Le inchieste di “TerraNostra”: Le stelle di Montalcino (1/2)
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Montalcino, collina di lecci, è una deliziosa cittadina di 5.200 abitanti a Sud di Siena, affacciata sulle fascinose “crete” della val d’Orcia. Quando ci arrivai per la prima volta, compresi che non sarebbe stata l’ultima. Non sono il solo, visto che le statistiche raccontano di un milione i turisti che ogni anno arrivano in questa terra di grandi vini. Uno su tutti è il Brunello, che tutto il mondo fa parlare. E che con l’annata 2010, ora in commercio, sta spuntando prezzi “folli”.
Il mestiere mi ha insegnato che quando i prezzi “strappano”, è meglio essere prudenti e alzare l’asticella della diffidenza. Un principio che vale anche nel caso opposto. Come quando nell’autunno 2007 appuntai sul taccuino di viaggio qualcosa che mi aveva incuriosito e infastidito al tempo stesso. In sintesi, sul mercato internazionale circolavano bottiglie di Brunello vendute a prezzi “stracciati”. Cosicché, tornato in redazione, raccontai la vicenda in un articolo dal titolo “Nubi a Montalcino”.
Inevitabili i mugugni di qualche buontempone. Non replicai. Fu sufficiente aspettare pochi mesi e vedere scoppiare il gran temporale di <VelenItaly>, che fece imbestialire un bel po’ di gente.
Qualche giorno fa sono tornato sulla collina ilcinese per ‘Benvenuto Brunello 2015’, indovinato evento di marketing territoriale che, oltre al vino, fa da traino a un fiorente indotto turistico enogastronomico. Rispetto ad altre edizioni di un recente passato, vi ho avvertito il buon umore che si respira tra le stradine e nei negozi cittadini, e anche nelle tante cantine piccole e grandi sparse per la campagna: segno evidente di una economia sospinta dal buon vento che, come dirò tra poco, ha fatto lievitare a dismisura l’ottimo Brunello del 2010.
Di questa annata a “cinque stelle”, però, nelle cantine c’è rimasto ben poco. Infatti, i grandi buyer e broker di mezzo mondo se lo sono accaparrato a prezzi ben più modesti degli attuali, subito dopo l’assegnazione stellare avvenuta in occasione di ‘Benvenuto Brunello 2011’. Oggi, invece, gli acquirenti interessati si contendono il poco prodotto disponibile a suon di rilanci. Arrivando a mettere sul piatto della bilancia anche 1.200 euro per un ettolitro di vino sfuso, franco cantina. Tanti, se si pensa che poi bisogna aggiungerci la bottiglia bordolese, il tappo di sughero pezzo unico, l’imbottigliamento, la fascetta Docg, il trasporto, il mediatore, l’importatore, il distributore …
Sì, 12 euro a litro per masse sfuse all’ingrosso sono davvero tanti. <Un prezzo folle>, secondo il vignaiolo Stefano Cinelli Colombini (foto accanto) che, nella sua evidente contentezza per come vanno gli affari, si lascia andare a un ipotetico confronto con un altro grande “rosso” toscano, il Chianti Docg, che pure vive un momento di grazia, ma che a stento spunta i 160 euro l’ettolitro.
Un confronto comunque improbabile, stante l’enorme differenza di numeri tra il Brunello, che può contare su 8 milioni e mezzo di bottiglie, e il Chianti che ne fa dieci volte tanto. Gap ben presente all’imprenditore della storica Tenuta dei Barbi, che rammenta quanto accadeva cinque o sei anni fa – gli anni bui, appunto -, quando acquirenti avveduti come catene della Gdo e importatori hanno fatto man bassa delle annate 2004 e 2005 – rispettivamente, “cinque” e “quattro” stelle –, pagando non più di 6-7 euro a bottiglia, fascetta compresa.
<Con quei prezzi – dice Cinelli Colombini – i compratori ci hanno guadagnato alla grande. Ma bisogna riconoscere che è grazie a loro e al fatto che non hanno svenduto il prodotto, se l’immagine del Brunello nel frattempo non è stata svilita>.
