino destinate al porto di Sète, Marsiglia. Luogo che con lo scandalo divenne ben presto punto d’incontro dei vigneron d’oltralpe per protestare contro le importazioni dall’Italia. Con manifestazioni che più volte si concludevano con veri e propri assalti alle cisterne e conseguente spargimento del vino per strada.
All’evento di Regaleali Planeta, da due anni presidente dell’Istituto regionale della Vite e del Vino, illustrò con pacatezza e determinazione – caratteristiche che gli erano proprie – ai produttori convenuti quelle che erano le sue idee e linee guida da perseguire a nome dell’Istituto per riprendere proficuamente il dialogo rimasto mutilato non solo con i francesi, ma anche con altri partner esteri.
Dialogo che teneva conto di quanto aveva già cominciato a fare nella cantina Settesoli (cooperativa fondata e presieduta da suo padre Vito nel 1958 con 88 piccoli produttori agricoli per 260 ettari: oggi sono alcune migliaia per oltre 6mila ettari) e che poi esalterà nella successiva azienda che porta il nome di famiglia, per accelerare il riscatto viticolo ed enologico siciliano.
Un riscatto che Diego Planeta aveva come codificato in produzioni di “vini di qualità, fatti nel solco e rispetto della tradizione, dell’innovazione e delle sue specializzazioni territoriali”. Lezione che tanti vignaioli siciliani hanno immagazzinato lodevolmente, a cominciare dalla figlia Francesca e nipoti Alessio e Santo, a cui faccio le mie sentite condoglianze.