Le interviste di “TerraNostra” : Maurizio Melucci, assessore Turismo Regione Emilia Romagna
<Il turismo è un settore strategico per l’economia italiana, ma l’Italia non ha bisogno di un ministero per il Turismo. Semmai la sua collocazione sarebbe all’interno del dicastero della Sviluppo economico. Diversamente aumenterebbero i costi della politica e l’ingerenza della burocrazia sulla filiera>.
Maurizio Melucci, 59 anni, da tre assessore al Turismo della Regione Emilia Romagna e prima ancora vice sindaco e assessore di Rimini, replica così a quanti in queste settimane di solleone hanno reclamato l’esistenza di un ministero ad hoc capace di interpretare i problemi che il settore accusa. A cominciare dal calo generale degli arrivi e delle presenze che, anche quest’anno, si registra un po’ in tutte le località balneari e di montagna del Paese. Una presa di posizione, la sua, importante per il peso economico e sociale che l’Emilia Romagna ha nel sistema turistico nazionale (quasi il 15% di 360 milioni di presenze alberghiere nazionale, di cui il 25% fatto di stranieri) e, anche per questo, tutt’altro che scontata.
Ma come, assessore, siete la regione italiana più orientata e più vicina al fenomeno turismo e non tifate per un ministero tutto suo?
Capisco la perplessità del cronista – risponde Melucci in questa intervista concessa al blog “Terra Nostra” -, ma le confermo che l’Italia non ha bisogno di un ministero per il Turismo, ma di idee, iniziative e proposte innovative capaci di dare una scossa alla filiera nel suo complesso.
Si spieghi meglio.
Oggi il settore sviluppa un giro d’affari che è pari al 10% del Pil nazionale, ma le proiezioni che disponiamo ci dicono che vi è una potenzialità di crescita tale da poter arrivare al 15% se solo si riuscisse ad attuare iniziative di cui il settore non può più fare a meno. E, mi creda, per farle non c’è bisogno di un nuovo ministero.
Quali sarebbero queste iniziative?
Mi limito a indicarne solo tre: agevolare l’accessibilità all’Italia, rendere efficiente l’ultimo miglio con un sistema dei trasporti efficiente e migliorare il rapporto qualità-prezzo dell’offerta. Ebbene, il primo grande ostacolo che impedisce alla domanda estera di arrivare facilmente nel nostro Paese è la frammentazione del sistema aeroportuale. I due hub di Roma e Milano fanno fatica a competere a livello internazionale. Faccio un esempio: in questo momento c’è una forte domanda di cinesi che vengono in Europa, ma a intercettare questi flussi sono in particolare i tour operator tedeschi, grazie a un ottimo servizio messo a loro disposizione da Lufthansa, nonché alla loro capacità di vendere pacchetti che includano visite lampo in Italia. Questo significa che i cinesi vengono nel nostro Paese, ma il 60-70% del business resta in Germania.
Immagino che anche sugli altri due punti la situazione non prometta bene?
Purtroppo è così. Sull’ultimo miglio accusiamo la vetustà del sistema dei trasporti siano essi ferroviari, autostradali e viari in genere. Per non parlare della carenza dei servizi locali. Qualcuno può spiegare che politica è quella di Fs che solo di recente ha inserito Rimini tra le tratte dell’alta velocità, solo perché il concorrente Ntv Italo ne ha anticipato l’idea? Comprenderà che così il sistema Paese non va molto lontano.
Già. Ma sul terzo punto, quello del rapporto qualità-prezzo, che succede?
Beh, qui scontiamo la mancanza di iniziative che altri paesi europei attuano da tempo. Prendiamo il caso dell’imposta di soggiorno, ovvero di una tassa iniqua e a “geometria variabile” che solo la burocrazia italiana poteva escogitare.
In che senso tassa a geometria variabile?
Nel senso che mentre in Francia o Germania l’imposta è unica e uguale per tutte le località del paese, da noi ognuno degli 8500 comuni esistenti nella Penisola applica una sua autonoma tassa di soggiorno. Un modo assurdo di operare che complica a dismisura ogni tipo di programmazione, scoraggiandone gli arrivi. La nostra esperienza regionale ci ha portato a suggerire agli organi centrali del Paese di cambiare questa imposta in “tassa di scopo” finalizzata a sostenere l’innovazione di prodotto, i comuni, l’Enit e così via. Ma il messaggio inviato non ha avuto risposta degna di nota.
Menefreghismo allo stato puro?
Non sono io a dirlo. Certo è che l’Italia ha un patrimonio culturale, storico, artistico e gastronomico senza pari al mondo. E non lo dico per piaggeria. Uno studio dell’Organizzazione mondiale del turismo (Omt) ha monitorato le aspirazioni dei turisti nel mondo: su 10 potenziali visitatori 7,5 vorrebbero venire in Italia, attratti dalle peculiarità e valori cui accennavo. Accade invece che ne intercettiamo appena 4, il che ci pone al 28° posto della scala mondiale per competitività nell’offerta turistica. Questo spiega perché il nostro Paese nel 2012 ha perso lo 0,7% di turisti esteri (-11% gli italiani), quando i viaggiatori nel mondo sono aumentati del 4 per cento.
Allora assessore Melucci, come se ne esce da questa situazione? Qual è l’esempio che una regione come l’Emilia Romagna – secondo distretto turistico a livello mondiale (dopo la Florida) per numero di alberghi, posti letto, arrivi e presenze e strutture ricettive in senso lato, foto: panoramica spiaggia di Rimini – può dare al resto dell’Italia?
Lo dicevo prima, con nuove idee, nuove iniziative e meno burocrazia. Un’idea l’abbiamo cercata di spiegare alle autorità centrali: si tratta della defiscalizzazione sulle ristrutturazioni di alberghi sull’esempio di quanto fatto per le abitazioni. Ci hanno risposto che non ci sono coperture finanziarie. Beh, è una risposta priva di logica e, appunto, burocratica, visto che grazie alle ristrutturazioni in chiaro lo Stato incassa più tasse e il mondo del lavoro beneficia di un volano che altrimenti non ci sarebbe. Un altro esempio è il bando da 8 milioni di euro della Regione Emilia Romagna fatto a inizio anno per incentivare l’innovazione delle imprese di settore. Abbiamo ricevuto 50 domande per un importo di 100 milioni di euro, il che ci ha permesso di distribuire, in conto capitale, un importo medio di 200mila euro a struttura. Questo suggerisce una sola cosa: quando le istituzioni mostrano volontà di fare, le imprese rispondono.
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