Vino, le due o tre cose del Vinitaly dei record di cui vale la pena discutere

Veronafiere, il presidente Ettore Riello (sulla sx) con il dg Giovanni MantovaniSin dalla vigilia si parlava di un Vinitaly 2015 da record. E record è stato. Sono i numeri a confermarlo: espositori oltre 4.100 unità da una trentina di paesi; superfici occupate pari a 110mila mq; buyer giunti numerosi da 140 paesi: venti in più rispetto all’edizione precedente. Per non dire dei visitatori (150mila), la cui presenza massiccia nei primi tre giorni ha toccato punte di vero e proprio intasamento, specie nei padiglioni più prossimi agli ingressi principali che danno su Viale del Lavoro (nella foto, il presidente di Veronafiere Riello, seduto, e il d.g. Mantovani).

La questione merita un paragrafo a sé, giacché si tratta di aree espositive che da tempo sono di dominio, vale la pensa ricordarlo, di regioni e produttori che più fanno parlare il vino italiano nel mondo. Il che suggerisce la tesi che in caso di una ipotetica riallocazione degli spazi, questi soggetti non accuserebbero alcuna perdita, mentre ci sarebbe un netto miglioramento dei flussi logistici all’interno della fiera. Provare per credere.

Nel frattempo parliamo di consuntivo di questa edizione chiusa mercoledì 25 con un tutto esaurito. Risultato eccellente, nonostante il Pro-wein della settimana prima e l’imminente Padiglione vino di Expo2015, seguito a ruota da Vinexpo. Un tutto esaurito che non significa sempre successo. Certamente lo è sotto il profilo ricettivo per la città scaligera nel suo insieme; lo è assai meno per gli espositori, che già di prima mattina o sul calare della sera debbono affrontare il calvario del traffico impazzito. Per non dire della variegata specializzazione professionale dei visitatori, con i tanti giovani che sul finire della giornata fanno baldoria.

Ma se il caos del traffico è una questione antica e apparentemente irrisolvibile, stante la modesta rete viaria che circonda il perimetro fieristico, sulla qualifica dei visitatori non credo convenga un VinItaly clone di Vinexpo o di Pro-wein. Il format veronese, infatti, riscuote successo non da oggi per due buoni motivi: è un unicum che affonda le radici nella storia del costume mercantile di questo paese, ed è un format commercialmente irripetibile altrove se a proporlo sono soggetti diversi da Vinitaly. Il che spiega perché le missioni all’estero di Vinitaly International riscuotano consensi.

Resta il fatto che nessuno riuscirà mai certificare se e quanti contratti siano stati avviati o conclusi nei quattro giorni di salone. Molto più facile e semplicistico è azzardare il numero delle bottiglie stappate, che per qualcuno possono essere state 600mila e per altri anche un milione di pezzi tra vini, spumanti e altre bevande alcoliche. Compresa la birra che alla fiera del vino per eccellenza ha trovato uno spazio tutto suo, senza per questo creare scompensi ideologici tra i sostenitori dell’uno e dell’altro campo.

Uliveto con olive (Madonna del Petto)Come non ne ha mai creati l’olio d’oliva, le cui tematiche peraltro assai diverse dal nettare di Bacco sono sempre più dibattute nell’ambito dell’evento collaterale di Sol&Agrifood. Quest’anno poi l’attenzione dell’olio di oliva volgeva al massimo, stante la scarsità della produzione a livello mondiale e il micidiale caso dell’insetto Xylella che sta arrecando seri danni agli uliveti del Salento. Con il timore che l’epidemia possa colpire altre zone della Puglia (foto, ulivi prima della raccolta), che da sola garantisce il 40% del fabbisogno nazionale di extravergine d’oliva.

Detto questo, e non è poco, per il resto il Salone veronese potrebbe passare alla storia come l’anno della riscossa sul mercato vinicolo domestico. Perché se è vero che in questi anni di crisi economica l’export vinicolo italiano ha tenuto botta sui mercati esteri, è anche vero che la domanda interna ha continuato a perdere terreno, tanto da scendere ai livelli di inizio XX° secolo. Per questo ha destato attenzione il sentir dire direttamente da piccoli e grandi vignaioli dei cenni di ripresa che sta interessando la Penisola.