Tutt’altra storia l’annata più recente, che di stelle ne ha avute solo “tre”, come ha deciso la commissione di esperti che ha degustato il vino “atto a divenire Brunello 2014”. Ora, se questo numero mediano di una scala di valori che va da 1 a 5 sia penalizzante o meno per l’ultima vendemmia, lo si potrà capire compiutamente solo quando sapremo come vanno le trattative tra cantine e acquirenti. Certo è che pensando a come la stagione estiva è stata avara di caldo, c’è poco da stare allegri. Diversamente non si spiega la decisione di Jacopo Biondi Santi, nome che ha scritto la storia del Brunello, di declassare il vino della tenuta di famiglia “I Greppi” a semplice Rosso di Montalcino.
E se da un lato il presidente dei sommelier italiani, Antonello Maietta, ritiene che la commissione giudicatrice avrebbe potuto <fare di più>, nel senso che <tre stelle per questa vendemmia sono troppe>; dall’altro c’è chi, come Roberto Cantini de La Piombaia e Giliola Giannetti de Le Potazzine, osserva che dare meno stelle <sarebbe stata un’ingiustizia per quanti hanno lavorato bene in vigna e portato buona uva in cantina>. Per certo c’è che le accennate imperfezioni per il consumatore normale sarà arduo riconoscerle nel 2019, quando cioè si potrà disporre del Brunello 2014 che, per disciplinare, deve fare quattro anni di affinamento in botte e quattro mesi di bottiglia, prima di andare in commercio.
Motivazioni differenti e sufficienti ad alimentare interrogativi sulla opportunità di assegnare, dopo solo quattro mesi dalla vendemmia, valori stellari alla qualità di un vino “atto a divenire”. O non è forse più saggio procedere all’operazione qualche tempo prima che il vino sia pronto per il mercato? Il dilemma se lo pongono in tanti a Montalcino, dai produttori più piccoli come Fiorella Vannoni della Tenuta Crocedimezzo (<Ritengo sia opportuno ripensare alla valenza delle stelle assegnate alla vendemmia>) ai più grandi come Banfi.
Enrico Viglierchio, amministratore delegato dell’azienda che fa capo alla famiglia italo-americana Mariani, sostiene che <assegnare le stelle alla qualità del vino è un atto di grande importanza che il Consorzio di tutela svolge con passione e attenzione. Ma poiché il Brunello impiega un bel po’ di anni a maturare, ritengo opportuno che si faccia una prima valutazione di massima al momento della vendemmia, e se ne faccia una seconda e definitiva quando il vino è pronto per andare in bottiglia. Su questo sarebbe auspicabile aprire un tavolo di discussione in seno al Consorzio>.
Discussione che per Francesco Marone Cinzano, titolare del marchio Col D’Orcia, nonché già presidente dello stesso Consorzio, <i produttori di Montalcino hanno già fatto e votato, a maggioranza, una risoluzione che autorizza a procedere nell’assegnazione delle stelle un anno prima della messa in commercio del vino. Solo che a tutt’oggi non se n’è fatto ancora nulla. Cosa si aspetta?>.
Domande su domande. Come quella che chiede di sapere perché ‘Benvenuto Brunello’ parla in contemporanea del frutto della nuova vendemmia e dei vini già pronti di annate precedenti? Un controsenso, visto che ciascuna annata ha un proprio carico di stelle, com’è nel caso specifico tra il 2010 e il 2014. Il rischio è di ingenerare un pericoloso incrocio e confusione nei giudizi di merito.
Domande che si sono rincorse da un tavolo all’altro tra produttori, sommelier, ristoratori, speculatori, cronisti, blogger giunti numerosi a ‘Benvenuto Brunello 2015’. Domande che anche Fabrizio Bindocci si pone, in quanto direttore della Tenuta il Poggione e che, come presidente del Consorzio di tutela, intende approfondire in una pubblica audizione, invitando tutti i produttori di Brunello e le istituzioni locali a dire la loro sul “che fare?” delle stelle.
Nel frattempo Bindocci si gode il buon umore di tutti gli associati presenti con i loro vini nel chiostro dell’ex seminario di Sant’Agostino, in pieno centro storico. Un luogo di grande fascino che presto potrebbe diventare la nuova sede del Consorzio del Brunello. <Le trattative con la Curia di Siena per un contratto di affitto di 35 anni sono a buon punto>, assicura Bindocci.
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