Preconsuntivi in profondo rosso per l’estate italiana 2020, ma poteva andare anche peggio. Se il banco non è saltato, come lasciavano presagire le premesse iniziali, lo si deve alla dinamica di quella parte di italiani che non ha rinunciato alle proprie vacanze, privilegiando per lo più le località balneari. Un fenomeno che non ha compensato il mancato arrivo della clientela estera e null’altro ha potuto fare di fronte a una stagione turistica resa estremamente breve (luglio-agosto) dalla tragica pandemia da Covid-19.
Inevitabili le ripercussioni sul conto economico di qualsivoglia attività, con le aziende ora a tu per tu con sbilanci e scenari disamanti che fanno accapponare la pelle anche ai più scafati amministratori. Tanto che l’Istituto di ricerca Demoskopika nel suo ultimo report non esita a evocare il “rischio fallimento per 50mila imprese e tagli occupazionali per 220mila addetti diretti”. Senza contare le inevitabili ripercussioni sull’indotto.
Numeri crudeli, dunque. Peraltro non lontani da analisi di altre fonti che quest’anno prevedono fatturati con il segno meno del 30, a essere buoni, del 40 e anche oltre il 50 per cento. Il che vale anche per località costiere in cui la filiera turistica, pur marcando perdite significative, ha avvertito nel bimestre citato un sia pure timido segnale di riscatto.
È il caso della Riviera romagnola, come dire di un polo di eccellenza dell’offerta turistica nazionale che, sottoposto a monitoraggio perpetuo dall’Istituto di ricerca Trademark Italia nell’ambito dell’Osservatorio regionale, racconta di un’accelerazione delle dinamiche ricettive tra luglio e agosto definite “sorprendenti e al di là di ogni aspettativa”.
Il caso della Riviera romagnola
Tale è la considerazione che accompagna il report firmato da Stefano Bonini e Sandro Lepri e trova corrispondenza in una serie di ponderazioni relative al traffico veicolare ai caselli autostradali e all’occupazione combinata hotelleria-ristorazione della provincia riminese. Come dire di una realtà che conta 150 km di spiagge senza soluzione di continuità, duemila e passa alberghi, b&b, campeggi per 250mila posti letto, case vacanze di privati sempre più diffuse e decine e decine di migliaia di ritrovi pubblici di ogni genere di servizio e per ogni tasca.
Ebbene, dai dati che “TerraNostra” è in grado di anticipare risulta che la movimentazione veicolare ai quattro caselli (Rimini Nord, Rimini Sud, Riccione e Cattolica), è stata nel solo mese di luglio inferiore del 12% rispetto allo stesso mese 2019. Perdita risultata in forte recupero rispetto al -28% di giugno, determinato prevalentemente dal mancato arrivo di turisti stranieri del Nord Europa che in detto periodo sono ospiti abituali della costa romagnola.
Incoraggianti anche i tassi sull’occupazione delle strutture ricettive, laddove il monitoraggio di Trademark Italia narra di un bimestre luglio-agosto “quasi positivo, se parametrato alle previsioni di giugno”, con tassi “superiori al 70-80% e picchi del 90% nelle tre settimane centrali dell’estate”.
Dati che incrociati con i prezzi delle camere mediamente più alti applicati nel periodo considerato, dovrebbero permettere alle strutture ricettive “di contenere le perdite gestionali della stagione entro limiti accettabili”. Limiti che Trademark Italia quantifica in una forcella compresa tra 345,6 e 416,6 milioni di euro”, rispetto al ben più corposo miliardo e cento milioni di euro totalizzato nel 2019.
Si tratta di tagli comunque consistenti di una estate che il loockdown ha condizionato, prima come deterrente sulle prenotazione dall’estero e, successivamente, paventato gli stessi vacanzieri italiani, al punto che non pochi operatori della Riviera ancora a giugno esternavano il proprio scetticismo se avviare la stagione, quando questa sembrava già conclusa. Salvo poi convincersi del contrario, mettendosi alla prova e magari avviando nuove iniziative in corso d’opera.
Un esempio di questo approccio trova conferma nell’azione dei cugini vignaioli Lorenzi e Tonelli di Cattolica che all’interno dell’azienda cantina di proprietà – Ottaviani di San Clemente lungo la Val del Conca – hanno dedicato uno spazio della loro tenuta all’intrattenimento di una clientela che alla spiaggia e alle balere ha preferito una serata tra vigne, musica dal vivo in sottofondo e un calice di Sangiovese in purezza o di un delizioso frizzantino da Chardonnay. Magari in compagnia di ospiti come l’estroverso e affabulatore sommelier campione del mondo 2010, Luca Gardini, capace di descrivere tutti i sapori di Bacco che un non esperto gustatore da solo non avrebbe mai pensato di riconoscere in un vino.
Alla stregua si può dire di quanto fatto dall’imprenditore Rino Mini, già titolare delle Terme e acqua minerale Galvanina cedute di recente al fondo americano Riverside, in cambio di un bel gruzzolo di euro. Capitali che ora vengono gradualmente investiti in ristoranti, ciascuno con specialità di pesce, carne, orto, aia, collocati in un contesto storico artistico di grande impatto scenico. Così è per le insegne La Ferramenta e Dai Galletti, locali arroccati nel cuore di Sant’Arcangelo di Romagna e un terzo ristorante, per ora, prossimo ad aprire accanto al Teatro Galli, nella centralissima piazza Cavour di Rimini, affidandone la direzione a Massimo Masotti, consumato ristoratore che ha fatto la fortuna di non pochi locali della costa.
Quella stessa Riviera dove l’attività alberghiera resta comunque trainante, “ma che con l’emergenza sanitaria – commenta Michele Ottaviani, broker immobiliare di lungo corso e protagonista di importanti cambi di proprietà – ha ingigantito le problematiche gestionali. Anche se ciò che preoccupa molto gli operatori sono i valori delle strutture che, prima la decennale crisi finanziaria e ora la pandemia, hanno perso consistenza con tagli consistenti anche del 60-70 per cento. E con i prezzi al minimo storico, c’è il rischio che a fare festa siano solo chi ha capitali da investire”.
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