Per qualcuno questo miglioramento ha cominciato a prendere forma nella seconda parte del 2014, a seguito di un maggiore flusso di ordini da parte delle catene della Gdo e della rete ho.re.ca. Una valutazione che trova testimonianza in tanti consuntivi aziendali del 2014, come pure  nelle ammissioni di operatori riferite ai trend parziali del primo trimestre di quest’anno.

Pasqua CarlottaEcco allora che ai buoni dati già noti di gruppi come Santa Margherita e Marchesi Frescobaldi (si veda “TerraNostra” del 21 marzo), trainati da export e domanda interna in crescita tra il 6 e l’8 per cento, ora se ne aggiungono diversi altri riferiti alle prospettive per il 2015. Ecco allora che Carlotta Pasqua (foto accanto) dell’omonima vinicola veronese (13 milioni di bottiglie, per l’83% all’export), nel presentare a VinItaly l’Amarone riserva dei “90 anni” della casa fondata nel 1925, accenna ai <nuovi stimoli che stanno emergendo sul mercato Italia che, dopo anni di difficoltà, ha cominciato a girare per il meglio>.

Tasca (Lucio con figli Alberto e Giuseppe)Un sentimento che trova rispondenza anche in casa Tasca d’Almerita (18 milioni di euro per il 60% all’export), con il conte Lucio (nella foto, con i figli Alberto e Giuseppe) che confida in un 2015 capace di <ricreare nel paese quel clima di fiducia necessario per il rilancio della domanda>. Motivo più che sufficiente per spingere la proprietà, la cui gestione è ormai saldamente nelle mani dei figli Alberto e Giuseppe, a fare nuovi investimenti produttivi e lanci di etichette destinate al segmento dei vini premium. Tale è la “Riserva del Conte” vendemmia 2010, che nasce come un una tantum per celebrare i 40 anni del “Rosso del Conte”, ma che ha la stoffa di un capolavoro che l’Italia del vino merita di avere ora e sempre.

Fantinel M. & S. con Aleida GuevaraQuello stesso paese che <da un bel po’ di mesi a questa parte – commentano Marco e Stefano Fantinel dell’omonima azienda friulana (5 milioni di bottiglie e 26 milioni di fatturato) – assiste a una serie di fattori positivi in grado di dare consistenza al rilancio dell’economia, sulla scia di un 2014 che pure qualche soddisfazione ha regalato>.

Di questo ne è convinto anche Enrico Marramiero, produttore abruzzese di nuova generazione (40 ettari di vigna, 500mila bottiglie e tre milioni di fatturato) che avverte <aria nuova sul mercato, con i consumatori assai più propensi a fare acquisti. E questo in un contesto congiunturale in cui la ripresa domestica non è ancora ben definita>.

Dal Friuli all’Abruzzo all’Emilia-Romagna i sentimenti non cambiano. Anzi, per Anselmo Chiarli (nella foto con gli occhiali e il fratello Mauro) della Cleto Chiarli, marca prestigiosa di Lambrusco (100 ettari di vigneti e 40 milioni di fatturato equamente divisi tra Italia ed estero) il problema che oggi si pone per molte aziende è riuscire a cogliere tutte le opportunità disponibili per stare stabilmente sul mercato. La risposta di Chiarli è nei fatti dell’azienda.

Chiarli, Anselmo (con occhiali) e il fratello Mauro<Da anni – dice l’imprenditore – il Lambrusco è uno dei vini italiani più gettonati in Italia e all’estero, ma per avere un ritorno positivo e continuativo è necessario comunicare i pregi del Lambrusco anche alle nuove generazioni attraverso strumenti che non siano solo pubblicità>. E allora? <Beh, tra le tante proposte il VinItaly fa al caso nostro. Si tratta, cioè, di un appuntamento che va dritto al cuore del problema, perché per quello che fa aiuta l’azienda a costruire un contatto diretto e continuo con il mercato>.

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