‘A memoria d’uomo non si ricorda’ un andamento meteo così nefasto per la vitivinicoltura nazionale, come quello di quest’anno.
Sì, ‘a memoria d’uomo’, scandisce sillabando le parole il presidente degli enologi italiani Riccardo Cotarella, a commento dei dati definitivi della vendemmia 2017.
Un consuntivo che trova riscontro in due numeri assoluti e una percentuale: 38,9 milioni di ettolitri di vino, in calo del 28% rispetto 54,1 milioni del 2016. Il che colloca il raccolto appena concluso tra i più scarsi dal dopoguerra ad oggi, superato solo dal millesimo 1947, quando furono prodotti 36,4 milioni di ettolitri di vino.
Come sia potuto accadere un simile tracollo, non sarà stato di certo solo per effetto del caldo pur eccezionale di questa estate. O sì?
‘Certo che no’, è la risposta di Cotarella. Il quale evidenzia come già in primavera le intemperanze climatiche hanno giocato una partita diversa da quella che i vignaioli, non solo italiani, si auguravano.
Infatti, ‘ad aprile una ondata di gelo – sottolinea il presidente di Assoenologi – ha attraversato la Francia, la Spagna e tutta la nostra Penisola da Nord a Sud, bruciando molti germogli ormai già ben sviluppati e che, quindi, non hanno potuto più fruttificare.
È quindi seguito un lungo periodo di siccità, che ha risparmiato solo alcune aree di regioni del Nord e messo a dura prova i vigneti del Centro-Sud Italia, colpiti da una straordinaria e persistente ondata di caldo durata da maggio a tutto agosto, con il termometro che ha toccato punte massime di 40° centigradi.
Meno violenta la calura nelle regioni settentrionali, che tra luglio e agosto hanno beneficiato di limitate ma provvidenziali piogge, come pure di forti grandinate a macchia di leopardo tali da compromettere diversi areali.
Non sono mancate del tutto zone che non hanno avuto grossi problemi. In particolare laddove ci sono state sia pure modeste piogge, oppure si è potuto fare ricorso all’irrigazione di soccorso e a una oculata e scientifica gestione dei vigneti.
Il risultato, però, è la produzione decimata che ha interessato tutte le regioni, con punte peggiorative del 40-45% in Toscana, Lazio, Umbria e Sardegna.
‘Fortunatamente’ le uve, da un punto di vista sanitario, mai come quest’anno erano belle sane, anche se con differenti gradi di maturazione all’interno di uno stesso vigneto. Che ha finito per fare la differenza in termini di qualità, per cui prevale una valutazione eterogenea e complessivamente abbastanza buona. Ma anche qualche punta di ottimo.