Sono 1.200 i chilometri che separano Vetta d’Italia, avamposto più a nord della Penisola sul confine con l’Austria da Capo Passero, la punta di Trinacria che fronteggia la Libia. Come dire di una linea immaginaria di un-milione-e-duecentomila-metri lungo la quale sorgono città, paesi e villaggi. E soprattutto vigneti, uliveti, boschi e numerose altre colture agricole praticamente senza soluzione di continuità.
È una distanza enorme che, per restare al vino, nessun altro paese produttore al mondo dispone. Per di più con una gran varietà orografica composta di pianure, colline, montagne e mari che avvolgono isole e fiancheggiano l’intero Stivale.
Tutto questo rende il contesto italico un unicum paesaggistico meritevole di attenzioni, considerando anche i mutevoli umori del meteo che caratterizzano i territori più a sud da quelli di centro e ancor di più da quelli del nord.
Un condizionamento naturale accentuatosi con i cambiamenti climatici in atto che verosimilmente influiscono sui contesti ambientali e sul processo vegetativo delle colture agricole. A cominciare dall’uva, della cui utilità tutto si sa e per cui vale la pena adottare strumenti efficaci che ne tutelino il patrimonio.
Se ne fa interprete l’Associazione degli enologi italiani capitanati da Riccardo Cotarella che, alla luce dei mutamenti meteo in atto, si è fatta interprete di una proposta inviata a istituzioni e autorità preposte per chiedere nuovi protocolli nella delicata questione dei tempi di raccolta delle uve. Il cui punto di giusta maturazione diverge in modo sacrosanto da uva a uva, da zona a zona, da regione a regione. Anno dopo anno.
Vale la pena osservare che in Italia la campagna vitivinicola ha un inizio e una fine formale che va dal 1° agosto al 31 luglio di ogni anno, dove la vendemmia vera e propria con pigiatura, fermentazione e connessioni seguenti debbono compiersi nell’arco di tempo tra il 1° agosto e il 31 dicembre.
È sempre stato così e, per stare alla normativa, fa fede il Testo Unico della vite e del vino della legge 238/2016. Ma con il mutamento climatico che spariglia equilibri apparentemente standardizzati, è necessario intervenire per rivedere procedure e tempistiche vendemmiali più opportune allo scopo.
Di qui la richiesta di un’audizione al ministero delle Politiche agricole e ai presidenti delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato, con cui Ais-Assoenologi si fa interprete di questo malessere e, al tempo, suggerisce proposte tecniche miranti a modificare “il periodo entro il quale è consentito raccogliere le uve ed effettuare le fermentazioni e le rifermentazioni dei prodotti vitivinicoli”. Misura che il presidente Cotarella considera una “limitazione che rischia di compromettere il regolare processo produttivo, oltre ad essere un elemento burocratico aggiuntivo e penalizzante” per il settore.
Della questione in realtà s’è già parlato in passato, tanto che lo scorso anno ci sono state regioni che – aggiunge il presidente dell’Ais – hanno emanato deroghe seppur con interpretazioni diverse tra loro. Quest’anno il problema si ripropone e addirittura con contrarietà ad adottare autorizzazioni da regione a regione”.
Un comportamento contraddittorio che finirebbe per “creare spiacevoli disagi” che solo un “intervento tempestivo del legislatore eviterebbe” sul nascere.